DDL intercettazioni : critiche da Reporter senza Frontiere
di
Tamara Gallera*
Reporters
sans frontères ha condannato con forza la ripresa in esame
del disegno di legge del governo italiano, volto in particolare
a limitare la pubblicazione di intercettazioni telefoniche
a mezzo stampa e ad istituire un diritto automatico di replica
e che sarà posta al voto del parlamento la prossima
settimana.
“Le
ultime modifiche non cambiano il nocciolo della questione:
limitare la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche
a mezzo stampa è un grave ostacolo al giornalismo investigativo,
un modo rozzo e disonesto di imbavagliare la stampa“ - ha
dichiarato Reporters sans frontières - “Questo progetto riveste
un forte aspetto politico. Il governo sta cercando di far
passare sotto silenzio gli scandali sessuali che coinvolgono
il Presidente del Consiglio, spesso rivelati proprio dalla
pubblicazione di intercettazioni telefoniche. Inoltre, se
i blogger sembrano risparmiati nell’ultima versione del testo,
i giornalisti online dovranno probabilmente censurare se stessi
o pubblicare ogni richiesta di modifica, piuttosto che rischiare
di essere condannati a multe di € 12 000 La mancata presa
in considerazione del diritto all’informazione, il carattere
automatico e senza contraddittorio delle condanne, sono completamente
contrari con i principi internazionali e della giurisprudenza
europea. L’Italia, come democrazia e membro della Unione europea
ha il dovere di difendere le libertà civili. I Parlamentari
italiani dovrebbero prendere in considerazione la dimensione
internazionale della loro azione e abbandonare questo progetto”.
RSF
definisce "misure liberticide" quelle previste con
gli emendamenti approvati in commissione, secondo cui i giornalisti
che pubblicheranno intercettazioni “irrilevanti” prima che
siano rese pubblicabili dal Tribunale saranno punibili con
il carcere da 6 mesi a 3 anni, "senza alcuna considerazione
se le informazioni siano o no d’interesse pubblico",
evidenzia l'organizzazione internazionale per la libertà
di stampa, che deuncia: "Queste misure volte a regolare
l’indagine giudiziaria danneggeranno le inchieste sulla corruzione
e sulla criminalità organizzata, spesso basate sulla base
di intercettazioni telefoniche". Reporters sans frontières
chiede al Governo italiano di fare un passo indietro e non
stabilire una giustizia a due velocità.
Critiche
pure per la disposizione che permetterà a chiunque
di richiedere a sua discrezione e anhe con una semplice e-mail,
la pubblicazione di una dichiarazione o di una correzione
per smentire un’informazione on line ritenuta calunniosa.
Questa disposizione rivolta inizialmente a tutti gli autori
di contenuti Internet tra cui i blogger, ricorda RSF, "ha
sollevato un tale clamore che è stata poi ristretta ai soli
siti “professionisti”. Ma la vaghezza di questo articolo,
che prevede una multa di 12.000 euro se la modifica non viene
pubblicata entro 48 ore, è estremamente preoccupante. Inoltre
la misura è automatica, in nessun posto è prevista l’apertura
di un contraddittorio o criteri quali la veridicità dei fatti
contestati o la buona fede dell’autore. Oggi, infatti, il
contenuto diffamatorio di un testo è valutato in tribunale.
Reporters
sans frontières ricorda che, secondo la giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), “la automaticità
sulla base della presunta pericolosità di un reato” non può
prevalere quando si tratta di un argomento di interesse pubblico.
Allo stesso modo, i giudici di Strasburgo hanno stabilito
che il diritto d’informazione deve prevalere nel monitoraggio
dei casi giudiziari e nella pubblicazione delle intercettazioni.
Deve essere l’autorità giudiziaria a giudicare la proporzionalità
tra la pubblicazione della sede e la violazione della privacy.
Reporters
sans frontières sostiene le mobilitazioni dei giornalisti
e dei cittadini, l'idea delle organizzazioni italiane della
stampa che intendono appellarsi alla Corte di Strasburgo e
la reazione di Wikipedia all'introduzione nel ddl delle misure
contro i siti Internet. RSF ricorda pure che 13 luglio 2010,
Frank La Rue, relatore speciale dell’ONU sulla libertà di
opinione e di espressione, aveva chiesto al governo italiano
di Silvio Berlusconi di abbandonare il disegno di legge.
*
si ringrazia Guido Columba
 
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