Osservatorio
: rapporto sulla Disabilita' 2011
a cura di avv. Margherita Corriere*
Le
politiche sociali sono sempre state considerate la cenerentola
delle politiche, eppure hanno un ruolo prioritario nella qualità
della vita del soggetto disabile in difficoltà. Oggi si vive
per più anni e questo comporta l'aumento della percentuale
delle invalidità. La condizione e la qualità di vita di persone
con disabilità sono ancora oggi veramente precarie; si parla
spesso di integrazione, di supporti alla disabilità, di tutela
dei diversamente abili, ma molto c'è ancora da fare.
Già
se si osservano gli importi medi annui delle pensioni di
disabilità si può avere una visione non propria rosea
del supporto di tipo monetario che lo Stato offre alle persone
disabili. I benefici di tipo monetario rimangono infatti la
principale tipologia di supporto e rappresentano ad oggi ancora
una delle poche fonti che consente di dimensionare la condizione
economica delle persone con disabilità. I corrispettivi valori
in Italia sono mediamente di 2.252.574 maschi disabili che
percepiscono in media 12.334 euro annui di pensione, 2.464.306
femmine che percepiscono in media 11.130 euro l'anno, per
un totale di 4.716.880 disabili e una pensione media di 11.705
euro l'anno.
Alla
Calabria - secondo un rapporto nazionale - spetta il primato
negativo della minore spesa pro capite per assistenza sociale
ai disabili: a fronte di una media italiana di 2.184,3 euro
l'anno per le persone con disabilità, la spesa sociale che
ha come utenza la popolazione disabile in Calabria è di appena
326,4 euro pro capite. Le politiche sociali relative alla
disabilità hanno subito in modo particolare la concezione
assistenzialistica e di custodia, poiché la disabilità viene
troppo spesso erroneamente considerata malattia e, come tale,
è privata dalla concezione essenziale che fa intravedere una
prospettiva inclusiva: quella secondo cui la disabilità è
la conseguenza della malattia e, al di là delle limitazioni
con cui bisogna fare i conti, la persona con disabilità può
vivere una vita dignitosa se accompagnata da un sostegno mirato
e in molti casi diventare soggetto attivo e produttivo.
La Legge 104/92, "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate", specialmente
nel meridione, non è mai stata recepita nel suo vero significato
e nella sua autentica ratio. Ad oggi, in tal senso, non sono
bastate le pressioni del mondo associativo. L'assenza di adeguati
servizi per numero e qualità di standard, nel territorio,
ha favorito la permanenza di risposte di tipo prettamente
assistenzialistico. Infatti, se andiamo a verificare la situazione
esistente, ci accorgiamo che i servizi che hanno trovato più
spazio e diffusione sono le Residenze Sanitarie Assistenziali,
i Centri Diurni Riabilitativi e la Riabilitazione ambulatoriale:
tutti servizi riconducibili all'area del diritto alla salute.
Per il resto, abbiamo una frammentazione di servizi territoriali,
come ad esempio i Centri Socio-Educativi e dell'Assistenza
Domiciliare, concentrati particolarmente nelle zone in cui
è più presente l'associazionismo attivo e fattivo.
Molti
Centri Socio-Educativi per persone diversamente abili sono
organizzati dalle associazioni di familiari di persone con
disabilità e usufruiscono di contributi dei Comuni o di donazioni.;
altri sono promossi dagli enti locali; altri ancora sono gestiti
da associazioni non-profit, in convenzione con il pubblico.
L'assistenza domiciliare si è sviluppata in particolar modo
negli ultimi anni, ed è andata a sostituire il servizio di
aiuto alla persona, garantito con i fondi della Legge 162/98.La
Legge 328/2001, "Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali" prevede la realizzazione
di "Piani regionali degli interventi e dei servizi sociali
e indirizzi per la definizione dei Piani di zona.
Nulla
di valido potrebbe essere realizzato senza tenere nel dovuto
conto l'assetto organizzativo dei servizi alla persona
e le linee metodologiche e strumenti per la predisposizione
del Piano di Zona. Probabilmente tali strumenti sono insufficienti
e, comunque, non hanno prodotto l'effetto sperato nell'avvio
dei Piani di Zona in Calabria, come nelle altre realtà regionali.
C'è
da rilevare che, con l'avvio dei piani di zona, i Comuni hanno
ricevuto ingenti fondi da gestire, non solo quelli del fondo
indistinto, ma anche quelli per la non autosufficienza , quelli
relativi all'impegno delle donne in difficoltà nei servizi
di assistenza domiciliar e quelli per gli anziani gravi allettati.
Ma una autentica buona politica sociale potrà essere raggiunta
solo con una costruttiva concertazione e attraverso scelte
condivise e legate ai bisogni delle persone e dei territori
e il coinvolgimento delle parti sociali.
Ma
tutto questo potrebbe non bastare. Potrà essere necessario
ridisegnare la mappa delle risorse e dei bisogni, dandosi
l'obiettivo di garantire un'eguale opportunità a tutte le
persone disabili e alle loro famiglie. È fondamentale che
ci sia una campagna di sensibilizzazione che favorisca l'integrazione
nel substrato sociale delle persone portatrici di handicap
e si realizzino interventi specifici mirati allo stato di
disabilità della persona. Bisogna riflettere anche sull'importanza
di creare pari opportunità a tutela dei disabili: oggi una
persona con grave disabilità che vive in un piccolo paesino
interno non ha le stesse opportunità di una persona con le
stesse caratteristiche che vive in una città.
I singoli Comuni hanno sempre operato in base alle risorse
economiche e alla relazione con le risorse del territorio.
Molti piccoli Comuni non hanno neppure l'assistente sociale
e una voce in bilancio finalizzata alle politiche sociali.
Altri si limitano a dare piccoli contributi a pioggia alle
famiglie in difficoltà che chiedono abitualmente tali interventi.
Questo modo di affrontare i bisogni locali ha favorito nei
piccoli Comuni una rete stabile di relazioni, riconosciute
dalla cittadinanza, che individua nel primo cittadino più
un benefattore che il Sindaco.
Ma
i disabili non sono dei beneficiati, sono soggetti di diritto,che
pretendono l'applicazione della legge e di essere trattati
come cittadini pari agli altri e non di serie b o c.
continua
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Coordinatrice della Commissione Disabilità dell'Osservatorio
sulla Legalità e sui Diritti ONLUS. . Hanno collaborato Flavia
Fulvio ed Ersilia Cagliozzi
 
Dossier
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