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Risarcimento
del danno al minore per l'assenza del genitore
di
Elena
Falletti*
1. Risarcimento endofamiliare e assenza del genitore
L'applicazione
dei principi della responsabilità civile nell'ambito della
vita familiare è stata oggetto nel corso degli anni di un
dibattito vivace, ma altalenante, che ormai ha raggiunto una
certa condivisione di opinioni tanto in dottrina quanto in
giurisprudenza. A sua volta il legislatore ha recepito gli
orientamenti attualmente consolidati stabilendo nell'art.
709-ter cod. proc. civ. che il giudice competente a decidere
l'affidamento della prole in occasione della rottura della
relazione di coppia tra i genitori "possa disporre il risarcimento
dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del
minore, nonché il risarcimento dei danni, a carico di uno
dei genitori, nei confronti dell'altro" nel caso di gravi
inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio
al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità
dell'affidamento.
Nella
giurisprudenza recente l'attenzione è focalizzata su un aspetto
specifico, il diritto del figlio al risarcimento del danno
morale sofferto per la trascuratezza affettiva del genitore
nei suoi confronti nel corso della sua crescita.
La
prima sentenza è del Tribunale di Roma e concerne la vicenda
di un figlio naturale riconosciuto dal padre al momento della
nascita, ma da lui poi del tutto trascurato. Questo padre,
che era stato uno sportivo professionista di primo piano,
giocando in primarie società calcistiche e vestendo anche
la maglia della nazionale, nel periodo in cui era tesserato
da una società romana aveva avuto il figlio da una relazione
con una giovane modella. Successivamente, trasferitosi a Milano
dove aveva proseguito a giocare in una diversa società, egli
si era formato una nuova famiglia con quattro figli legittimi.
Nel contempo la madre intraprendeva nei suoi confronti una
serie di contenziosi giudiziari sia perché provvedesse al
mantenimento del bambino, sia perché fossero disciplinate
le relazioni di entrambi i genitori con il figlio nelle forme
dell'affidamento condiviso, chiedendo e ottenendo anche la
condanna del padre, a causa del suo disinteresse nei confronti
del figlio, al pagamento di una sanzione pecuniaria ex art.
709-ter cod. proc. civ. Di fronte a questa perdurante situazione,
la madre citava infine in giudizio il padre per il risarcimento
del danno a favore del figlio ormai all'alba della maggiore
età, lamentando che egli lo aveva visto soltanto due volte
dalla nascita.
La
seconda decisione, questa volta della Corte di Cassazione,
riguarda un caso in cui il padre non aveva riconosciuto il
figlio il momento della nascita né volontariamente mai si
era fatto carico, moralmente e materialmente, di lui, cessando
ogni rapporto anche con l'altro genitore. Questo figlio, quando
aveva già quarantatré anni, ha agito in giudizio contro il
padre per la dichiarazione giudiziale della sua paternità
naturale e per ottenere quindi il risarcimento dei danni conseguenti
a siffatta incuria. Egli esponeva che durante tutta la sua
vita aveva notevolmente risentito della mancanza della figura
paterna, non solo per le privazioni conseguenti alle povere
condizioni economiche della madre, ma altresì per l'assenza
di una guida, ciò che l'aveva condotto a intraprendere "esperienze
penali e la contrazione del virus dell'HIV", vicissitudini
superate solo con la costituzione di una famiglia propria.
Per questo egli chiedeva "a titolo di restituzione o risarcimento
del danno una somma pari all'assegno alimentare dovuto dal
raggiungimento della maggiore età fino alla data della domanda".
Il giudice di merito sulla base sia delle prove acquisite,
sia del rifiuto del convenuto di sottoporsi al prelievo ematologico,
dichiarava la paternità naturale del convenuto e quindi, interpretata
la domanda di corresponsione di assegno alimentare a partire
dalla maggiore età come domanda di liquidazione del pregiudizio
di natura esistenziale inerente al periodo compreso tra la
maggiore età e il momento in cui non fosse stato più configurabile
un obbligo di mantenimento, disponeva in via equitativa per
tale periodo la liquidazione al figlio di una somma a titolo
di risarcimento del danno. La vicenda giungeva quindi in Cassazione
che ha confermato, con la sentenza che si commenta, le conclusioni
dei giudici di primo e secondo grado.
Seppure i due casi si pongano sotto un profilo diverso relativamente
alla questione del riconoscimento da parte del genitore, essi
mantengono un fil rouge per ciò che concerne la prospettiva
risarcitoria a favore del figlio: riconosciuti volontariamente
o giudizialmente, entrambi i figli ignorati hanno preteso
e ottenuto soddisfazione, anche pecuniaria, per la trascuratezza,
soprattutto affettiva, del padre subita durante l'età formativa.
2.
Le argomentazioni decisorie
Della
motivazione della sentenza del Tribunale di Roma vanno evidenziati
alcuni punti. Il giudice pone l'accento sul fatto che l'atteggiamento
paterno è del tutto peculiare rispetto alla normalità dei
casi: il padre non chiede infatti né l'affidamento esclusivo,
né quello condiviso, istanza possibile a seguito dell'entrata
in vigore della legge n. 54/2006; al contrario egli ha espressamente
domandato che la situazione di affidamento esclusivo alla
madre non fosse modificata, poiché "mai ha fatto valere
in giudizio il proprio diritto-dovere di frequentare con continuità
il figlio". Anche se non affidatario, il padre non si
però è mai attivato per incontrare il figlio, nonostante l'espresso
desiderio del ragazzo; e da ciò è derivata una "lesione
del diritto fondamentale del minore a ricevere cure e affetto
dal padre naturale" … "connotata da gravità tanto per
la durata quanto per l'elemento soggettivo, non potendosi
condividere l'assunto di parte convenuta per cui i gravosi
impegni legati all'attività di calciatore professionista del
padre costituiscano una valida giustificazione al comportamento
di quest'ultimo".
A questo proposito, il giudice conclude che "si può presumere
secondo comuni regole di esperienza che il comportamento paterno
abbia ingenerato nel figlio sia una sofferenza morale sia
un vero e proprio danno esistenziale da privazione del rapporto
parentale, inteso come quell'insieme di comportamenti nei
quali si manifestano l'affetto, l'attenzione e l'educazione
di un genitore"; danno morale ed esistenziale che deve
essere risarcito. Il giudice rigetta invece le istanze relative
al risarcimento del danno patrimoniale, poiché il genitore,
seppure assente, non aveva fatto mancare il suo contributo
economico alla crescita del figlio.
La peculiarità dell'altro caso deciso dalla Cassazione concerne
il risarcimento del danno non patrimoniale subito dal figlio
per il periodo dal raggiungimento della maggiore età fino
alla data di inizio dell'azione di accertamento di paternità
promossa dopo 43 anni dalla nascita, quindi per un tempo di
25 anni. I giudici di legittimità, sulla base della lettura
dell'art. 2059 cod. civ. alla luce degli artt. 2 (relativo
alla protezione di diritti inviolabili) e dell'art. 30 (in
materia di tutela della filiazione tanto legittima quanto
naturale) della Costituzione, affermano che sia ammissibile
la risarcibilità del danno non patrimoniale quando il fatto
illecito, in questo caso il dimostrato disinteresse del genitore
verso il figlio, sia violativo di obblighi costituzionali
e di legge. Infatti, il disinteresse del genitore dimostrato
nei confronti del figlio ha integrato la violazione degli
obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione scaturenti
dal rapporto di filiazione dal momento della nascita indipendentemente
dal fatto che non fosse avvenuto il riconoscimento o non fosse
stata dichiarata ancora la paternità naturale.
3. Rapporto tra fonti sovranazionali e fonti interne
Sotto
il profilo della ricostruzione delle fonti è interessante
osservare il diverso approccio argomentativo tenuto dalla
Cassazione rispetto al Tribunale di Roma nella ricostruzione
delle fonti al fine di giustificare la fondatezza delle domande
risarcitorie. Sul punto i giudici di legittimità hanno speso
poche lapidarie parole affermando che le ragioni giustificative
si "trovano nella Carta costituzionale (in part., artt. 2
e 30) e nelle norme di natura internazionale recepite nel
nostro ordinamento" le quali conferiscono a siffatte rivendicazioni
"un elevato grado di riconoscimento e di tutela".
Il Tribunale di Roma, invece effettua una dettagliata ricognizione
delle norme applicabili alla fattispecie in esame, partendo
dalle fonti internazionali. La prima è la Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione Europea del 2000 (Carta di Nizza),
di cui sono ritenuti rilevanti l'art. 7 sul rispetto della
vita privata e della vita familiare, l'art.14 sul diritto
all'istruzione, l'art. 24 che garantisce i diritti del bambino,
gli artt. 52 e 53 i quali stabiliscono che le disposizioni
della Carta siano interpretate in maniera omogenea rispetto
alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani
e delle libertà fondamentali. Si fa inoltre riferimento per
detta Convenzione Europea all'art. 8 relativo al rispetto
della vita privata e familiare e all'art. 14 relativo al rispetto
del principio di non discriminazione, in questo caso tra filiazione
legittima e filiazione naturale. È altresì presente il riferimento
alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo che ha richiamato
come parte integrante del diritto fondamentale dalla vita
familiare "la possibilità per genitori e figli di godere
della reciproca presenza, di quotidianità o, comunque, di
continuità e assiduità di relazione".
Inoltre il giudice effettua un unico accenno alla norma internazionale
più importante in materia recepita nell'ordinamento italiano,
la Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20
novembre 1989, la quale all'art. 7. attribuisce al bambino
il diritto di conoscere i genitori e di essere allevato da
essi e all'art. 8 obbliga gli Stati a preservare le relazioni
familiari del fanciullo. Solo in seconda battuta il giudice
si riferisce agli artt. 2, 3 e 30 della Costituzione italiana
che sanciscono il diritto-dovere dei genitori di mantenere,
istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio
in posizione di eguaglianza rispetto ai membri della famiglia
legittima; mentre opportunamente si richiama la legge 4 maggio
1983 n. 184 che all'art. 1 afferma che il minore ha diritto
di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia.
4.
La presenza genitoriale quale diritto fondamentale
In giurisprudenza è da tempo pacifico che l'obbligo dei genitori
di mantenere, educare e assistere i figli sussista solo per
il fatto di averli generati e prescinda da qualsivoglia domanda,
anche se la procreazione sia stata successivamente accertata
con sentenza. Invece, il riconoscimento del diritto al risarcimento
del danno causato dal mancato riconoscimento era stato più
controverso e aveva ricevuto l'avallo dei giudici di legittimità
solo più recentemente quando avevano confermato il diritto
al risarcimento della lesione scaturita dal comportamento
del padre che ostinatamente si rifiutava di corrispondere
al figlio i mezzi di sussistenza, rilevando che da tale comportamento
scaturiva una lesione ai diritti fondamentali della persona
inerenti alle qualità di figlio e di minore.
In
quell'occasione la giurisprudenza di legittimità ha effettuato
una comparazione di siffatto diritto con altri collocati al
vertice della gerarchia dei valori costituzionalmente garantiti,
come quello alla salute il cui risarcimento del sofferto danno
era stato riconosciuto dalla Corte costituzionale già da tempo.
L'efficacia della protezione diretta dei valori personali
garantiti dalla Costituzione nei rapporti tra privati consente
l'estensione di tale protezione fino a ricomprendere il risarcimento
"di tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano
le attività realizzatrici della persona umana", anche
in conseguenza della illecita condotta genitoriale.
*
coordinatrice della Commisione Diritto e comparazione dell'Osservatorio.
Questo contributo è il frutto di una rielaborazione di un
testo tratto da un articolo pubblicato su MinoriGiustizia,
3, 2012 e presentato al Convegno "I bambini prime vittime.
La tutela dei minori in situazione tipiche a rischio", organizzato
dall'Osservatorio sulla legalità e sui diritti, ttenutosi
presso il Teatro Morelli di Cosenza il 26 novembre 2012
Il
minore conteso nei procedimenti di separazione : effetti psicologici
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