NOTIZIARIO del 15 gennaio 2004

 
     

Anche a sinistra viaggiare informati
di Rita Guma

Una parte della stampa italiana, in prima linea nelle critiche alle testate filogovernative, accusate di riportare spesso solo alcuni fatti (o piu' spesso opinioni) e dare un taglio strumentale alle notizie, si pregia di fare controinformazione, ma in alcune occasioni cade in imprecisioni che fuorviano o allarmano oltre misura.

Oggi l'Unita' on line riporta un articolo di Giovanni Visone intitolato "Cibernauti tutti criminali: il Governo vuole schedare chi usa Internet". Nell'articolo si legge che il decreto approvato dal consiglio dei ministri il 23 dicembre "prevede la conservazione di tutto il traffico e-mail e internet per cinque anni" e via via rafforza la tesi che si tratti anche dei testi delle e-mail, stralciando - senza citarlo - un altro articolo de L'Unita' del 24 dicembre, dal titolo "Castelli vara il Grande Fratello made in Italy: le e-mail conservate per due anni e mezzo".

Quest'ultimo articolo dice fra l'altro che "i magistrati potranno chiedere i tabulati con l’elenco di chi ha utilizzato la rete negli ultimi trenta mesi. L’elenco dei loro nomi e dei loro messaggi."

Ora, nel decreto - che viene il dubbio i due articolisti non abbiano letto - non si parla mai di posta elettronica, ne' di elenchi da girarsi al magistrato: il decreto parla di “dati relativi al traffico” (telefonico e internet), cioe' - per definizione tecnica del garante della privacy - qualsiasi dato sottoposto a trattamento ai fini della trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione o della relativa fatturazione.

Insomma, per intendersi, si tratta dei tabulati telefonici con numeri e durata, non dei contenuti delle telefonate, e per internet di indirizzi IP di partenza e arrivo e dei riferimenti temporali, che oggi vengono gia' registrati e detenuti presso i provider a disposizione dell'autorita' giudiziaria, che li puo' esaminare per i soggetti sotto inchiesta, non tutti in blocco. Fino ad oggi nessuno ha mai gridato allo scandalo, e questi dati sono stati utili per individuare, ad esempio, hacker, adescatori telematici e pedofili on line.

Invece per un'intercettazione telefonica occorre l'autorizzazione del giudice, che la puo' dare solo per un indagato, e il controllo ha un inizio e una fine, non riguarda tutta la vita di tutti i cittadini (ne' di un elenco di nomi, ma solo i dati relativi ad un caso specifico).

Il decreto in oggetto non cambia questa procedura. Anzi, il comunicato stampa del consiglio dei ministri del 23 dicembre scorso, che pubblicizzava l'approvazione del decreto, diceva: "con le adeguate garanzie determinate dal Garante per la privacy, i fornitori di accesso ad internet sono tenuti a conservare ... i dati relativi alle connessioni, con tutti gli elementi utili ad individuare data, ora e durata del collegamento, esclusi comunque i contenuti".

L'articolo di Visone dice poi "il garante della privacy aveva manifestato il suo allarme per un provvedimento lesivo del principio costituzionale che garantisce la riservatezza della corrispondenza «e di ogni altra forma di comunicazione»". Invece il comunicato del garante non parla di corrispondenza e se e' vero che esprime preoccupazione sulla nuova disciplina, dice che essa "può anche entrare in conflitto con le norme costituzionali sulla libertà e segretezza delle comunicazioni e sulla libertà di manifestazione del pensiero.".

Direi che c'e' una certa differenza, anche perche' il garante non dettaglia i suoi timori, che potrebbero riguardare anche le modalita' di detenzione dei dati presso i provider e le modalita' di acquisizione dei dati in caso di processo, inserite nel decreto, o la possibilita' che si risalga alle preferenze culturali di chi si connette, cosa comunque gia' oggi ipoteticamente possibile.

E' bene che si tenga alta l'attenzione sul tema delle privacy delle comunicazioni internet (e altrove), per evitare degenerazioni, e varie voci di allarme e dissenso, anche autorevoli, si sono gia' levate, ma occorre evitare il rischio di disinformare.

Inoltre i rischi per il cittadino in questo caso troverebbero presto un argine, perche' il decreto in questione, una volta convertito in legge, sara' subito applicato all'acquisizione dati nei processi in corso (magari vertenze civili fra due contendenti che nulla hanno a che fare con il terrorismo) e quindi si giungerebbe presto ad una richiesta di parere di legittimita', con successiva pronuncia della Consulta, come per il lodo Schifani.

Purtroppo gia' sono partite migliaia di e.mail allarmate che faranno il giro della rete, come accadde qualche mese fa con l'"informazione" che il governo aveva approvato l'acquisto di armi chimiche e di distruzione di massa. La riporto' il supplemento D di Repubblica, ripreso dalla newsletter di Alcatraz.

In quell'occasione chiarii on line i fatti. Infatti l'elenco riguardava l'aggiornamento della lista dei materiali che per legge devono essere acquistati e venduti sotto il controllo dello Stato proprio per la loro pericolosita'.

Scrissi anche ai diffusori del messaggio (quelli di cui ero a conoscenza) e questi diramarono una smentita, scusandosi con i lettori. Ho poi saputo che anche gli amici di Peacelink si sono preoccupati come noi di divulgare la versione corretta dei fatti, temendo un effetto boomerang sulle iniziative che promuovono per la lotta agli armamenti.

Tuttavia chissa' quanti hanno letto e divulgato un articolo la cui fonte era ritenuta certa, senza mai ricevere una rettifica, e di conseguenza hanno diffuso una cattiva informazione.

A tutti puo' capitare di fare errori, e non voglio pensare che ci sia dolo negli autori degli articoli, ma forse un po' di superficialita', fretta o prevenzione si', anche se cio' stupisce, visti i nomi e l'importanza delle testate coinvolte.

Ma - a parte l'aspetto etico della cosa - chi credete che ne abbia i maggiori danni, quando i fatti corretti si vengono a risapere o quando si viene smentiti in una discussione politica?

C'e' anche il rischio che non venga piu' ritenuto credibile l'allarme su quei progetti di legge davvero pericolosi per il pluralismo, come la legge Gasparri, se non dovesse essere modificata.

by Bollettino Osservatorio

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