NEW del 16 febbraio 2006

 
     

Crocifisso nelle aule , valori fondamentali e laicita' dello Stato
di Rita Guma

Strana la sentenza del Consiglio di Stato che autorizza a lasciare il crocifisso sulle pareti delle aule. Strana perche' non usa la giurisprudenza per tale conclusione e strana perche' usa un'argomentazione ipotetica e che comunque di fatto contraddice se stessa.

Secondo le prime anticipazioni, infatti, la Corte ha concluso che il crocifisso puo' restare nelle aule scolastiche non perché sia una ''suppellettile'' o un ''oggetto di culto'', ma perché ''è un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili'' (tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti, etc) che hanno un'origine religiosa, ma ''che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato''.

E ancora, si tratta di ''quei valori che soggiacciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento del nostro convivere civile. In tal senso il crocifisso potrà svolgere, anche in un orizzonte 'laico', diverso da quello religioso che gli è proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni'' (che magari non ne professano alcuna, ipotesi non presa proprio in considerazione).

Ma in altro passaggio i magistrati affermano che l'esposizione del crocifisso "sarà giustificata ed assumera' un significato non discriminatorio sotto il profilo religioso, SE esso e' in grado di rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile ed intuibile (al pari di ogni simbolo), valori civilmente rilevanti''. C'e' appunto un SE, molto soggettivo.

Per chi sia non cristiano, infatti, quel simbolo significa tutt'altro che valori. Infatti rappresenta un uomo orribilmente trafitto e incoronato di spine, un uomo che peraltro i testi relativi affermano essere innocente. Un simbolo di tortura, ingiustizia e violazione degli elementari diritti umani, dunque, non certo di affermazione di quei diritti. Solo da credente, infatti, si vede il crocifisso come ricordo del figlio di Dio venuto a salvare gli uomini e ad affermare quindi tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, diritti, etc.

Peraltro questi principi non hanno - come si continua invece a dire negli ultimi tempi e come suggerisce la sentenza in oggetto - origine religiosa, ma sono insiti anche in chi non creda, o in chi voglia osservare semplicemente i precetti per cui una societa' organizzata non si trasformi in un coacervo di disparita' e di prevaricazione, nel qual caso non potrebbe dirsi civile. Sarebbe ben triste se occorresse ubbidire ad un principio di rispetto della dignita' umana solo perche' lo ha sancito-imposto un 'essere superiore' o per lo scopo interessato di conquistare il paradiso, che si sia credenti o meno. Io mi sentirei come il cane di Pavlov.

Penso invece che anche un credente in qualsiasi religione possa sentirsi libero di scegliere il bene e il male e che il 'premio' eterno possa essere come la medaglia al valore: non compio un atto di eroismo per ottenerla, la ottengo per aver compiuto un atto di eroismo. Questa digressione per spiegare che rispetto pienamente ogni credo (anche quello nel niente), ma credo anche nell'autodeterminazione dell'uomo e nel fine disinteressato del bene, che si autogiustifica.

Tornando al crocifisso, posto per quanto sopra che esso non rappresenta dei valori se non per i credenti, concludo che i giudici che hanno emesso la sentenza fossero tutti credenti (altrimenti qualche problema se lo sarebbero posto) e parlano infatti di "trascendentale fondazione" dei valori richiamata dal crocifisso, cioe' presuppongono di fatto l'esistenza di un 'trascendente'.

Peraltro non sono sicura che tanti credenti veri (non i vari politici credenti per convenienza ma miscredenti nei fatti) siano poi tanto soddisfatti nel veder considerare un proprio simbolo religioso una mera espressione di valori civili, per quanto fondamentali. E viceversa non credo che sia tanto un problema di non urtare la sensibilita' religiosa di chi la pensi diversamente, ma di sancire la separazione dello Stato dalla Chiesa e dalla religione, anche ove vi siano in una classe della scuola pubblica tutti cristiani.

Per quanto riguarda invece la giurisprudenza, credo che - chiamatasi fuori la Corte Costituzionale perche' non ha giurisdizione sui regolamenti, ed espressasi con il parere di cui all'oggetto il massimo organo amministrativo italiano - ci si potrebbe attendere una risposta adeguata e risolutiva della materia solo dalla Corte dei Diritti dell'uomo.

Ricordo infatti che l'Italia ha sottoscritto la Convenzione europea per i diritti dell'uomo, che impegna le parti contraenti a rispettare diritti quali: "la libertà di pensiero, di coscienza e di religione..." senza restrizioni eccetto quelle stabilite dalla legge "per la pubblica sicurezza... o per la protezione dei diritti e della libertà altrui" e "senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche" e "senza nessuna discriminazione".

Qui mi sembra che la discriminazione ci sia (solo il crocifisso rappresenta valori?) e l'interferenza dello Stato pure.

Speciale con i dossier Crocifisso e Maometto

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