19 giugno 2008

 
     

Corte diritti dell'uomo : negare licenza TV viola libera espressione
di Gabriella Mira Marq

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che il rifiuto di concedere licenze di trasmissione radiotelevisiva costituisce una violazione dell'articolo 10 della Convenzione europea sui diritti umani, in quanto viola la liberta' di espressione. Il caso, che riguardava l'Armenia, si puo' applicare estensivamente a tutti i Paesi firmatari della Convenzione, e quindi anche all'Italia, in quanto le sentenze della Corte fanno giurisprudenza.

La Corte ha affermato all'unanimita' che vi era stata una violazione dell'articolo 10 (libertà di espressione) della Convenzione europea sui diritti umani riguardo al rifiuto delle autorità armene "di concedere le richieste licenze di trasmissione radiotelevisiva". Ai sensi dell'articolo 41 (giusta soddisfazione) della Convenzione, la Corte ha assegnato la società ricorrente 20.000 euro per danno non patrimoniale e 10.000 euro per costi e spese, ma cio' che e' rilevante e' l'affermazione del principio.

I ricorrenti, nel caso specifico, erano Meltex Ltd, una società indipendente di radiodiffusione operante dal 1995 con sede a Yerevan (Armenia), e il suo presidente, Mesrop Movsesyan e riguardava ben sette rifiuti ricevuti dall'autorita' di fornire licenze per la radiodiffusione. Nel gennaio 1991 Movsesyan aveva istituito A1 +, la prima televisione indipendente in Armenia, ampiamente riconosciuta come una delle poche voci indipendenti in armeno. Il contenuto dei suoi programmi spazia dall'analisi delle notizie internazionali e nazionali alla pubblicita' e a vari programmi di intrattenimento.

Durante la corsa per le elezioni presidenziali del 1995, A1 + si era rifiutata di trasmettere solo propaganda governativa e, di conseguenza, la sua licenza di radiodiffusione era stata sospesa. Movsesyan successivamente ha fondato la Meltex Ltd e, all'interno di tale struttura, ha lanciato nuvamente la rete A1 +. Nel gennaio 1996 Meltex ha aperto una scuola per la formazione di giornalisti, cameramen e tecnici, che sono stati assunti in seguito non solo alle dipendenze Meltex ma anche di altre societa' televisive.

Nel mese di gennaio 1997, a Meltex e' stata concesso una licenza di cinque anni per la radiodiffusione, ma - a seguito di modifiche legislative sulle trasmissioni radiofoniche e televisive introdotte nel 2000-2001 - e' stata istituita la Commissione Nazionale sulla Televisione e sulla Radio, un organismo pubblico composto di nove membri nominati dal Presidente dell'Armenia, cui e' stata affidata la concessione di licenze e la sorveglianza su televisioni e radio private.

Essa ha bandito delle gare per varie frequenze, comprendendo anche quella su cui operava gia' la Meltex e nel 2002 ha stabilito che un'altra compagnia si era aggiudicata quelle frequenze, senza addurre alcun motivo per la sua decisione. Tra maggio e dicembre 2003 Meltex ha partecipato ad offerte pubbliche di acquisizione di altre sette bande, ogni volta senza successo e senza ottenere una spiegazione adeguata per il rifiuto della concessione. I tribunali armeni hanno respinto le domande della Meltex, constatando che i bandi di gara relativi a quelle sette bande erano stati effettuati in conformita' alla legge.

I ricorrenti si sono allora rivolti alla Corte europea dei diritti dell'uomo richiamando l'art. 10 (diritto alla liberta' di espressione). La Corte ha rilevato che il rifiuto della Commissione armena delle offerte pubbliche di acquisto di licenze di trasmissione radiotelevisiva da parte di Meltex era effettivamente giudicabile una "interferenza" con la sua liberta' di diffondere informazioni e idee. La Corte ha osservato che - sebbene le operazioni di gara si fossero svolte in conformita' alla legge armena e le udienze fossero state pubbliche - le decisioni della Commissione non erano state motivate, quindi Meltex e il pubblico in generale non hanno avuto alcun modo di sapere su quale base la Commissione aveva esercitato il suo potere discrezionale di rifiutare una licenza.

La Corte ha ritenuto che una procedura che non chiariva i criteri di scelta per giustificare le sue decisioni non forniva adeguata protezione contro interferenze arbitrarie da parte di un'autorita' pubblica con il diritto fondamentale alla liberta' di espressione. La Corte ha fra l'altro ricordato le linee guida adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa nel campo della radiodiffusione che chiede una applicazione aperta e trasparente dei regolamenti che disciplinano le procedure per le licenze e, in particolare, ha raccomandato che "le decisioni prese ... da parte delle autorità di regolamentazione ... siano debitamente motivate".

Entusiastico il commento alla sentenza del segretario generale del Consiglio d'Europa, Terry Davis, secondo cui "La televisione è una parte molto influente dei media. Le decisioni degli organismi di regolamentazione in materia di aggiudicazione, rifiuto o revoca di una licenza di trasmissione possono avere un impatto diretto sulla liberta' di espressione e quindi sul funzionamento della democrazia".

Davis ricorda che "Tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa sono obbligati per legge a rispettare la Convenzione europea sui diritti umani. Essi dovrebbero farlo senza che gli vengano ricordate le loro responsabilita' da parte della Corte europea dei diritti umani. La decisione della Corte e' una vittoria per la liberta' di espressione. Essa dovrebbe inoltre servire da lezione a tutti i governi inclini ad interpretazioni arbitrarie dell'articolo 10 della Convenzione europea sui diritti umani, che garantisce questa liberta' fondamentale".

E' da rilevare l'analogia con il caso italiano dell'imprenditore Di Stefano, titolare di Europa 7, l'emittente TV che da dieci anni non puo' trasmettere in quanto le frequenze ad essa assegnata sono occupate da Rete 4. In merito si e' pronunciata la Corte Costotuzionale e il Consiglio di Stato, mentre la Corte di giustizia UE ha condannato l'Italia per il mancato rispetto del diritto comunitario.

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