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14 gennaio 2012
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Osservatorio : rapporto sulla Disabilita' 2011 - 3
a cura di avv. Margherita Corriere*

Si segnala una interessante pronuncia del Giudice Tutelare del Tribunale di Varese che evidenzia come il diritto alla sessualità sia un diritto inviolabile, tutelato dalla Costituzione, da riconoscere anche alle persone adulte con disabilità psichiche, non potendosi la misura di protezione (nel caso di specie: l'interdizione) tradursi in un "esproprio" dei diritti fondamentali dell'individuo.

Testualmente afferma il decreto del 24 ottobre 2011 che "almeno dalla riforma dei delitti sessuali del 1996, il Legislatore ha voluto riconoscere il diritto alla affettività e alla sessualità anche alle persone affette da minorazione fisica o psichica. Riconoscimento che la legislazione contemporanea più recente ha amplificato e ribadito. E' sufficiente far riferimento alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, e ratificata dall'Italia per effetto degli artt. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009 n. 18. Il trattato in esame riconosce espressamente l'importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte".

È stato precisato il principio che il diritto soggettivo inviolabile non può essere "congelato" in conseguenza della misura di protezione giuridica dell'adulto incapace , specificando che non è in questione il diritto del disabile alla sessualità, ma può venirne in rilievo il suo concreto esercizio, nel senso che potrebbe risultare che la sessualità non è consapevolmente vissuta dall'interdetto il quale non è "soggetto" della situazione sessuale ma "oggetto". Pertanto Il Giudice tutelare può, invece, intervenire dove accerti che la sessualità è vissuta dall'interdetto non come soggetto ma come "oggetto", nel senso, cioè, che vi sia il rischio di violenze, abusi o sfruttamento della situazione di vulnerabilità.

A proposito di salvaguardia dell'integrità psicofisica delle persone disabili è bene ricordare le importanti sentenze che hanno posto l'attenzione sulla tutela di persone diversamente abili vittime di abusi e violenze sessuali.

In particolare segnaliamo la sentenza del 2dicembre 2011 emessa dal Gup del Tribunale di Cosenza, dott. Salvatore Carpino nel cosiddetto processo contro gli Orchi: sono state comminate condanne per mezzo secolo di carcere; infatti il Gup ha irrogato pene pesanti nei confronti dei nove imputati che hanno scelto d'essere giudicati col rito abbreviato. La condanna più alta è stata di sette anni di reclusione più l'interdizione dai pubblici uffici. Dagli atti emerge una storia turpe e atroce di tredici uomini che avrebbero abusato in maniera tremenda di un ragazzo affetto da disturbi mentali. È una storia che va al di là di ogni immaginazione, una storia di orrori e degrado emerso chiaramente anche dalle confessioni che alcuni degli indagati avevano reso davanti al Pubblico Ministero, dott. Tridico.

A Roma, invece, un assistente scolastico di 38 anni, è stato condannato dal Tribunale a 2 anni e mezzo di reclusione e all' interdizione perpetua da ogni ufficio in strutture frequentate da minori, comprese le scuole. Gli episodi risalgono al 2008 quando l' uomo, in servizio in un istituto riservato a ragazzi con handicap, avrebbe abusato, toccandolo nelle parti intime, di un adolescente di 16 anni con disturbi psichici.

A Monza è stata condannata a otto anni di reclusione per violenza sessuale aggravata una neuro-psicomotricista, accusata di aver abusato di una bambina di otto anni. Per la donna, il PM Vincenzo Nicolini aveva chiesto 10 anni di reclusione basandosi sulla testimonianza della piccola, portatrice di handicap fisico e mentale. Tutto ebbe inizio quattro anni fa: la piccola paziente, seguita dall'imputata, dopo qualche mese confidò ai genitori di aver ricevuto particolari attenzioni durante la terapia. I genitori presentarono immediatamente denuncia alla Procura di Monza, accusando la donna di aver palpeggiato la figlia, un comportamento che basta ad a integrare il reato previsto dall'articolo 609 bis del codice penale, che disciplina il reato di violenza sessuale.

Queste sentenze sono molto importanti, in quanto evidenziano come sia cresciuta l'attenzione verso la tutela concreta, in campo processuale, delle persone affette da handicap motorio o psichico, però è importante anche attivare e ottimizzare al meglio la prevenzione contro tali reati, cercando di combattere anche il degrado sociale e morale di alcuni ambienti dove vengono perpetrati alcuni di questi reati, anzi direi i più orribili.

continua >

* Coordinatrice della Commissione Disabilità dell'Osservatorio sulla Legalità e sui Diritti ONLUS. Hanno contribuito Flavia Fulvio ed Ersilia Cagliozzi


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