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Cass.
pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-01-2011) 21-02-2011, n. 6297
Svolgimento
del processo - Motivi della decisione
1.
F.M. era imputato del reato di cui all'art. 570 c.p., comma
2, n. 2, per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla
figlia minore, condotta con permanenza accertata fino al 3.4.2004.
Il Tribunale di Cremona con sentenza del 29.9.2009 deliberava
ai sensi dell'art. 444 c.p.p., determinando la pena in due
mesi di reclusione, che sostituiva nella corrispondente pena
pecuniaria e dichiarava condonata, cui perveniva riconoscendo
le attenuanti generiche giudicate equivalenti alla ritenuta
circostanza aggravante dell'art. 570 c.p., comma 2 determinando
quindi la pena base in tre mesi di reclusione e riducendola
di un terzo per il rito.
2. Ricorre il procuratore generale distrettuale con unico
motivo deducendo l'avvenuta applicazione di pena illegittima,
per la mancanza della pena pecuniaria, da applicare in ragione
della natura autonoma e non circostanziale della fattispecie
di cui al capoverso dell'art. 570 c.p.p..
3.
Il procuratore generale in sede ha presentato conclusioni
scritte per l'accoglimento del ricorso.
4.
Il ricorso è infondato, nei termini che seguono. Va preliminarmente
rilevato che l'irregolarità della notifica alla parte personalmente,
regolare quella al difensore, è priva di rilievo stante la
reiezione del ricorso della parte pubblica in danno dell'imputato.
E' effettivamente consolidato, e va qui confermato, l'insegnamento
di questa Corte suprema secondo il quale l'ipotesi di cui
all'art. 570 c.p., comma 2, costituisce una fattispecie autonoma
di reato e non una figura circostanziata rispetto a quella
del comma 1 dello stesso articolo (Sez. 6, 6 novembre 2006,
dep. 20 dicembre 2006, rv. 235301; Sez. 6, 11 febbraio 1998,
dep. 2 marzo 1998, n. 2681, rv. 210371; Sez. 6, 23 14460/10
RG settembre 1995, dep. 5 ottobre 1995, n. 10154, rv. 202976;
Sez. 6, 26 gennaio 1976, dep. 13 maggio 1976, n. 5815, rv.
133481), per cui non è possibile operare il giudizio di comparazione
ex art. 69 c.p. e accogliere la richiesta di patteggiamento
che presupponga, nel giudizio di comparazione, la prevalenza
delle attenuanti (Sez. 6, 11 febbraio 1998, cit.).
Tuttavia nel caso di specie la pena finale, sulla quale le
parti hanno in concreto raggiunto l'accordo, non è in sè illegale
giacchè, in definitiva, è stata irrogata una pena pecuniaria
che in parte va ricondotta alla sostituzione di pena detentiva
ed in parte può essere direttamente ricondotta a pena originariamente
di specie pecuniaria. In altri termini, nè per ragioni afferenti
i limiti edittali nè per ragioni afferenti la concreta specie
di pena applicata può ritenersi illegale la pena finale in
concreto applicata a seguito dello specifico accordo delle
parti, cui il primo Giudice ha aderito.
La questione si riduce allora ad un'erronea determinazione
del calcolo, che tuttavia soccombe, per la sua irrilevanza
e quindi la corrispondente mancanza di specifico interesse
rispetto alla legalità della pena in concreto irrogata, oggetto
effettivo e consapevole dell'accordo intercorso, in relazione
all'imputazione (Sez. 3, sent. 28641 del 28.5 - 14.7.2009;
Sez. 4, sent. 1853 del 17.11.2005 - 18.1.2006).
Il ricorso va pertanto rigettato, fermo restando che eventuali
questioni afferenti la rimodulazione del calcolo, se e in
quanto in futuro necessari (la pena è allo stato condonata
integralmente), troveranno la loro sede davanti al giudice
dell'esecuzione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
 
Commento
alla sentenza
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