20 marzo 2009

 
     

Intercettazioni : il CSM sul ddl Alfano , rischi anche per la difesa
di Mauro W. Giannini

La prospettiva difensiva è stata del tutto dimenticata nel ddl Alfano sulle intercettazioni. Il divieto di uso delle intercettazioni e' infatti esteso anche a quello dei tabulati e non solo da parte del PM, ma anche - per parita' - da parte della difesa, a meno che non vi siano "gravi indizi di colpevolezza". Dunque "la natura stessa di tale accertamento, orientato ad acquisire documentazione di fatti già accaduti, rende particolarmente 'frustrante' il limite introdotto all’acquisizione e la posizione dell’indagato che sappia di essere in condizione di dimostrare l’effettuazione di una telefonata 'decisiva' e non possa ottenere l’acquisizione di un tale riscontro."

E' una delle osservazioni contenute nell'analisi svolta dal CSM riguardo al ddl Alfano sulle intercettazioni al fine di esprimere un proprio parere al parlamento sulla controversa materia. Questa particolare osservazione dovrebbe allarmare gli organismi dell'avvocatura, in via generale favorevoli ai principi ispiratori del ddl ed in particolare agli articoli che limitano i casi in cui si possa procedere ad intercettazioni e le possibilita' di pubblicazione delle trascrizioni delle stesse.

Proseguendo la sua analisi, il Consiglio Superiore della Magistratura nota che, mentre l’attuale formulazione dell’articolo 267 prescrive che, per poter autorizzare l’intercettazione, è necessario che vi siano gravi indizi di reato, e tale formula era stata conservata dalla prima versione della progettata modifica, la seconda versione dell’emendamento governativo "modifica tale formula richiedendo la sussistenza anziché di gravi indizi di reato, di gravi indizi di colpevolezza. Si tratta di una modificazione radicale dello strumento investigativo: per poterlo impiegare non sarà più sufficiente neppure la prova certa del fatto-reato, ma sarà anche necessario che già vi siano gravi indizi a carico di un determinato soggetto".

Percio', "Le intercettazioni non si dovrebbero più effettuare per scoprire gli autori di omicidi, violenze sessuali, rapine o altri reati gravi e gravissimi per i quali – come frequentemente accade – il fatto sia immediatamente noto e certo, mentre assolutamente ignoto (e quindi da scoprire con investigazioni necessariamente esplorative) ne sia l’autore. Il ritrovamento di un cadavere e l’evidenza che si tratta di una persona uccisa non sarebbero più sufficienti per autorizzare le intercettazioni per avviare le indagini, essendo necessario anche aver già individuato il possibile autore ed aver già raggiunto nei suoi confronti un livello del quadro indiziario specifico e congruo, tale comunque da poter essere ritenuto sostanzialmente idoneo a richiedere l’adozione di una misura cautelare personale, in presenza delle condizioni di cui all’art. 274 c.p.p., ovvero da poter consentire al PM di approdare alla chiusura delle indagini stesse".

Il ddl poi, spiega il CSM, introduce una stretta che "elimina con un tratto la quasi totalità delle intercettazioni ambientali, anche perché la dizione utilizzata dal legislatore - che ripercorre quella attualmente in vigore, ma limitata ai luoghi di privata dimora o equiparati - fa riferimento allo svolgimento 'attuale' dell’attività criminosa, non al 'potenziale' svolgimento della stessa; l’effettuazione dell’intercettazione dovrà, quindi, fondarsi, come attualmente avviene per le eccezionali occasioni di intercettazioni ambientali in luoghi di privata dimora, su elementi concreti che indichino che in quella specifica occasione sia stia svolgendo l’attività criminosa. Il tipo di espressione utilizzata ha reso attualmente l’intercettazione ambientale in luogo di privata dimora in concreto pressocchè inutilizzata (se non per la materia della criminalità organizzata, che oggi gode di una disciplina di maggiore larghezza sul punto e che, peraltro, nel nuovo testo ricadrebbe, invece, sotto la medesima prescrizione).

Inoltre, l’art. 4 del disegno di legge, attribuendo il potere autorizzatorio al tribunale distrettuale in formazione collegiale, "determina gravi inconvenienti". Infatti, oggi, per poter effettuare intercettazioni, è necessario che sussistano indizi di reato e tali indizi debbono essere gravi ovvero sufficienti a seconda che si tratti di reati comuni ovvero di reati di criminalità organizzata. Occorre anche che l’intercettazione richiesta sia assolutamente necessaria per la prosecuzione delle indagini. L’autorizzazione viene chiesta dal PM al GIP, ma nei casi di urgenza il PM può procedere immediatamente salvo a chiedere al GIP entro 24 la convalida e l’autorizzazione alla prosecuzione. L’intercettazione non può durare più di 15 ovvero di 40 giorni a seconda del tipo di reato, ma l’autorizzazione può essere prorogata per periodi di uguale durata senza alcuna limitazione al numero dei rinnovi, fino alla conclusione delle indagini preliminari.

Con la nuova norma, si determinerebbe invece in alcuni Tribunali minori la quasi impossibilita' di ottenere l'autorizzazione per il sistema delle incompatibilita'. Un'obiezione condivisa dall'Organismo Unitario dell'Avvocatura, secondo cui "va ripensato l’affidamento della competenza ad autorizzare le intercettazioni al Tribunale in composizione collegiale, poiché, per il sistema delle incompatibilità (il giudice che ha conosciuto gli atti in fase di indagine non può poi giudicare nel processo) si rischia, soprattutto nei tribunali minori, di non poter formare collegi giudicanti". Ma, secondo il CSM, un notevole problema sarebbe anche la saturazione del sistema in diversi distretti.

Inoltre, spiega il parere del CSM, con le nuove modalita', "il trasferimento ed il ritiro degli atti necessari per l’autorizzazione all’intercettazione, oltre all’evidente aggravio di costi e di impegno, pone fortissimi interrogativi sulla tenuta della segretezza degli atti di indagine. È ben noto, infatti, che sia il fax che la posta elettronica - allo stato non assistita da necessarie garanzie di autenticità - non possono essere utilizzati per una siffatta circolazione di documenti, in quanto non sono ritenuti sicuri per la garanzia della segretezza degli atti e per la tutela della privacy delle persone".

Quindi, "in mancanza di alternative telematiche, è facile immaginare che le Procure dovrebbero spedire materialmente le richieste con il fascicolo contenente tutti gli atti d’indagine compiuti. Appare evidente lo spreco di personale, di risorse e di energie che ciò comporterebbe. Specie in presenza delle ben note carenze di organico già pesantemente avvertite in tutti gli uffici giudiziari, questo ulteriore aggravio non valica solo i limiti della razionalità, ma in taluni casi oltrepassa anche quelli della materiale possibilità. Sembra poi evidente - secondo il CSM - che tale sistema di trasmissione, non può che far accrescere i rischi di indebita conoscenza del contenuto degli atti di indagine con evidenti riflessi sulla salvaguardia della segretezza degli stessi".

Inoltre, dato che "La modifica progettata prevede poi che l’intercettazione può essere autorizzata solo se essa sia assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini e se sussistano altresì 'specifiche e inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede, fondate su elementi espressamente e analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento e frutto di un'autonoma valutazione da parte del giudice'... risulta irragionevolmente limitativa la prescrizione secondo cui le esigenze di indagine che determinano la necessità dell’intercettazione non possano essere desunte esclusivamente da altre intercettazioni. Se infatti da una conversazione telefonica intercettata risulta che un determinato delitto è stato commesso da un terzo, non si vede perché questo non possa essere sufficiente ad autorizzare l’intercettazione delle telefonate di quest’ultimo".

Problemi nascerebbero anche con la nuova disciplina sulla durata delle intercettazioni. Infatti essa "impone di porre termine alle intercettazioni, dopo un breve arco di tempo vale a dire trenta giorni prorogabili per altri trenta giorni in presenza di particolari requisiti, anche se esse siano ancora (o addirittura inizino ora ad essere) indispensabili ai fini delle indagini. Ora, vi è da osservare che per la gran parte dei reati per i quali si procede allo svolgimento proficuo delle indagini anche attraverso le intercettazioni, la fissazione di termini così limitati non corrisponde alla realtà e pone gli uffici di procura e le forze di polizia nella evidente difficoltà di svolgere seriamente il lavoro investigativo. La prospettiva che viene così aperta - sottolinea il CSM - è di vanificare gli sforzi investigativi delle forze dell’ordine e d’indagine degli uffici di procura, a causa di un ostacolo formale non rapportato alla reale esigenza di assicurare completezza all’attività d’indagine funzionale al vaglio processuale delle prove".

Inoltre, nota il documento del CSM, "per quanto attiene alla acquisizione dei 'tabulati telefonici' vi è quanto meno un’imprecisione o un difetto di coordinamento con riferimento alla procedura allargata stabilita per i procedimenti di criminalità organizzata e terrorismo, contenuta nella 'nuova' formulazione dell’art. 267 prevista dall’art. 4 del Disegno di legge; infatti il comma 3-bis introdotto da tale norma prevede che la procedura più ampia prevista per i reati di criminalità organizzata e terrorismo sia utilizzabile 'Quando l’intercettazione è necessaria' per lo svolgimento di tale genere di indagini, lasciando intendere che tale procedura allargata sia riferibile alle sole intercettazioni, sebbene più avanti la stessa norma mostri di riferirsi a tutte 'le operazioni previste nell’articolo 266'".

Ma non basta: "Col riferimento, poi, alla 'intercettazione… di immagini mediante riprese visive', sembra che con l’intervento in esame il legislatore abbia l’intenzione di sottoporre alla disciplina delle intercettazioni anche le riprese di immagini acquisite in luoghi diversi da quelli privati o addirittura in luoghi pubblici (il portone di un condominio o addirittura un tratto di strada, ecc.). Invero la norma in esame sembra introdurre la necessità che siano autorizzate tutte le attività di intercettazioni mediante riprese visive e non soltanto quelle che avvengano in luogo di privata dimora. All’attualità, in relazione ai luoghi diversi da quelli di privata dimora e ancor più per i luoghi pubblici o aperti al pubblico, la giurisprudenza ritiene che l’effettuazione di riprese da parte degli organi di investigazione possa essere legittima e utilizzabile nel processo penale a determinate condizioni".

"Si ritiene, infatti - spiega il Consiglio Superiore della Magistratura - che le semplici riprese visive (diverse da quelle che siano comunque finalizzate ad acquisire flussi di comunicazioni o informazioni, nel qual caso sono da ritenere già attualmente sottoposte alla disciplina delle intercettazioni) non appartengano al genus delle intercettazioni, ma a quello delle “prove documentali”, collocandole, caso mai, nell’ambito delle “prove atipiche”. Pertanto, tali riprese incontrano il limite della tutela della libertà domiciliare fissato nell’art. 14 Cost. e sono pacificamente consentite quando effettuate in luoghi non soggetti a tale tipo di tutela: è, ad esempio, possibile effettuare, con efficacia ed utilizzabilità processuale, riprese videofilmate di un tratto di strada, dell’ingresso di un portone o all’interno di un locale pubblico, ecc".

Ma questi sono solo alcuni dei rilievi del CSM sul ddl sulle intercettazioni ed emendamenti successivi (vedi tutto il documento in pdf).

Speciale giustizia

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