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18 maggio 2010
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Politici che istigano all'odio : Corte dei Diritti su caso le Pen
di Gabriella Mira Marq

La Corte dei diritti dell'uomo ha respinto la richiesta del leader del Fronte Nazionalista francese Jean-Marie Le Pen di sanzionare la Francia per avergli comminato una ammenda per le sue affermazioni all'indirizzo dell'Islam.

Nel 2005, Le Pen era stato multato con 10.000 € da un tribunale di primo grado per "incitamento alla discriminazione, odio e violenza nei confronti di un gruppo di persone a causa della loro origine o della loro appartenenza o non appartenenza ad una determinata etnia, nazione, razza o religione", a causa delle sue affermazioni a proposito dei Musulmani in Francia, in un'intervista al quotidiano Le Monde. Aveva affermato, tra l'altro, che "il giorno che non ci saranno solo piu' di 5 milioni ma 25 milioni di Musulmani in Francia, essi saranno al potere".

La Corte d'appello di Parigi ribadiva la condanna nel 2008, dopo che Le Pen aveva commentato l'ammenda iniziale, nei seguenti termini, sul settimanale Rivarol: "Quando dico alla gente che quando avremo 25 milioni di Musulmani in Francia saremo Francesi che dovranno controllare ogni passo, spesso rispondono: 'Ma Le Pen, questo avviene già adesso!', e hanno ragione." La Corte d'appello ha ritenuto che i commenti di Le Pen sul giornale suggeriscono che la sicurezza della popolazione francese, le cui reazioni presumibilmente saranno andate oltre le sue stesse dichiarazioni offensive, dipendesse dal suo rifiuto della comunita' musulmana ed ha dichiarato che la liberta' di espressione del ricorrente non consentiva alcuna giustificazione per dichiarazioni che erano un incitamento alla discriminazione, all'odio o alla violenza verso un gruppo di persone.

Nel 2009 la Corte di Cassazione respingeva il ricorso presentato da Le Pen e nel quale egli sosteneva che le sue affermazioni non erano un invito esplicito all'odio o alla discriminazione, ne' riguardavano i Musulmani a causa della loro religione, poiche' il riferimento all'Islam intendeva colpire una dottrina politica e non una fede religiosa.

Per la Corte dei diritti dell'uomo, l'interferenza delle autorita' con la liberta' di espressione di Le Pen, nella forma di una condanna penale, era prevista dalla legge e aveva perseguito il legittimo obiettivo di proteggere la reputazione o i diritti altrui. La Corte di Strasburgo ha ribadito di attribuire la massima importanza alla liberta'di espressione nel contesto del dibattito politico in una societa' democratica, e che la liberta' di espressione va applicata non solo alle "informazioni" o alle "idee" che siano accolte favorevolmente, ma anche a quelle che offendono, sconvolgono o disturbano. Inoltre, chi sia impegnato in un dibattito su una questione di interesse pubblico potrebbe ricorrere a un certo grado di esagerazione, o anche provocazione, facendo pero' salvi la reputazione e il rispetto dei diritti altrui.

Nel caso che l'interessato sia un rappresentante eletto, come il ricorrente, che rappresentando i suoi elettori abbia espresso le loro preoccupazioni e difeso i loro interessi, la Corte ha esercitato la massima vigilanza sulle interferenze con la sua liberta' di espressione. Ma in questo caso, le dichiarazioni del ricorrente erano state fatte nel contesto di un dibattito generale sui problemi legati all'accoglienza e integrazione degli immigrati nei paesi ospitanti. Peraltro, l'entita' variabile dei problemi in questione, che potrebbe a volte generare malintesi e incomprensioni, rende necessario lasciare agli Stati una notevole discrezionalita' nel valutare la necessita' di interferenze con la liberta' di espressione di una persona.

In questo caso, peraltro, le osservazioni di Le Pen avevano certamente presentato la "comunita' musulmana" nel suo complesso in una luce inquietante che potrebbe dare luogo a sentimenti di rifiuto e ostilita'. Egli infatti aveva posto i Francesi da una parte contro una comunita' le cui convinzioni religiose sono state esplicitamente citate e la cui rapida crescita e' stata presentata come una gia' latente minaccia alla dignita' e alla sicurezza del popolo francese.

Per i giudici europei, le ragioni addotte dai tribunali nazionali per condanna del ricorrente erano state quindi pertinenti e sufficienti e la sanzione inflitta non era sproporzionata. La Corte dei diritti ha quindi constatato che l'interferenza con il godimento del ricorrente del suo diritto alla liberta' di espressione era stata "necessaria in una società democratica", respingendo la richiesta di Le Pen.

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