Politici
che istigano all'odio : Corte dei Diritti su caso le Pen
di
Gabriella Mira Marq
La
Corte dei diritti dell'uomo ha respinto la richiesta del leader
del Fronte Nazionalista francese Jean-Marie Le Pen di sanzionare
la Francia per avergli comminato una ammenda per le sue affermazioni
all'indirizzo dell'Islam.
Nel
2005, Le Pen era stato multato con 10.000 € da un tribunale
di primo grado per "incitamento alla discriminazione, odio
e violenza nei confronti di un gruppo di persone a causa della
loro origine o della loro appartenenza o non appartenenza
ad una determinata etnia, nazione, razza o religione", a causa
delle sue affermazioni a proposito dei Musulmani in Francia,
in un'intervista al quotidiano Le Monde. Aveva affermato,
tra l'altro, che "il giorno che non ci saranno solo piu' di
5 milioni ma 25 milioni di Musulmani in Francia, essi saranno
al potere".
La
Corte d'appello di Parigi ribadiva la condanna nel 2008, dopo
che Le Pen aveva commentato l'ammenda iniziale, nei seguenti
termini, sul settimanale Rivarol: "Quando dico alla gente
che quando avremo 25 milioni di Musulmani in Francia saremo
Francesi che dovranno controllare ogni passo, spesso rispondono:
'Ma Le Pen, questo avviene già adesso!', e hanno ragione."
La Corte d'appello ha ritenuto che i commenti di Le Pen sul
giornale suggeriscono che la sicurezza della popolazione francese,
le cui reazioni presumibilmente saranno andate oltre le sue
stesse dichiarazioni offensive, dipendesse dal suo rifiuto
della comunita' musulmana ed ha dichiarato che la liberta'
di espressione del ricorrente non consentiva alcuna giustificazione
per dichiarazioni che erano un incitamento alla discriminazione,
all'odio o alla violenza verso un gruppo di persone.
Nel
2009 la Corte di Cassazione respingeva il ricorso presentato
da Le Pen e nel quale egli sosteneva che le sue affermazioni
non erano un invito esplicito all'odio o alla discriminazione,
ne' riguardavano i Musulmani a causa della loro religione,
poiche' il riferimento all'Islam intendeva colpire una dottrina
politica e non una fede religiosa.
Per
la Corte dei diritti dell'uomo, l'interferenza delle autorita'
con la liberta' di espressione di Le Pen, nella forma di una
condanna penale, era prevista dalla legge e aveva perseguito
il legittimo obiettivo di proteggere la reputazione o i diritti
altrui. La Corte di Strasburgo ha ribadito di attribuire la
massima importanza alla liberta'di espressione nel contesto
del dibattito politico in una societa' democratica, e che
la liberta' di espressione va applicata non solo alle "informazioni"
o alle "idee" che siano accolte favorevolmente, ma anche a
quelle che offendono, sconvolgono o disturbano. Inoltre, chi
sia impegnato in un dibattito su una questione di interesse
pubblico potrebbe ricorrere a un certo grado di esagerazione,
o anche provocazione, facendo pero' salvi la reputazione e
il rispetto dei diritti altrui.
Nel
caso che l'interessato sia un rappresentante eletto, come
il ricorrente, che rappresentando i suoi elettori abbia espresso
le loro preoccupazioni e difeso i loro interessi, la Corte
ha esercitato la massima vigilanza sulle interferenze con
la sua liberta' di espressione. Ma in questo caso, le dichiarazioni
del ricorrente erano state fatte nel contesto di un dibattito
generale sui problemi legati all'accoglienza e integrazione
degli immigrati nei paesi ospitanti. Peraltro, l'entita' variabile
dei problemi in questione, che potrebbe a volte generare malintesi
e incomprensioni, rende necessario lasciare agli Stati una
notevole discrezionalita' nel valutare la necessita' di interferenze
con la liberta' di espressione di una persona.
In
questo caso, peraltro, le osservazioni di Le Pen avevano certamente
presentato la "comunita' musulmana" nel suo complesso in una
luce inquietante che potrebbe dare luogo a sentimenti di rifiuto
e ostilita'. Egli infatti aveva posto i Francesi da una parte
contro una comunita' le cui convinzioni religiose sono state
esplicitamente citate e la cui rapida crescita e' stata presentata
come una gia' latente minaccia alla dignita' e alla sicurezza
del popolo francese.
Per
i giudici europei, le ragioni addotte dai tribunali nazionali
per condanna del ricorrente erano state quindi pertinenti
e sufficienti e la sanzione inflitta non era sproporzionata.
La Corte dei diritti ha quindi constatato che l'interferenza
con il godimento del ricorrente del suo diritto alla liberta'
di espressione era stata "necessaria in una società democratica",
respingendo la richiesta di Le Pen.
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