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23 aprile 2015
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Il disagio, la ricerca sociale e la Pubblica Amministrazione
di Antonio Antonuccio*

< prima parte

Il territorio, in verità, come già accennato, poiché non cristallizzato, non è dato una volta per sempre; allora, deve essere "ascoltato" dalla governance. Conseguentemente dovranno essere considerate con attenzione quelle tendenze del mutamento, quei disagi che emergendo potranno trasformarsi nell'agire sociale patologico già anticipato. La comprensione delle dinamiche interne del convivere cittadino e delle sue strutture assistenziali, sanitarie, amministrative e organizzative è, pertanto, parte integrante della ricerca nella costruzione di un quadro di quella consapevolezza della città, dei suoi punti di forza, ma - anche e principalmente - di debolezza.

In studi di questo genere, la ricerca operante, come definita in letteratura, è una ricerca sociale sul campo di tipo qualitativo. La ricerca qualitativa, significativamente rivalutata dai sociologi contemporanei, è lo strumento classico della ricerca sociale. E' un'attività di studio aperta e interattiva (per questo l'immedesimazione empatica studioso/studiato è fondamentale) in cui la teoria - diversamente che per quella definita quantitativa - emerge a posteriori. Con essa si volge lo sguardo a quelli che sono gli elementi storico-sociali utili per alla comprensione dei fatti sociali. Secondo Corbetta, l'intervista praticata e guidata dall'intervistatore, avente finalità di tipo conoscitivo, è una sorta di conversazione provocata dallo stesso intervistatore, rivolta a soggetti scelti sulla base di un piano di rilevazione e in numero consistente; essa poggia sulla base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione. Il rapporto tra metodo e oggetto di indagine non è dissociabile; tale principio che rimanda ad una considerazione weberiana, è alla base di siffatta ricerca sul campo.

In altri termini, si tratta di mettere in atto quella modalità di ricerca "partecipata", dove il ricercatore si rappresenta attivamente al contesto in cui svolge l'indagine. Con questa prerogativa egli centrerà un duplice obiettivo: capire il contesto "dal di dentro", quindi senza il distacco dell'osservazione - dall'alto - di concetti o paradigmi precodificati, rendendo così più significativa la consapevolezza problematica; dall'altro, come affermato da Simmel, l'obbiettivo sarà compiere la ricerca sul campo attraverso un rapporto qualitativo a due vie tra l'oggetto d'indagine e il ricercatore, fornendo già quegli elementi di partecipazione attiva e spunti di riflessione ai cittadini stessi, coinvolti come intervistati. Lo studio sociologico qualitativo, che, talvolta, si avvale anche di dati quantitativi ad integrazione del quadro complessivo di un fenomeno e per delineare il suo contesto oggettivo, opera un processo di indagine che tende a comprendere una realtà sociale, avendo cura di superare eventuali prese di posizione ideologiche, normative o politiche; pertanto, sarà fondamentale per il ricercatore non influenzare i contenuti, neppure con la comunicazione non verbale e l'ascolto sarà - appunto - attivo e non giudicante.

Le indagini sociali che descrivono il grado di soddisfazione dell'utenza hanno i seguenti obiettivi di rilevazione:

· l'emersione della qualità così come percepita dal cittadino e la misurazione della soddisfazione rispetto agli aspetti indagati;

· la misurazione dell'efficacia e dell'efficienza del servizio erogato;

· la valutazione per l'erogazione di nuovi servizi e/o modifica di quelli esistenti;

· l'individuazione degli ambiti da implementare/migliorare;

· il miglioramento delle condizioni all'interno dei servizi.

Con il modello d'indagine proposto si potrà - di fatto - misurare la soddisfazione per la qualità percepita; l'efficacia della risposta ai bisogni espliciti, ma anche eventuali bisogni trascurati e/o latenti, nonché il miglioramento dello status quo. La traccia dell'intervista deve contenere alcune domande per avviare la conversazione, esse serviranno per identificare i concetti chiave del problema e scomporli nelle loro principali dimensioni costitutive. La griglia delle domande dell'intervista è studiata per poter dirigere la discussione. Nel costruire la griglia, si seguono due principi base: partire dalle domande più generali, per passare gradualmente a quelle più specifiche; ordinare le domande in base all'importanza, in relazione allo scopo della discussione.

Il lavoro di ricerca delle scienze sociali - è facile comprendere - è stato pensato per poter offrire delle linee guida, che sapranno essere, pertanto, utili alla politica del territorio, quindi agli "addetti ai lavori" per la stesura di quel "Piano sociale per la qualità della vita" delle città. I risultati della ricerca, allora, saranno strumenti per comprendere il gradiente della qualità del territorio in questione, le sue dinamiche di inclusione ed esclusione, le eventuali criticità e contraddittorietà insite nel suo sistema, cioè le forme che assume e attraverso le quali si esplica l'azione individuale e sociale (così come postulato da Simmel, poc'anzi citato), con l'ulteriore scopo di avvicinare cittadini e istituzioni attraverso un'ottica di partecipazione attiva e consapevole da entrambe le parti. In tal caso, la politica locale partendo da una visone più ampia e facendo riferimento ai risultati di questo lavoro potrà individuare le aree su cui puntare per aggiornare/migliorare il sistema quartieri/città mettendolo nella condizione di confrontarsi e reggere con i mutevoli cambiamenti in atto, e ponendo come finalità il raggiungimento dei livelli medi europei in termini di qualità/benessere sociale inteso come sviluppo della vivibilità, innalzamento dei livelli di soddisfazione, crescita del livello di sicurezza e modernizzazione del contesto ambientale cittadino.

Quanto già detto sull'agire dell'uomo non cristallizzato nel tempo, vale anche per il processo di erogazione/fruizione di servizi; l'attività sarà svolta in un continuum dinamico, sempre diverso, proprio perché frutto della relazione tra individui. La sua qualità - sicché - sarà un risultato a posteriori perché rilevabile soltanto dopo dell'effettiva erogazione della prestazione. Una riflessione sulla qualità e sull'efficienza nell'erogazione di servizi pubblici è da diversi anni al centro di un forte dibattito, sia in politica, sia nel mondo accademico e numerose esperienze segnalano che, anche in Italia, sebbene con le diverse realtà regionali, si registra un trend di crescita dell'attenzione verso il "miglioramento continuo".

Resta, comunque, l'atavico divario tra le due macroaree centro-nord e centro-sud, con quel particolare riferimento ai servizi sanitari. Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali con la pubblicazione del 2008 in materia di "quantificazione degli obiettivi" ha evidenziato - nella consapevolezza dello status quo - la necessità della costruzione di un nuovo Welfare capace di avvalersi di un costante monitoraggio e di un approccio per obiettivi, in modo da consentire agli addetti ai lavori e ai loro interlocutori sociali di misurare continuamente l'avvicinamento ai risultati prefissati, l'effettiva utilità delle politiche adottate, l'opportunità di correzioni nel caso di scostamenti, il confronto con i sistemi degli altri Paesi, il ricorso agli indicatori europei previsti in materia di politiche per la salute, l'innovazione, la crescita e l'occupazione. La diversità dei risultati nel territorio, tuttavia, è un gap che - allo stato - nemmeno la produzione di leggi ad hoc è in grado di colmare se non si procede per una inversione di tendenza di natura culturale nella governance gestionale, complice - in tal senso - la malapolitica.

E' chiaro quanto la normativa, anche la più illuminata, che predispone quell'organismo centrale di valutazione con il compito di: indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione; di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione; di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale delle Pubbliche Amministrazioni nulla può per arginare quei comportamenti opportunistici ravvisati negli interessi personali, nelle complicità trasversali, infine nella famelica voluttà delle lobbies del potere. Così come enunciato nel "Libro verde sul futuro del modello sociale", è giunto il momento di gettare le fondamenta per un nuovo Welfare che, per garantire pari opportunità e diritti sostenibili lungo l'intero ciclo di vita a tutti i componenti della società, si avvalga primariamente, e in una logica di piena sussidiarietà, del contributo di soggetti responsabilmente attivi. Soggetti che, proprio in quanto tali e in quanto messi nella condizione di sviluppare pienamente le proprie potenzialità, sono capaci di essere utili a sé e agli altri.

E' finito il tempo della contrapposizione, tutta ideologica, tra Stato e mercato ovvero tra pubblico e privato. Un Welfare delle opportunità non può che scommettere su una virtuosa alleanza tra mercato e solidarietà attraverso una ampia rete di servizi e di operatori, indifferentemente pubblici o privati, che offrono, in ragione di precisi standard di qualità ed efficienza coerenti in tutto il territorio nazionale, non solo semplici servizi sociali e prestazioni assistenziali, ma anche la promessa di una vita migliore - e, nei casi estremi, anche solo della vita stessa - incidendo su comportamenti e abitudini negativi e in grado di proporre nuovi stili di vita. E' chiaro, diversamente, quanto il tipo di cultura della malapolitica e delle lobbies del potere sia fonte di insoddisfazione nel cittadino poiché espressione di discrasia tra le parti, ovvero accentuata asimmetria tra la popolazione e la governance.

E' un dato di fatto che certe nostre regioni si trovano a dover fronteggiare la situazione di precarietà e provvisorietà sociale di migliaia di famiglie, che influisce sugli atteggiamenti individuali producendo quel senso di insicurezza diffuso, timore, che, a volte, si concretizza in vere e proprie forme di disagio. Gli indicatori sui servizi forniti da una ricerca sociale fatta su un determinato territorio potranno, quindi, meglio evidenziare una situazione ancora largamente carente rispetto alla media nazionale e, certamente ancor di più, anche rispetto agli standard europei e come previsto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Allo stato, nonostante quella dote di risorse finanziarie "esterne ed interne" che hanno interessato l'Italia nell'ultimo decennio, talune regioni presentano - dunque - ancora condizioni di arretratezza, sia sociale, sia economica.

I principali ostacoli allo sviluppo uniforme dell'intera nazione possono essere ricondotti da un lato, alle sfavorevoli condizioni di legalità che contraddistinguono larga parte della vita economica e civile di pertinenza, dall'altro lato, alla bassa capacità gestionale (talvolta, solo un eufemismo) delle amministrazioni pubbliche. Tanto, in una logica di "impunità" molto diffusa (senza discriminante nel Paese) induce a quella deresponsabilizzazione nel processo di soddisfacimento dei bisogni degli utenti. Questo disvalore sembra essere divenuto parte fondante della cultura di quell'organizzazione e del modo di lavorare del suo establishment, con l'inevitabile conseguenza di un'erogazione di servizi scadenti, ovvero lontano da quegli standard previsti, dei quali - paradossalmente - saranno essi stessi vittima e, per i quali non potranno che essere insoddisfatti, come per una sorta di nemesi. E' impensabile - di conseguenza - nascondere che suddetti aspetti critici sono "sotto la luce del sole".

Il nostro territorio è innegabilmente dotato di un sistema di servizi sociali inadeguato rispetto alla gravità delle condizioni sociali in cui versa. Nel tempo, le Amministrazioni decentrate tentando di dare corpo a quanto previsto con il dettato della L. n° 328 del 2000, hanno provato ad innovare tale sistema prevedendo gli interventi e i servizi sociali che sul territorio regionale costituiscono il livello essenziale delle prestazioni erogabili; altresì, sono stati previsti gli stessi livelli idonei a garantire cittadinanza sociale e qualità della vita alle persone e alle famiglie del territorio . Contemporaneamente sono stati predisposti i Piani Regionali degli interventi e dei Servizi tendenti ad offrire pari opportunità e tutela dei soggetti più deboli. Siffatti dispositivi che - allo stato - sono stati anche approvati, per tutta una serie di motivazioni non registrano la giusta spinta per avviarsi, configurando, in vero (escludendo alcune realtà più virtuose), lo stato dell'arte in una situazione d'impasse che - in pratica - impedisce nei fatti l'attuazione di quanto previsto dalla normativa vigente, lasciando lo scenario delle Politiche sociali allo stato di partenza.


* componente del Comitato tecnico-Scientifico e Coordinatore della Commissione Carcere dell'Osservatorio sulla legalità e sui diritti Onlus. Per agilità di lettura sono state omesse le note inserite dall'autore.


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