Obblighi
di assistenza tra coniugi : realta' al confine tra illecito
civile e penale
di
Annalisa Gasparre*
La
Cassazione penale distingue: l’abbandono del tetto coniugale
non equivale a violare gli obblighi di assistenza materiale.
La fattispecie del secondo comma dell’art. 570 c.p. è inoltre
autonoma rispetto a quella del primo comma, non costituendone
una fattispecie circostanziata.
Le
sentenze della Sez. VI n. 3016 del 17/01/2011-27/01/2011 e
n. 6297 del 27/01/2011-21/02/2011
La
fattispecie di abbandono del domicilio domestico prevista
dall’art. 570 c.p. comma 1 e quella di omessa prestazione
dei mezzi di sussistenza prevista dal comma 2, non sono in
rapporto di continenza o di progressione criminosa, ma hanno
ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicità.
Premessa generale
Con
la previsione penale si intende tutelare in maniera più intensa
la famiglia – intesa come bene giuridico e soprattutto gli
elementi deboli della stessa da un punto di vista di sostentamento
economico – rispetto a quanto già prevede nella sede civilistica
l’art. 143 comma 2 c.c. (“dal matrimonio deriva l’obbligo
reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale,
alla collaborazione nell’interesse della famiglia, ecc.”).
Civilisticamente,
la violazione del dovere di assistenza può essere causa di
addebito della separazione, come si ricava indirettamente
dall’art. 151 comma 2 c.c. che stabilisce che il giudice,
nel pronunciare la separazione, richiesto dalle parti di dichiarare
a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, fa riferimento
al “comportamento contrario ai doveri che derivano dal
matrimonio”, tra cui appunto l’obbligo di assistenza morale
e materiale.
Come è noto, tra illecito civile e illecito penale corre –
tra le altre – la fondamentale differenza dell’elemento soggettivo,
che per il delitto è rappresentata dalla coscienza e volontà
della condotta. La giurisprudenza di legittimità ha infatti
precisato che l’oggettiva incapacità economica non imputabile
al soggetto onerato – in applicazione del principio generale
ad impossibilia nemo tenetur – esclude la configurabilità
del reato in questione (nella fattispecie veniva annullata
con rinvio una sentenza che aveva dato riscontro esclusivamente
del formale mancato apporto materiale del coniuge separato
al figlio) (Cass. pen. n. 33492/09).
Peraltro,
sotto altro profilo (oggettivo), la nozione (penalistica)
di “mezzi di sostentamento” prevista dall’art. 570 comma 2
c.p. è senz’altro più ristretta rispetto a quella civilistica
di “mantenimento”, dunque anche in questo senso va apprezzata
la non automaticità della mancata corresponsione di assegni
da parte del coniuge lontano dal tetto coniugale, perché separato.
Autonomia della fattispecie del comma 2 art. 570 c.p.
Avverso
la sentenza della Corte d’Appello di Lecce, la Cassazione
penale con sent. 3016/2011 ha affermato che le condotte previste
dal primo comma e dal capoverso dell’art. 570 c.p., benché
genericamente accomunate dalla finalità di protezione dei
medesimi beni (e cioè gli obblighi essenziali derivanti dai
vincoli familiari) non si trovano in rapporto di continenza
o di progressione criminosa, ma sono del tutto eterogenee
nella loro storicità e nella loro considerazione sociale,
così da richiedere, sul piano processuale, l’apprestamento
di strategie difensive completamente diverse ma, primo fra
tutti, il diritto per l’imputato di conoscere tempestivamente
le accuse rivolte e di difendersi provando ovvero di scegliere
scientemente di avvalersi di riti deflattivi.
Con
altra pronuncia, interrogata rispetto alla natura autonoma
e non circostanziata della fattispecie delineata dal comma
2 dell’art. 570 c.p., la Cassazione, su ricorso del procuratore
generale distrettuale, conferma che “l’ipotesi di cui all’art.
570 c.p., comma 2, costituisce una fattispecie autonoma di
reato e non una figura circostanziata rispetto a quella del
comma 1 dello stesso articolo” (Cass. pen. sez. VI n.
6297/2011).
In senso conforme, Sez. VI, 06/11/2006, dep. 20/12/2006, rv.
235301; Sez. VI 11/02/1998, dep. 02/03/1998 n. 2681, rv. 210371.
In definitiva, se si interpreta correttamente, utilizzando
le categorie concettuali civilistiche indicate dall’art. 143
c.c., sembrerebbe in particolare che il primo comma dell’art.
570 c.p. tuteli più propriamente l’aspetto morale dell’assistenza
(laddove parla genericamente di obblighi di assistenza), mentre
il secondo comma dell’art. 570 c.p. si incentri precipuamente
sull’aspetto materiale derivante dalla condotta, tant’è che
prevede un trattamento sanzionatorio più intenso rispetto
al delitto delineato dal primo comma (reclusione o multa),
vale a dire l’applicazione congiunta delle pene indicate invece
che alternativa.
*
esperta di diritto penale e procedura penale,
membro del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio
 
Le
citate sentenze della Sez. VI Penale della Suprema Corte di
Cassazione:
n. 3016 del 17/01/2011-27/01/2011
n. 6297 del 27/01/2011-21/02/2011
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