Osservatorio
: rapporto sulla Disabilita' 2011 - 3
a cura di avv. Margherita Corriere*
Si
segnala una interessante pronuncia del Giudice Tutelare del
Tribunale di Varese che evidenzia come il diritto alla
sessualità sia un diritto inviolabile, tutelato dalla
Costituzione, da riconoscere anche alle persone adulte con
disabilità psichiche, non potendosi la misura di protezione
(nel caso di specie: l'interdizione) tradursi in un "esproprio"
dei diritti fondamentali dell'individuo.
Testualmente
afferma il decreto del 24 ottobre 2011 che "almeno dalla
riforma dei delitti sessuali del 1996, il Legislatore ha voluto
riconoscere il diritto alla affettività e alla sessualità
anche alle persone affette da minorazione fisica o psichica.
Riconoscimento che la legislazione contemporanea più recente
ha amplificato e ribadito. E' sufficiente far riferimento
alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità,
fatta a New York il 13 dicembre 2006, e ratificata dall'Italia
per effetto degli artt. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009 n.
18. Il trattato in esame riconosce espressamente l'importanza
per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza
individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte".
È stato precisato il principio che il diritto soggettivo inviolabile
non può essere "congelato" in conseguenza della misura di
protezione giuridica dell'adulto incapace , specificando che
non è in questione il diritto del disabile alla sessualità,
ma può venirne in rilievo il suo concreto esercizio, nel senso
che potrebbe risultare che la sessualità non è consapevolmente
vissuta dall'interdetto il quale non è "soggetto" della situazione
sessuale ma "oggetto". Pertanto Il Giudice tutelare può, invece,
intervenire dove accerti che la sessualità è vissuta dall'interdetto
non come soggetto ma come "oggetto", nel senso, cioè, che
vi sia il rischio di violenze, abusi o sfruttamento della
situazione di vulnerabilità.
A
proposito di salvaguardia dell'integrità psicofisica delle
persone disabili è bene ricordare le importanti sentenze che
hanno posto l'attenzione sulla tutela di persone diversamente
abili vittime di abusi e violenze sessuali.
In
particolare segnaliamo la sentenza del 2dicembre 2011 emessa
dal Gup del Tribunale di Cosenza, dott. Salvatore Carpino
nel cosiddetto processo contro gli Orchi: sono state comminate
condanne per mezzo secolo di carcere; infatti il Gup ha irrogato
pene pesanti nei confronti dei nove imputati che hanno scelto
d'essere giudicati col rito abbreviato. La condanna più alta
è stata di sette anni di reclusione più l'interdizione dai
pubblici uffici. Dagli
atti emerge una storia turpe e atroce di tredici uomini che
avrebbero abusato in maniera tremenda di un ragazzo affetto
da disturbi mentali. È una storia che va al di là di ogni
immaginazione, una storia di orrori e degrado emerso chiaramente
anche dalle confessioni che alcuni degli indagati avevano
reso davanti al Pubblico Ministero, dott. Tridico.
A
Roma, invece, un assistente scolastico di 38 anni, è stato
condannato dal Tribunale a 2 anni e mezzo di reclusione e
all' interdizione perpetua da ogni ufficio in strutture frequentate
da minori, comprese le scuole. Gli episodi risalgono al 2008
quando l' uomo, in servizio in un istituto riservato a ragazzi
con handicap, avrebbe abusato, toccandolo nelle parti intime,
di un adolescente di 16 anni con disturbi psichici.
A Monza è stata condannata a otto anni di reclusione per violenza
sessuale aggravata una neuro-psicomotricista, accusata di
aver abusato di una bambina di otto anni. Per la donna, il
PM Vincenzo Nicolini aveva chiesto 10 anni di reclusione basandosi
sulla testimonianza della piccola, portatrice di handicap
fisico e mentale. Tutto ebbe inizio quattro anni fa: la piccola
paziente, seguita dall'imputata, dopo qualche mese confidò
ai genitori di aver ricevuto particolari attenzioni durante
la terapia. I genitori presentarono immediatamente denuncia
alla Procura di Monza, accusando la donna di aver palpeggiato
la figlia, un comportamento che basta ad a integrare il reato
previsto dall'articolo 609 bis del codice penale, che disciplina
il reato di violenza sessuale.
Queste sentenze sono molto importanti, in quanto evidenziano
come sia cresciuta l'attenzione verso la tutela concreta,
in campo processuale, delle persone affette da handicap motorio
o psichico, però è importante anche attivare e ottimizzare
al meglio la prevenzione contro tali reati, cercando di combattere
anche il degrado sociale e morale di alcuni ambienti dove
vengono perpetrati alcuni di questi reati, anzi direi i più
orribili.
continua
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Coordinatrice della Commissione Disabilità dell'Osservatorio
sulla Legalità e sui Diritti ONLUS. Hanno contribuito Flavia
Fulvio ed Ersilia Cagliozzi
 
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