Cassazione
: rumori molesti , superamento della soglia non richiesto
di
Annalisa Gasparre*
PER
INTEGRARSI IL REATO DI DISTURBO DELLE OCCUPAZIONI O DEL RIPOSO
DELLE PERSONE E’ SUFFICIENTE CHE LE EMISSIONI RUMOROSE SIANO
POTENZIALMENTE IDONEE A DISTUBARE UN NUMERO INDETERMINATO
DI PERSONE. GLI ACCERTAMENTI ARPA HANNO SOLO VALORE AMMINISTRATIVO:
IL MANCATO SUPERAMENTO DEI LIMITI NON ESCLUDE LA NATURA PENALE
DELLA CONDOTTA.
Cass.
pen. sez. I, sent. 25/05/2011 n. 20954
Con
sentenza del 10 giugno 2009, il Tribunale di Lecce – sez.
dist. Galatina – dichiarava l’imputato T.A. responsabile della
contravvenzione prevista dall’art. 659 c.p. comma 1 perché,
nella qualità di titolare di un disco pub, disturbava – mediante
rumori molesti, prodotti in tempo notturno dal volume alto
della musica e dagli schiamazzi provocati dagli avventori
del locale – il riposo di L.M.G. e del suo nucleo familiare,
condannando l’imputato altresì al risarcimento alla parte
civile, liquidato secondo equità in cinquemila euro.
Nel
rigettare il ricorso, la Corte afferma che per la configurabilità
del reato “è necessario che le emissioni sonore rumorose
siano potenzialmente idonee a disturbare il riposo o le occupazioni
di un numero indeterminato di persone, anche se non tutte
siano state poi in concreto disturbate”. Per la valutazione
di tale attitudine molesta, secondo la Corte, il Giudice può
fondarsi su elementi probatori di diversa natura rispetto
a perizie e consulenze fonometriche, comprese dunque le dichiarazioni
di coloro che siano in grado di riferire caratteristiche ed
effetti dei rumori percepiti.
Il
Giudice di prime cure con la sentenza di condanna aveva evidenziato
come dagli elementi risultanti agli atti, i rumori molesti
avevano la caratteristica della diffusività e della obiettiva
idoneità a recare disturbo ad un numero indeterminato di persone.
A nulla valeva eccepire che l’accertamento acustico operato
dai tecnici dell’Arpa escludeva il superamento di limiti positivamente
previsti, in quanto – secondo la Corte – tale accertamento
amministrativo era liberamente valutabile dal Giudice di merito,
ma non in modo esclusivo, potendo questi basarsi su altri
elementi probatori acquisiti agli atti, a prescindere dall’esatta
conoscenza dei decibel raggiunti.
Del
resto, la stessa logica si intravede nel fatto che sebbene
il secondo comma dell’art. 659 c.p. (che punisce chi esercita
una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni
di legge o le prescrizioni dell’Autorità) sia stato depenalizzato
per mezzo dell’art. 10 L. 447/1995 (Legge quadro sull’inquinamento
acustico), lo stesso non può dirsi per la disposizione del
primo comma che, invece, permane nella sua struttura contravvenzionale.
Le
due norme, per vero, perseguono finalità ben diverse. Quella
del primo comma mira a sanzionare gli effetti negativi del
rumore in funzione di tutela della tranquillità pubblica;
la norma speciale (frutto della depenalizzazione del secondo
comma dell’art. 659 c.p.) è invece diretta unicamente a stabilire
limiti di rumorosità di sorgenti sonore, oltre i quali si
ritiene sussistere il c.d. inquinamento acustico, a prescindere
dall’accertamento di un effettivo disturbo arrecato alle persone
(Cass. n. 443/2001), tant’è che si accontenta di punire il
superamento di tali limiti con una sanzione amministrativa.
Al
di là della sanzione penale, seppure esistente ma contenuta
(ammenda di trecento euro), nel caso in commento di grande
rilevanza è stato il risarcimento del danno che il Giudice
di Galatina – coraggiosamente – ha liquidato in via equitativa
nell’importo di cinquemila euro, anziché – come avviene molto
spesso – rinviare la quantificazione del danno al giudice
civile. Ottima si è dunque rivelata la scelta difensiva della
persona offesa che – sussistendone i requisiti – ha preferito
la via penale a quella civile costituita dal risarcimento
danni per immissioni (art. 834 c.c.).
*
esperta di diritto penale e procedura penale,
membro del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio
 
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