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Il
disagio, la ricerca sociale e la Pubblica Amministrazione
di
Antonio Antonuccio*
< prima parte
Il
territorio, in verità, come già accennato, poiché non cristallizzato,
non è dato una volta per sempre; allora, deve essere "ascoltato"
dalla governance. Conseguentemente dovranno essere considerate
con attenzione quelle tendenze del mutamento, quei disagi
che emergendo potranno trasformarsi nell'agire sociale patologico
già anticipato. La comprensione delle dinamiche interne del
convivere cittadino e delle sue strutture assistenziali, sanitarie,
amministrative e organizzative è, pertanto, parte integrante
della ricerca nella costruzione di un quadro di quella consapevolezza
della città, dei suoi punti di forza, ma - anche e principalmente
- di debolezza.
In studi di questo genere, la ricerca operante, come definita
in letteratura, è una ricerca sociale sul campo di tipo qualitativo.
La ricerca qualitativa, significativamente rivalutata dai
sociologi contemporanei, è lo strumento classico della ricerca
sociale. E' un'attività di studio aperta e interattiva (per
questo l'immedesimazione empatica studioso/studiato è fondamentale)
in cui la teoria - diversamente che per quella definita quantitativa
- emerge a posteriori. Con essa si volge lo sguardo a quelli
che sono gli elementi storico-sociali utili per alla comprensione
dei fatti sociali. Secondo Corbetta, l'intervista praticata
e guidata dall'intervistatore, avente finalità di tipo conoscitivo,
è una sorta di conversazione provocata dallo stesso intervistatore,
rivolta a soggetti scelti sulla base di un piano di rilevazione
e in numero consistente; essa poggia sulla base di uno schema
flessibile e non standardizzato di interrogazione. Il rapporto
tra metodo e oggetto di indagine non è dissociabile; tale
principio che rimanda ad una considerazione weberiana, è alla
base di siffatta ricerca sul campo.
In altri termini, si tratta di mettere in atto quella modalità
di ricerca "partecipata", dove il ricercatore si rappresenta
attivamente al contesto in cui svolge l'indagine. Con questa
prerogativa egli centrerà un duplice obiettivo: capire il
contesto "dal di dentro", quindi senza il distacco dell'osservazione
- dall'alto - di concetti o paradigmi precodificati, rendendo
così più significativa la consapevolezza problematica; dall'altro,
come affermato da Simmel, l'obbiettivo sarà compiere la ricerca
sul campo attraverso un rapporto qualitativo a due vie tra
l'oggetto d'indagine e il ricercatore, fornendo già quegli
elementi di partecipazione attiva e spunti di riflessione
ai cittadini stessi, coinvolti come intervistati. Lo studio
sociologico qualitativo, che, talvolta, si avvale anche di
dati quantitativi ad integrazione del quadro complessivo di
un fenomeno e per delineare il suo contesto oggettivo, opera
un processo di indagine che tende a comprendere una realtà
sociale, avendo cura di superare eventuali prese di posizione
ideologiche, normative o politiche; pertanto, sarà fondamentale
per il ricercatore non influenzare i contenuti, neppure con
la comunicazione non verbale e l'ascolto sarà - appunto -
attivo e non giudicante.
Le indagini sociali che descrivono il grado di soddisfazione
dell'utenza hanno i seguenti obiettivi di rilevazione:
·
l'emersione della qualità così come percepita dal cittadino
e la misurazione della soddisfazione rispetto agli aspetti
indagati;
·
la misurazione dell'efficacia e dell'efficienza del servizio
erogato;
· la valutazione per l'erogazione di nuovi servizi e/o modifica
di quelli esistenti;
· l'individuazione degli ambiti da implementare/migliorare;
· il miglioramento delle condizioni all'interno dei servizi.
Con
il modello d'indagine proposto si potrà - di fatto - misurare
la soddisfazione per la qualità percepita; l'efficacia della
risposta ai bisogni espliciti, ma anche eventuali bisogni
trascurati e/o latenti, nonché il miglioramento dello status
quo. La traccia dell'intervista deve contenere alcune domande
per avviare la conversazione, esse serviranno per identificare
i concetti chiave del problema e scomporli nelle loro principali
dimensioni costitutive. La griglia delle domande dell'intervista
è studiata per poter dirigere la discussione. Nel costruire
la griglia, si seguono due principi base: partire dalle domande
più generali, per passare gradualmente a quelle più specifiche;
ordinare le domande in base all'importanza, in relazione allo
scopo della discussione.
Il lavoro di ricerca delle scienze sociali - è facile comprendere
- è stato pensato per poter offrire delle linee guida, che
sapranno essere, pertanto, utili alla politica del territorio,
quindi agli "addetti ai lavori" per la stesura di quel "Piano
sociale per la qualità della vita" delle città. I risultati
della ricerca, allora, saranno strumenti per comprendere il
gradiente della qualità del territorio in questione, le sue
dinamiche di inclusione ed esclusione, le eventuali criticità
e contraddittorietà insite nel suo sistema, cioè le forme
che assume e attraverso le quali si esplica l'azione individuale
e sociale (così come postulato da Simmel, poc'anzi citato),
con l'ulteriore scopo di avvicinare cittadini e istituzioni
attraverso un'ottica di partecipazione attiva e consapevole
da entrambe le parti. In tal caso, la politica locale partendo
da una visone più ampia e facendo riferimento ai risultati
di questo lavoro potrà individuare le aree su cui puntare
per aggiornare/migliorare il sistema quartieri/città mettendolo
nella condizione di confrontarsi e reggere con i mutevoli
cambiamenti in atto, e ponendo come finalità il raggiungimento
dei livelli medi europei in termini di qualità/benessere
sociale inteso come sviluppo della vivibilità, innalzamento
dei livelli di soddisfazione, crescita del livello di sicurezza
e modernizzazione del contesto ambientale cittadino.
Quanto già detto sull'agire dell'uomo non cristallizzato nel
tempo, vale anche per il processo di erogazione/fruizione
di servizi; l'attività sarà svolta in un continuum dinamico,
sempre diverso, proprio perché frutto della relazione tra
individui. La sua qualità - sicché - sarà un risultato a posteriori
perché rilevabile soltanto dopo dell'effettiva erogazione
della prestazione. Una riflessione sulla qualità e sull'efficienza
nell'erogazione di servizi pubblici è da diversi anni al centro
di un forte dibattito, sia in politica, sia nel mondo accademico
e numerose esperienze segnalano che, anche in Italia, sebbene
con le diverse realtà regionali, si registra un trend di crescita
dell'attenzione verso il "miglioramento continuo".
Resta,
comunque, l'atavico divario tra le due macroaree centro-nord
e centro-sud, con quel particolare riferimento ai servizi
sanitari. Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali con la pubblicazione del 2008 in materia di "quantificazione
degli obiettivi" ha evidenziato - nella consapevolezza dello
status quo - la necessità della costruzione di un nuovo Welfare
capace di avvalersi di un costante monitoraggio e di un approccio
per obiettivi, in modo da consentire agli addetti ai lavori
e ai loro interlocutori sociali di misurare continuamente
l'avvicinamento ai risultati prefissati, l'effettiva utilità
delle politiche adottate, l'opportunità di correzioni nel
caso di scostamenti, il confronto con i sistemi degli altri
Paesi, il ricorso agli indicatori europei previsti in materia
di politiche per la salute, l'innovazione, la crescita e l'occupazione.
La diversità dei risultati nel territorio, tuttavia, è un
gap che - allo stato - nemmeno la produzione di leggi ad hoc
è in grado di colmare se non si procede per una inversione
di tendenza di natura culturale nella governance gestionale,
complice - in tal senso - la malapolitica.
E' chiaro quanto la normativa, anche la più illuminata, che
predispone quell'organismo centrale di valutazione con il
compito di: indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio
indipendente delle funzioni di valutazione; di garantire la
trasparenza dei sistemi di valutazione; di assicurare la comparabilità
e la visibilità degli indici di andamento gestionale delle
Pubbliche Amministrazioni nulla può per arginare quei comportamenti
opportunistici ravvisati negli interessi personali, nelle
complicità trasversali, infine nella famelica voluttà delle
lobbies del potere. Così come enunciato nel "Libro verde sul
futuro del modello sociale", è giunto il momento di gettare
le fondamenta per un nuovo Welfare che, per garantire pari
opportunità e diritti sostenibili lungo l'intero ciclo di
vita a tutti i componenti della società, si avvalga primariamente,
e in una logica di piena sussidiarietà, del contributo di
soggetti responsabilmente attivi. Soggetti che, proprio in
quanto tali e in quanto messi nella condizione di sviluppare
pienamente le proprie potenzialità, sono capaci di essere
utili a sé e agli altri.
E'
finito il tempo della contrapposizione, tutta ideologica,
tra Stato e mercato ovvero tra pubblico e privato. Un Welfare
delle opportunità non può che scommettere su una virtuosa
alleanza tra mercato e solidarietà attraverso una ampia rete
di servizi e di operatori, indifferentemente pubblici o privati,
che offrono, in ragione di precisi standard di qualità ed
efficienza coerenti in tutto il territorio nazionale, non
solo semplici servizi sociali e prestazioni assistenziali,
ma anche la promessa di una vita migliore - e, nei casi estremi,
anche solo della vita stessa - incidendo su comportamenti
e abitudini negativi e in grado di proporre nuovi stili di
vita. E' chiaro, diversamente, quanto il tipo di cultura
della malapolitica e delle lobbies del potere sia fonte
di insoddisfazione nel cittadino poiché espressione di discrasia
tra le parti, ovvero accentuata asimmetria tra la popolazione
e la governance.
E'
un dato di fatto che certe nostre regioni si trovano a dover
fronteggiare la situazione di precarietà e provvisorietà sociale
di migliaia di famiglie, che influisce sugli atteggiamenti
individuali producendo quel senso di insicurezza diffuso,
timore, che, a volte, si concretizza in vere e proprie forme
di disagio. Gli indicatori sui servizi forniti da una ricerca
sociale fatta su un determinato territorio potranno, quindi,
meglio evidenziare una situazione ancora largamente carente
rispetto alla media nazionale e, certamente ancor di più,
anche rispetto agli standard europei e come previsto dall'Organizzazione
Mondiale della Sanità. Allo stato, nonostante quella dote
di risorse finanziarie "esterne ed interne" che hanno interessato
l'Italia nell'ultimo decennio, talune regioni presentano -
dunque - ancora condizioni di arretratezza, sia sociale, sia
economica.
I
principali ostacoli allo sviluppo uniforme dell'intera nazione
possono essere ricondotti da un lato, alle sfavorevoli
condizioni di legalità che contraddistinguono larga parte
della vita economica e civile di pertinenza, dall'altro lato,
alla bassa capacità gestionale (talvolta, solo un eufemismo)
delle amministrazioni pubbliche. Tanto, in una logica
di "impunità" molto diffusa (senza discriminante nel Paese)
induce a quella deresponsabilizzazione nel processo di soddisfacimento
dei bisogni degli utenti. Questo disvalore sembra essere divenuto
parte fondante della cultura di quell'organizzazione e del
modo di lavorare del suo establishment, con l'inevitabile
conseguenza di un'erogazione di servizi scadenti, ovvero lontano
da quegli standard previsti, dei quali - paradossalmente -
saranno essi stessi vittima e, per i quali non potranno che
essere insoddisfatti, come per una sorta di nemesi. E' impensabile
- di conseguenza - nascondere che suddetti aspetti critici
sono "sotto la luce del sole".
Il nostro territorio è innegabilmente dotato di un sistema
di servizi sociali inadeguato rispetto alla gravità delle
condizioni sociali in cui versa. Nel tempo, le Amministrazioni
decentrate tentando di dare corpo a quanto previsto con il
dettato della L. n° 328 del 2000, hanno provato ad innovare
tale sistema prevedendo gli interventi e i servizi sociali
che sul territorio regionale costituiscono il livello essenziale
delle prestazioni erogabili; altresì, sono stati previsti
gli stessi livelli idonei a garantire cittadinanza sociale
e qualità della vita alle persone e alle famiglie del territorio
. Contemporaneamente sono stati predisposti i Piani Regionali
degli interventi e dei Servizi tendenti ad offrire pari opportunità
e tutela dei soggetti più deboli. Siffatti dispositivi che
- allo stato - sono stati anche approvati, per tutta una serie
di motivazioni non registrano la giusta spinta per avviarsi,
configurando, in vero (escludendo alcune realtà più virtuose),
lo stato dell'arte in una situazione d'impasse che - in pratica
- impedisce nei fatti l'attuazione di quanto previsto dalla
normativa vigente, lasciando lo scenario delle Politiche sociali
allo stato di partenza.
* componente del Comitato tecnico-Scientifico e Coordinatore
della Commissione Carcere dell'Osservatorio sulla legalità
e sui diritti Onlus. Per agilità di lettura sono state
omesse le note inserite dall'autore.
 
Diritti
e tecnologie informatiche . Fare cultura , non solo regole
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