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04 agosto 2011
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Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-01-2011) 21-02-2011, n. 6297

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. F.M. era imputato del reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore, condotta con permanenza accertata fino al 3.4.2004. Il Tribunale di Cremona con sentenza del 29.9.2009 deliberava ai sensi dell'art. 444 c.p.p., determinando la pena in due mesi di reclusione, che sostituiva nella corrispondente pena pecuniaria e dichiarava condonata, cui perveniva riconoscendo le attenuanti generiche giudicate equivalenti alla ritenuta circostanza aggravante dell'art. 570 c.p., comma 2 determinando quindi la pena base in tre mesi di reclusione e riducendola di un terzo per il rito.

2. Ricorre il procuratore generale distrettuale con unico motivo deducendo l'avvenuta applicazione di pena illegittima, per la mancanza della pena pecuniaria, da applicare in ragione della natura autonoma e non circostanziale della fattispecie di cui al capoverso dell'art. 570 c.p.p..

3. Il procuratore generale in sede ha presentato conclusioni scritte per l'accoglimento del ricorso.

4. Il ricorso è infondato, nei termini che seguono. Va preliminarmente rilevato che l'irregolarità della notifica alla parte personalmente, regolare quella al difensore, è priva di rilievo stante la reiezione del ricorso della parte pubblica in danno dell'imputato.

E' effettivamente consolidato, e va qui confermato, l'insegnamento di questa Corte suprema secondo il quale l'ipotesi di cui all'art. 570 c.p., comma 2, costituisce una fattispecie autonoma di reato e non una figura circostanziata rispetto a quella del comma 1 dello stesso articolo (Sez. 6, 6 novembre 2006, dep. 20 dicembre 2006, rv. 235301; Sez. 6, 11 febbraio 1998, dep. 2 marzo 1998, n. 2681, rv. 210371; Sez. 6, 23 14460/10 RG settembre 1995, dep. 5 ottobre 1995, n. 10154, rv. 202976; Sez. 6, 26 gennaio 1976, dep. 13 maggio 1976, n. 5815, rv. 133481), per cui non è possibile operare il giudizio di comparazione ex art. 69 c.p. e accogliere la richiesta di patteggiamento che presupponga, nel giudizio di comparazione, la prevalenza delle attenuanti (Sez. 6, 11 febbraio 1998, cit.).

Tuttavia nel caso di specie la pena finale, sulla quale le parti hanno in concreto raggiunto l'accordo, non è in sè illegale giacchè, in definitiva, è stata irrogata una pena pecuniaria che in parte va ricondotta alla sostituzione di pena detentiva ed in parte può essere direttamente ricondotta a pena originariamente di specie pecuniaria. In altri termini, nè per ragioni afferenti i limiti edittali nè per ragioni afferenti la concreta specie di pena applicata può ritenersi illegale la pena finale in concreto applicata a seguito dello specifico accordo delle parti, cui il primo Giudice ha aderito.

La questione si riduce allora ad un'erronea determinazione del calcolo, che tuttavia soccombe, per la sua irrilevanza e quindi la corrispondente mancanza di specifico interesse rispetto alla legalità della pena in concreto irrogata, oggetto effettivo e consapevole dell'accordo intercorso, in relazione all'imputazione (Sez. 3, sent. 28641 del 28.5 - 14.7.2009; Sez. 4, sent. 1853 del 17.11.2005 - 18.1.2006).

Il ricorso va pertanto rigettato, fermo restando che eventuali questioni afferenti la rimodulazione del calcolo, se e in quanto in futuro necessari (la pena è allo stato condonata integralmente), troveranno la loro sede davanti al giudice dell'esecuzione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

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Commento alla sentenza

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