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Sostegno
scolastico : sentenza Corte Costituzionale 80/2010
SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE N. 80 - ANNO
2010
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici
: Ugo DE SIERVO, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,
Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,
Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,
ha
pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità
costituzionale dell'art. 2, commi 413 e 414, della legge 24
dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2008), promosso dal Consiglio di giustizia amministrativa
per la Regione Siciliana nel procedimento vertente tra il
Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
ed altri e A.F. e C.G. in proprio e nella qualità di genitori
esercenti la potestà sulla figlia minore A.J.R., con ordinanza
del 26 marzo 2009, iscritta al n. 230 del registro ordinanze
2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2009. Visto l'atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito
nella camera di consiglio del 27 gennaio 2010 il Giudice relatore
Maria Rita Saulle.
Ritenuto in fatto
1.
- Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione
Siciliana, con ordinanza del 26 marzo 2009, ha sollevato,
in riferimento agli artt. 2, 3, 4, primo comma, 10, primo
comma, 30, primo e secondo comma, 31, primo comma, 34, primo
comma, 35, primo e secondo comma, 38, terzo e quarto comma,
della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell'art. 2, commi 413 e 414, della legge 24 dicembre 2007,
n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008). In punto
di fatto, il rimettente riferisce di essere investito dell'appello
proposto dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e
della Ricerca nei confronti di A.F. e C.G., in proprio e in
qualità di genitori esercenti la potestà sulla figlia minore
A.J.R, avverso il provvedimento cautelare emesso dal Tribunale
amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata
di Catania, con il quale si ordinava all'amministrazione il
ripristino dell'assegnazione di un docente di sostegno alla
indicata minore, per 25 ore settimanali. La suddetta fase
cautelare trae origine dal ricorso proposto dalle indicate
parti private avverso il provvedimento con il quale l'amministrazione
scolastica, in sede di formazione degli organici, aveva assegnato
alla ricorrente, affetta da ritardo psicomotorio e crisi convulsive
da encefalopatia grave, un docente solo per 12 ore settimanali.
Il citato provvedimento comprometteva, a parere dei ricorrenti,
il diritto del disabile ad una effettiva assistenza didattica;
diritto tutelato dalla Costituzione e da norme internazionali.
In
punto di diritto, il rimettente, dopo aver riportato i motivi
posti a fondamento dell'atto di appello avverso l'ordinanza
cautelare indicata, osserva che il tema dell'inserimento dei
disabili nella scuola è stato, in un primo momento, risolto
dall'ordinamento per mezzo della creazione di scuole speciali
e di classi differenziali; orientamento successivamente modificato
a favore di una formazione che doveva avvenire in classi comuni
nell'ambito della scuola pubblica mediante l'intervento di
insegnanti di sostegno. Tale nuovo indirizzo veniva, poi,
ulteriormente rafforzato con la legge 5 febbraio 1992, n.
104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale
e i diritti delle persone handicappate), la quale, nel fissare
i principi della piena integrazione delle persone disabili,
agli artt. 12 e 13 garantisce loro il necessario sostegno
per mezzo di docenti specializzati, al fine della loro integrazione
scolastica.
Il giudice a quo riporta le ulteriori norme che hanno confermato
i suddetti principi e, in particolare, l'art. 40 della legge
27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della
finanza pubblica), che assicura l'integrazione scolastica
degli alunni disabili con interventi adeguati al tipo ed alla
gravità dell'handicap, compreso il ricorso all'ampia flessibilità
organizzativa e funzionale delle classi, nonché la possibilità
di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di
sostegno in deroga al rapporto docenti ed alunni, indicato
al comma 3 della suddetta disposizione, in presenza di handicap
particolarmente gravi. In particolare, il citato art. 40 non
generalizza tutti i casi di disabilità, ma si ispira al diverso
principio secondo il quale ciascun intervento deve tener conto
del grado e della tipologia di deficit di cui è portatore
il singolo individuo, ponendosi, in tal modo, in linea di
continuità con quanto già previsto dagli artt. 3, 12, 16 e
17 della legge n. 104 del 1992, in ambito di istruzione e
di formazione professionale dei disabili.
Il rimettente osserva che le disposizioni censurate hanno
soppresso il trattamento in deroga previsto dall'art. 40,
in tal modo contraddicendo la ratio che aveva caratterizzato
l'indirizzo normativo sopra riportato, in ragione del quale
ad un maggiore livello di disabilità deve corrispondere un
maggior grado di assistenza, al fine di consentire al disabile
di superare il suo svantaggio e di porlo in condizione di
parità con gli altri. La conclusione di tale iter argomentativo
comporta, a parere del rimettente, che le disposizioni censurate,
nel sottoporre ad un'unica disciplina tutti i disabili, non
garantiscono a quelli che versano in condizioni di maggiore
gravità il diritto alla integrazione scolastica. Il rimettente
ritiene, pertanto, che le norme censurare contrastino con
la giurisprudenza costituzionale secondo la quale l'esercizio
di ogni diritto, anche se costituzionalmente garantito, può
essere regolato e limitato dal legislatore, sempre che ciò
sia compatibile con la funzione del diritto di cui si tratta
e non si traduca in una sostanziale elusione dello stesso.
1.1.
- Così ricostruita la fattispecie sottoposta al suo giudizio
ed il quadro normativo di riferimento, il rimettente, in punto
di non manifesta infondatezza, sostiene quanto segue:
1.1.1
- in primo luogo, il rimettente ritiene che i commi 413 e
414 dell'art. 2 della legge n. 244 del 2007 violano gli artt.
2, 3, 38, terzo e quarto comma, Cost. In proposito il giudice
a quo osserva che la Costituzione, nel riconoscere valore
fondamentale alla persona come individuo, pone, a tal fine,
a carico della collettività un obbligo di solidarietà, assumendo
nel caso concreto rilievo l'art. 38, commi terzo e quarto,
Cost., che sanciscono il diritto dei disabili all'educazione
assegnando il correlativo obbligo allo Stato. Rileva, poi,
il giudice a quo che l'equiparazione di tutti i disabili compiuta
dal legislatore sulla base delle norme censurate sarebbe anche
irragionevole, poiché appresta lo stesso grado di assistenza
a tutti i disabili, indipendentemente dal loro grado di disabilità,
ponendo in essere una disparità di trattamento, in quanto
proprio la gravità dell'handicap giustificava lo standard
più elevato di tutela rispetto a quello minimo garantito per
i disabili lievi e ciò al fine di assicurare a tutti lo stesso
diritto all'istruzione.
A ciò conseguirebbe l'ulteriore violazione dell'art. 3, comma
secondo, Cost., che impone allo Stato di rimuovere gli ostacoli
che limitano lo sviluppo della persona umana. Altri profili
di irragionevolezza delle norme impugnate vengono individuati
dal rimettente nel fatto che, da un lato, nel sopprimere il
trattamento in deroga previsto per i disabili gravi, dette
norme si pongono, tuttavia, l'obiettivo di rispettare i principi
sulla integrazione degli alunni diversamente abili fissati
dalla legge n. 104 del 1992, e, dall'altro, nel contemperare
il diritto dei disabili gravi con l'esigenza di bilancio,
fanno prevalere quest'ultima.
1.1.2 - I commi 413 e 414 dell'art. 2 della legge n. 244 del
2007 violano, secondo il rimettente, anche gli artt. 4, primo
comma, 35 primo e secondo comma, Cost., in relazione all'art.
38, terzo comma, Cost. Se, infatti, gli artt. 4 e 35 Cost.
tutelano e garantiscono il diritto al lavoro, l'art. 38 Cost.
riconosce il suddetto diritto in capo ai disabili, con la
conseguenza che le disposizioni censurate "facendo venir meno
le condizioni minime per la integrazione scolastica" pregiudicano
"anche ogni possibilità di […] avviamento professionale in
contrasto con i parametri costituzionali suelencati".
1.1.3 - Il giudice a quo ritiene, poi, che le disposizioni
censurate siano in contrasto con l'art. 10 Cost., in relazione
agli artt. 2, 3, secondo comma, 4, primo comma, 35, primo
e secondo comma e 38, terzo comma, Cost. In particolare, l'art.
10, primo comma, Cost. impone l'adeguamento dell'ordinamento
interno alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute. Il rimettente, dopo aver premesso che l'ordinamento
internazionale apparirebbe "univocamente orientato ad assicurare
ai disabili una tutela effettiva e non meramente teorica",
richiama diversi atti internazionali sia a livello universale
che regionale a tutela dei disabili; atti che, a suo avviso,
sarebbero stati violati dalle norme impugnate. In particolare,
menziona la Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo,
adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite a Parigi
il 10 dicembre 1948; il Protocollo n. 1 alla Convenzione per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,
adottato a Parigi il 20 marzo 1952; la Carta sociale europea
(riveduta), adottata a Strasburgo il 3 maggio 1996 e la Convenzione
delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità
adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13
dicembre 2006. A completamento del quadro normativo internazionale
ora indicato, il giudice a quo richiama, inoltre, la Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea proclamata dal
Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione a Nizza
il 7 dicembre 2000, nonché il Trattato che adotta una Costituzione
per l'Europa firmato a Roma il 29 ottobre 2004.
1.1.4 - Infine, il rimettente ritiene che le disposizioni
censurate siano lesive degli artt. 34, primo comma e 38, terzo
e quarto comma, Cost., in riferimento agli artt. 30, primo
e secondo comma e 31, primo comma, Cost., i quali sanciscono
i principi "che la scuola è aperta a tutti e che l'istruzione
inferiore è obbligatoria, che anche i disabili hanno diritto
all'educazione e che a questo compito provvedono organi ed
istituti predisposti o integrati dallo Stato", anche in "funzione
suppletiva rispetto alla famiglia". Le norme censurate, a
parere del rimettente, non garantirebbero tali diritti in
quanto non assicurerebbero al disabile grave, come nel caso
di specie, neppure l'istruzione obbligatoria cui ha diritto
ex art. 34 Cost. e, conseguentemente, neppure quella di grado
superiore, cui pure ha diritto ex art. 38, terzo comma, Cost.,
finalizzata al suo inserimento nel mondo del lavoro. Con la
disciplina impugnata risulterebbe essere venuta meno, altresì,
la funzione affidata allo Stato per rendere effettivo il diritto
all'istruzione ex art. 38, quarto comma, Cost., con conseguente
ulteriore lesione del corrispondente compito affidato alla
famiglia e, in via surrogatoria allo Stato, previsto dall'art.
30, primo e secondo comma, Cost. Nella stessa "ottica si muove
anche l'art. 31, primo comma, Cost. il quale fa carico allo
Stato di agevolare l'adempimento dei compiti della famiglia
(tra cui è ricompressa l'istruzione) ed appare perciò strutturalmente
interconnesso con la concreta attuazione degli obblighi famigliari".
1.2.
- In punto di rilevanza, il rimettente osserva che dagli atti
di causa risulta provato lo stato di disabilità grave di cui
è affetta la ricorrente (riconoscimento dall'apposita commissione
medica, attribuzione per l'anno scolastico 2008/2009 delle
25 ore di sostegno settimanale) e che, stante il tenore letterale
dell'art. 2, comma 414, della legge n. 244 del 2007, solo
l'eventuale accoglimento della questione di legittimità sollevata
potrebbe comportare il rigetto dell'appello cautelare e, conseguentemente,
il ripristino delle 25 ore di sostegno settimanali; misura
quest'ultima, precisa ancora il rimettente, che "le commissioni
mediche e sociopedagogiche hanno ritenuto essere il minimo
necessario per rendere effettivo" il diritto della ricorrente
all'integrazione scolastica ed alla sua istruzione.
2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato, chiedendo che la Corte dichiari inammissibile
o infondata la questione sollevata dal Consiglio della giustizia
amministrativa per la Regione Siciliana. La difesa dello Stato,
riportato il testo delle disposizioni censurate, osserva che
il nostro Paese ha sempre posto come priorità l'inserimento
degli alunni disabili nel mondo scolastico e, successivamente,
nella vita lavorativa.
2.1.
- Ricostruito il quadro normativo di riferimento, l'Avvocatura
ritiene la questione inammissibile per non aver il rimettente
motivato in ordine alla rilevanza della stessa. In particolare,
la normativa impugnata, comporta una riforma del sistema di
tutela del disabile in grado di garantire a quest'ultimo la
fruizione dei diritti costituzionali a lui assegnati. Il comma
413, infatti, pur limitando il numero di posti di insegnanti
di sostegno, a decorrere dall'anno 2008-2009, "impone che
[…] venga assicurata la piena integrazione degli alunni disabili
richiamando, a tal uopo, gli strumenti e le direttive" già
individuati dall'art. 1, comma 605, della legge 27 dicembre
2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007)
"e, pertanto, anche mediante compensazioni tra Province diverse".
Il rimettente non indica i motivi per i quali i suddetti strumenti
e, in particolare, la citata compensazione (che consente l'adattamento
dell'organico vigente alla dislocazione territoriale), non
sono in grado di dare piena tutela alla ricorrente nel giudizio
a quo. Il giudice a quo avrebbe, infatti, erroneamente ritenuto
che l'unica possibile tutela per la ricorrente poteva essere
l'applicazione della deroga prevista dall'art. 40 della legge
n. 499 del 1997, non tenendo conto che essa "si inseriva […]
in un contesto normativo completamente diverso" da quello
costituito dalle norme censurate.
2.2.
- Nel merito, la difesa erariale ritiene la questione infondata.
Osserva l'Avvocatura che il rimettente chiede che sia riconosciuto
il diritto ad un numero maggiore di ore di sostegno rispetto
a quello individuato dai competenti organi amministrativi.
Tale diritto, a suo avviso, "non può essere identificato tout
court con il diritto allo studio o alla salute", essendo più
assimilabile ad una mera aspettativa verso lo Stato quale
erogatore di pubblici servizi. In sostanza, quindi, con la
sollevata questione il rimettente chiede alla Corte l'adozione
di una sentenza additiva che comporterebbe da un lato "nuove
o maggiori spese a carico del bilancio statale senza indicare
i mezzi per farvi fronte", in violazione dell'art. 81 Cost.,
e dall'altro, porterebbe la Corte a sostituirsi al legislatore,
al quale è demandata l'individuazione delle concrete modalità
con le quali realizzare la tutela invocata nel giudizio a
quo. Con riferimento a quest'ultimo aspetto, l'Avvocatura
richiama la sentenza n. 251 del 2008 con la quale la Corte
ha affermato che, in materia di tutela dei disabili, è compito
del legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità,
individuare gli strumenti più idonei al fine di attuare la
suddetta tutela, non potendo ciò essere richiesto alla Corte
stessa. In conclusione, le norme censurate sarebbero frutto
del corretto esercizio della citata discrezionalità del legislatore
che, nel bilanciare i diversi interessi coinvolti (quello
allo studio del disabile e del contenimento della spesa pubblica),
ha eliminato la possibilità di derogare al numero di ore di
sostegno per i disabili più gravi, pur senza far venir meno
il loro diritto all'educazione scolastica.
2.2.1
- In particolare, quanto alla presunta violazione degli artt.
2, 3 e 38 Cost., la difesa dello Stato ritiene che l'attuale
disciplina non pregiudica i diritti del disabile, come sostenuto
dal rimettente, in considerazione della molteplicità degli
interventi normativi a favore di tali persone previsti dagli
artt. 12, 13 e 14 della legge n. 104 del 1992. Specificamente,
è prevista l'istituzione, per i minori ricoverati, di classi
ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale (art.
12, comma 9); la programmazione coordinata dei servizi scolastici
con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, eccetera
(art. 13, comma 2, lett. a); la dotazione alle scuole e alle
università di attrezzature tecniche e di sussidi didattici
(art. 13, comma 2, lett. b) recte: comma 1, lett. a); l'obbligo
per gli enti locali di garantire l'attività di sostegno con
assegnazione di docenti specializzati (art. 13, comma 3);
lo svolgimento di attività didattiche con piani educativi
individualizzati (art. 13, comma 5); l'organizzazione dell'attività
didattica secondo il criterio della flessibilità nell'articolazione
delle classi e delle sezioni in relazione alla programmazione
scolastica individualizzata (art. 14, comma 1, lett. b); la
continuità educativa tra i diversi gradi di scuola (art. 14,
comma 1, lett. c). Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato,
tale molteplicità di interventi non può comportare che, laddove
è previsto che siano garantite attività di sostegno mediante
l'assegnazione di docenti specializzati (art. 13 citato),
la persona disabile abbia "il diritto a vedersi attribuito
un insegnante di sostegno per un numero di ore predeterminato",
dovendo l'amministrazione provvedere in tal senso tenendo
conto anche delle risorse economiche disponibili.
2.2.2 - Con il secondo motivo il rimettente sostiene che le
disposizioni censurate si pongano in contrasto con gli artt.
4 e 35 Cost., in relazione all'art. 38, terzo comma, Cost.,
perché farebbero venir meno le condizioni minime per l'integrazione
scolastica, con ripercussioni negative sull'avviamento professionale.
In ragione delle citate norme contenute nella legge n. 104
del 1992, l'Avvocatura ritiene che anche la censura in esame
sia infondata. Non sarebbe stato leso neanche l'inserimento
del disabile nel mondo del lavoro, essendo quest'ultimo garantito
da apposite norme contenute nella legge 12 marzo 1999, n.
68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili). 2.2.3 -
In relazione alla denunciata violazione dell'art. 10 Cost.,
l'interveniente rileva che tale disposizione si riferisce
alle norme di diritto internazionale consuetudinario, laddove
il giudice a quo si limita a richiamare norme pattizie "senza
evidenziare le parti in cui le stesse sarebbero riproduttive
di analoghe norme consuetudinarie esistenti nella Comunità
internazionale". L'Avvocatura osserva, inoltre, che le norme
internazionali richiamate dal rimettente avrebbero carattere
meramente programmatico e lascerebbero agli Stati la discrezionalità
nell'individuare le misure con le quali assicurare la fruizione
dei suddetti diritti.
2.2.4
- La difesa dello Stato sostiene, infine, che anche le censure
relative alla violazione degli artt. 34 e 38 Cost., in relazione
agli artt. 30 e 31 Cost. siano infondate, in quanto il legislatore
non avrebbe pregiudicato il diritto del disabile all'istruzione
obbligatoria di cui all'art. 34 Cost., data la molteplicità
degli interventi disposti in tal senso e che la riduzione
delle ore di sostegno consentirebbe, comunque, l'integrazione
scolastica delle persone disabili. Non sarebbe leso neanche
il diritto del disabile all'inserimento nel mondo del lavoro,
previsto dall'art. 38, terzo comma, Cost., e lo Stato non
sarebbe venuto meno al suo obbligo di affiancare o sostituire
la famiglia nella cura del disabile, come previsto dagli artt.
38, quarto comma, e 30, primo comma, Cost.
Considerato
in diritto
1.
- Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione
Siciliana dubita della legittimità costituzionale dell'art.
2, commi 413 e 414, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato - legge finanziaria 2008), nella parte in cui, rispettivamente,
fissano un limite al numero degli insegnanti di sostegno e
aboliscono la possibilità di assumere con contratto a tempo
determinato i suddetti insegnanti, in deroga al rapporto docenti
ed alunni indicato dall'art. 40, comma 3, della legge n. 449
del 1997, in presenza di disabilità particolarmente gravi.
Ad
avviso del giudice rimettente le norme censurate violerebbero
gli artt. 2, 3, 38, terzo e quarto comma, della Costituzione,
in quanto, in contrasto con i valori di solidarietà collettiva
nei confronti dei disabili gravi, ne impedirebbero "il pieno
sviluppo, la loro effettiva partecipazione alla vita politica,
economica e sociale del Paese" ed introdurrebbero "un regime
discriminatorio illogico e irrazionale" che non terrebbe conto
del diverso grado di disabilità di tali persone, incidendo
così sul nucleo minimo dei loro diritti. Sarebbero, altresì,
violati gli artt. 4, primo comma, 35, primo e secondo comma,
in relazione all'art. 38, terzo comma, Cost., in quanto da
tale violazione deriverebbe l'impossibilità per il disabile
grave di conseguire "il livello di istruzione obbligatoria
prevista", "quello superiore" e "l'avviamento professionale
propedeutico per l'inserimento nel mondo del lavoro".
Le
disposizioni statali sopra indicate sono, inoltre, sospettate
d'illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 10,
primo comma, Cost., in relazione agli artt. 2, 3, 4, 35 e
38 Cost., in quanto si porrebbero in contrasto con "i principi
(recte: norme) di diritto internazionale generalmente riconosciute
a favore dei disabili", nonché con il diritto del disabile
al pieno sviluppo della sua personalità (art. 2), con il principio
di non discriminazione (art. 3), con il diritto all'educazione
e all'inserimento nel mondo del lavoro (art. 38). Infine,
le norme censurate sono ritenute di dubbia compatibilità con
gli artt. 34, primo comma, e 38, terzo e quarto comma, Cost.,
in relazione agli artt. 30, primo e secondo comma, e 31, primo
comma, Cost., in quanto vanificano "per i disabili gravi la
possibilità di accedere alla istruzione in tutte le sue forme
e funzioni e disconosc[ono] gli obblighi in tal senso costituzionalmente
previsti a carico dello Stato anche in funzione suppletiva
della famiglia".
2. - In via preliminare, deve essere respinta l'eccezione
di inammissibilità prospettata dal Presidente del Consiglio
dei ministri sotto il profilo del difetto di rilevanza. La
difesa erariale osserva, infatti, che il comma 413, pur limitando
il numero di posti di insegnanti di sostegno, "impone […]
che venga assicurato lo sviluppo dei processi di integrazione
degli alunni disabili, richiamando gli strumenti e le direttive
individuati" dall'art. 1, comma 605, della citata legge n.
296 del 2006 "e, pertanto, anche mediante compensazioni tra
Province diverse". Il rimettente, invero, nel sollevare la
presente questione di legittimità costituzionale, non ha indicato
i motivi per i quali i suddetti strumenti e, in particolare,
la citata compensazione non sono in grado di dare piena tutela
alla ricorrente nel giudizio a quo. In realtà il giudice rimettente
è chiamato a pronunciarsi su un provvedimento dell'amministrazione
scolastica che, in applicazione delle disposizioni impugnate,
ha negato il riconoscimento delle ore di sostegno inizialmente
accordate, quindi tenendo conto anche degli strumenti alternativi
previsti dalle suddette disposizioni, ivi compreso il citato
meccanismo della compensazione delle province.
2.1.
- Sempre in via preliminare devono essere dichiarate inammissibili
le censure relative alla violazione degli artt. 4, primo comma,
35, primo e secondo comma, Cost., in relazione all'art. 38
Cost., nonché degli artt. 34, primo comma, e 38, terzo e quarto
comma, Cost., in relazione agli artt. 30, primo e secondo
comma, e 31, primo comma, Cost., in quanto non sufficientemente
argomentate, risultando così formulate in modo generico ed
apodittico (ex plurimis ordinanza n. 344 del 2008).
3.
- Nel merito la questione è fondata. Preliminarmente va precisato
che i disabili non costituiscono un gruppo omogeneo.
Vi sono, infatti, forme diverse di disabilità: alcune hanno
carattere lieve ed altre gravi. Per ognuna di esse è necessario,
pertanto, individuare meccanismi di rimozione degli ostacoli
che tengano conto della tipologia di handicap da cui risulti
essere affetta in concreto una persona. Ciascun disabile è
coinvolto in un processo di riabilitazione finalizzato ad
un suo completo inserimento nella società; processo all'interno
del quale l'istruzione e l'integrazione scolastica rivestono
un ruolo di primo piano.
4. - Sotto il profilo normativo, il diritto all'istruzione
dei disabili è oggetto di specifica tutela da parte sia dell'ordinamento
internazionale che di quello interno.
In
particolare, per quanto attiene alla normativa internazionale,
viene in rilievo la recente Convenzione delle Nazioni Unite
sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall'Assemblea
generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, entrata
in vigore sul piano internazionale il 3 maggio 2008 e ratificata
e resa esecutiva dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18,
il cui art. 24 statuisce che gli Stati Parti "riconoscono
il diritto delle persone con disabilità all'istruzione". Diritto,
specifica la Convenzione in parola, che deve essere garantito,
anche attraverso la predisposizione di accomodamenti ragionevoli,
al fine di "andare incontro alle esigenze individuali" del
disabile (art. 24, par. 2, lett. c), della Convenzione).
Quanto
all'ordinamento interno, in attuazione dell'art. 38, terzo
comma, Cost., il diritto all'istruzione dei disabili e l'integrazione
scolastica degli stessi sono previsti, in particolare, dalla
legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate);
legge che, come già osservato da questa Corte, è volta a "perseguire
un evidente interesse nazionale, stringente ed infrazionabile,
quale è quello di garantire in tutto il territorio nazionale
un livello uniforme di realizzazione di diritti costituzionali
fondamentali dei soggetti portatori di handicaps" (sentenza
n. 406 del 1992). In particolare, l'art. 12 della citata legge
n. 104 del 1992 attribuisce al disabile il diritto soggettivo
all'educazione ed all'istruzione a partire dalla scuola materna
fino all'università (comma 2). Questa Corte ha già avuto modo
di precisare che la partecipazione del disabile "al processo
educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce,
infatti, un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire
in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato"
(sentenza n. 215 del 1987).
Pertanto,
il diritto del disabile all'istruzione si configura come
un diritto fondamentale. La fruizione di tale diritto
è assicurata, in particolare, attraverso "misure di integrazione
e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicaps la
frequenza degli istituti d'istruzione" (sentenza n. 215 del
1987). Tra le varie misure previste dal legislatore viene
in rilievo quella del personale docente specializzato, chiamato
per l'appunto ad adempiere alle "ineliminabili (anche sul
piano costituzionale) forme di integrazione e di sostegno"
a favore degli alunni diversamente abili (sentenza n. 52 del
2000).
Sempre
nell'ottica di apprestare un'adeguata tutela dei disabili,
in particolare per quelli che si trovano in una condizione
di gravità, il legislatore, con la legge 27 dicembre 1997,
n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica),
all'art. 40, comma 1, ha previsto la possibilità di assumere,
con contratti a tempo determinato, insegnanti di sostegno
in deroga al rapporto alunni-docenti stabilito dal successivo
comma 3. Il criterio numerico indicato dalla disposizione
da ultimo richiamata è stato poi sostituito con il principio
delle "effettive esigenze rilevate", introdotto dall'art.
1, comma 605, lett. b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2007). Le disposizioni censurate
che prevedono, da un lato, un limite massimo nella determinazione
del numero degli insegnanti di sostegno e, dall'altro, l'eliminazione
della citata possibilità di assumerli in deroga, si pongono
in contrasto con il riportato quadro normativo internazionale,
costituzionale e ordinario, nonché con la consolidata giurisprudenza
di questa Corte a protezione dei disabili fin qui richiamata.
E'
vero che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte,
il legislatore nella individuazione delle misure necessarie
a tutela dei diritti delle persone disabili gode di discrezionalità
(da ultimo, ex plurimis, sentenze n. 431 e 251 del 2008, ordinanza
n. 269 del 2009). Si deve tuttavia riaffermare che, sempre
secondo la giurisprudenza di questa Corte, detto potere discrezionale
non ha carattere assoluto e trova un limite nel "[…] rispetto
di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati"
(sentenza n. 251 del 2008 che richiama sentenza n. 226 del
2000). Risulta, pertanto, evidente che le norme impugnate
hanno inciso proprio sull'indicato "nucleo indefettibile di
garanzie" che questa Corte ha già individuato quale limite
invalicabile all'intervento normativo discrezionale del legislatore.
La scelta operata da quest'ultimo, in particolare quella
di sopprimere la riserva che consentiva di assumere insegnanti
di sostegno a tempo determinato, non trova alcuna giustificazione
nel nostro ordinamento, posto che detta riserva costituisce
uno degli strumenti attraverso i quali è reso effettivo il
diritto fondamentale all'istruzione del disabile grave.
La ratio della norma, che prevede la possibilità di stabilire
ore aggiuntive di sostegno, è, infatti, quella di apprestare
una specifica forma di tutela ai disabili che si trovino in
condizione di particolare gravità; si tratta dunque di un
intervento mirato, che trova applicazione una volta esperite
tutte le possibilità previste dalla normativa vigente e che,
giova precisare, non si estende a tutti i disabili a prescindere
dal grado di disabilità, bensì tiene in debita considerazione
la specifica tipologia di handicap da cui è affetta la persona
de qua. Alla stregua delle considerazioni che precedono, le
disposizioni impugnate si appalesano irragionevoli e sono,
pertanto, illegittime nella parte in cui, stabilendo un limite
massimo invalicabile relativamente al numero delle ore di
insegnamento di sostegno, comportano automaticamente l'impossibilità
di avvalersi, in deroga al rapporto tra studenti e docenti
stabilito dalla normativa statale, di insegnanti specializzati
che assicurino al disabile grave il miglioramento della sua
situazione nell'ambito sociale e scolastico. Restano assorbiti
gli altri profili di censura dedotti dal giudice rimettente.
per questi motivi LA
CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 413, della
legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2008), nella parte in cui fissa un limite massimo al numero
dei posti degli insegnanti di sostegno;
dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 414, della
legge n. 244 del 2007, nella parte in cui esclude la possibilità,
già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere
insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi
di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti
di tutela previsti dalla normativa vigente.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 22 febbraio 2010.
F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Maria Rita SAULLE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il
26 febbraio 2010.
Il
Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA
 
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