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09 dicembre 2011
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Osservatorio : rapporto sulle carceri 2011
di Antonio Antonuccio*

Nel 2011 - rispetto agli ultimi dieci anni - in Italia, la situazione delle carceri non ha registrato i miglioramenti che, da più parti (politiche, sociali, economiche, etc.), si auspicavano; lo status quo è ancora quello dell'emergenza, tanto da dover pensare che la condizione - per la palese assenza di determinazione dimostrata dalla politica - sia ormai fuori controllo. Le aspettative - oltre che legittime - erano suffragate dagli impegni che gli addetti ai lavori avevano assunto nell'anno precedente.

In effetti, il 2010, per quanto rappresentato e per le decisioni che si ipotizzava da intraprendere, sembrava potesse essere considerato "l'anno della svolta", con un chiaro indirizzo per il futuro del nostro malato sistema penitenziario. L'allora Presidente del Consiglio dei Ministri, nelle more della presentazione del decreto per lo "stato di emergenza" in cui versava l'Italia, affermò che "… uno Stato civile, se può togliere la libertà a chi ha commesso un reato ed è stato giudicato colpevole, non può togliere anche la dignità al condannato, attentando alla sua salute …"; pertanto, decise di doversi considerare il sovraffollamento carcerario alla stregua di altri eventi di una certa gravità, come " le calamità naturali, le catastrofi od altri eventi, per intensità ed estensione, che debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari".

Tale dichiarazione dello stato di emergenza, che doveva essere valida fino al 31 dicembre del 2010, costituiva - così come ha affermato il Magistrato di Sorveglianza Pavarin - solo il punto di partenza di un articolato piano di intervento del Governo per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, basato su tre pilastri.

Il primo pilastro consisteva nell'adozione di misure straordinarie di edilizia penitenziaria dirette alla costruzione di nuovi padiglioni ed alla ristrutturazione di padiglioni preesistenti (in tal senso, risulta non trascurabile sapere che una prigione su cinque risale a un periodo che risale fra il 1200 e il 1500 e spesso è sottoposta a rigorosi vincoli architettonici), nonché alla realizzazione di nuove strutture carcerarie, con la previsione finale di 21.709 nuovi posti;

il secondo pilastro avrebbe dovuto consistere in misure intese a consentire una progressiva diminuizione della popolazione carceraria con due norme di accompagnamento destinate - da un lato - alla possibilità di "scontare presso il proprio domicilio" l'ultimo anno di pena residua (eccezion fatta per i condannati per reati gravi) - dall'altro - a consentire la messa alla prova delle persone "imputabili per reati fino a tre anni", che avrebbero potuto svolgere lavori di pubblica utilità per riabilitarsi, con conseguente sospensione del processo;

il terzo pilastro avrebbe dovuto consistere nell'implementazione dell'organico della polizia penitenziaria con la previsione dell'assunzione di 2000 nuovi agenti, al dichiarato fine di "meglio gestire in termini di dignità del lavoro e di dignità della detenzione" la popolazione detenuta. Di questi pilastri solo la legge c.d. "svuota carceri" (legge n° 199 del 26 novembre 2010) ha visto la luce, gli altri provvedimenti da attuare sono (quasi) rimasti dichiarazioni di intenti. La stessa legge - tuttavia, nel corso della stesura - a causa dei limiti opposti per la sua concessione e dei rimaneggiamenti apportati (sul testo originario) per soddisfare le parti politiche, come per una sorta di "profezia che si autoavvera", non ha avuto gli effetti desiderati.

Ad oggi, ne consegue un immaginario che è ormai sedimentato e che induce l'osservatore esterno - in tal senso - a pensare (forse a dimostrazione di una mancata vera sensibilità al problema) che il carcere è sempre più inteso (solo) come una punizione per chi ha commesso un reato, anziché un luogo di riabilitazione come prevedono la Costituzione e la legge per l'Ordinamento Penitenziario.

Qualcuno ancora, per rappresentare il panorama, usa l'espressione "disagio", senza rendesi conto che trattasi semplicemente di un eufemismo; è più giusto affermare che ci troviamo quotidianamente davanti ad una tragedia. L'affollamento degli istituti di detenzione, il numero elevato dei suicidi e delle morti in carcere, l'esiguità dell'offerta del lavoro (elemento di base per il trattamento penitenziario, quindi rieducazione ed offerta di nuova opportunità da spendere a pena espiata), le condizioni igieniche e sanitarie insufficienti (talvolta inesistenti) dimostrano inconfutabilmente la deriva e lo stato di allarme della situazione penitenziaria italiana.

continua >

* Coordinatore della Commissione Carcere dell'Osservatorio sulla Legalità e sui Diritti ONLUS


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