16 gennaio 2008

 
     

Sandra Mastella arrestata , ma e' tutta colpa della magistratura
di Rita Guma

Le dimissioni del ministro della giustizia Clemente Mastella (prontamente respinte da Romano Prodi), non sono sembrate alla fin fine, un doveroso atto istituzionale, date alcune dichiarazioni del ministro stesso alla Camera, ma piuttosto sono apparse un gettare la spugna di fronte a presunte pressioni verso di lui concretizzatesi con un atto giudiziario verso un membro della sua famiglia.

Queste (estrapolate) sono infatti alcune affermazioni del ministro in merito: "Vi parlo però, onorevoli colleghi, con il dolore nel cuore di chi sa che, a causa del suo impegno pubblico, delle sue profonde convinzioni e delle sue idealità si trova ad essere colpito negli affetti più profondi, incredulo ed impotente... Ora però, rispetto a componenti di un ordine che disinvoltamente hanno il vantaggio - perché non riconoscerlo - di poter fare e poter decidere i tuoi destini, prescindendo dalla tua volontà e dai tuoi comportamenti, rispetto all'imprevedibile apertura di varchi che toccano i miei affetti, la mia famiglia e mia moglie, getto la spugna... Così come è altrettanto vile ed ignobile prendere in ostaggio mia moglie... Mi dimetto dunque, onorevoli colleghi, mi dimetto perché tra l'amore per la mia famiglia e il potere scelgo il primo... Mi dimetto sapendo che un'ingiustizia enorme è la fonte inquinata di un provvedimento perseguito con ostinazione da un procuratore che l'ordinamento manda a casa per limiti di mandato e per questo me ne addebita la colpa. Colpa che invece non ravvisa nell'esercizio domestico delle sue funzioni per altre vicende che lambiscono suoi stretti parenti e delle quali è bene che finalmente il CSM se ne occupi per dignità".

Sull'incompatibilita' fra il suo ruolo istituzionale e la nuova situazione giudiziaria della moglie, e' vero, il guardasigilli ha dichiarato (anche qui si tratta di stralci): "Per questo non posso consentirmi, proprio per questo ostaggio, né torsioni né movimenti scomposti che apparirebbero, lo so, come irregolari e non in linea con il rispetto che si ha di un giudizio di cui si è serenamente in attesa... Avrei potuto operare sottili distinguo giuridici, restando al mio posto. Mi dimetto per essere più libero umanamente e politicamente... Mi dimetto per senso dello Stato e lo faccio senza tentennamenti".

Tuttavia le successive considerazioni del ministro - pur salvaguardando a parole la maggior parte dei magistrati dalle critiche - sono apparse una 'dichiarazione di guerra' alla magistratura tutta. Sempre estrapolando: "Oggi tocca a me, in precedenza è toccato ad altri, tocca ai cittadini italiani per questo potere straordinario, che un ordine, rispetto ad altri, ha stabilito per sé... Questo piano di valutazione ideologica non è il mio e appartiene, per fortuna, ad una componente minoritaria - lo riconosco - della magistratura. Si tratta di un giustizialismo che ho combattuto ma che ha fatto capolino negli ultimi tempi della storia giudiziaria italiana nel nostro Paese e che è soltanto intento a decretare l'umiliazione umana, mediatica e politica di chi è contro di loro. E qualora questo pacchetto di mischia, come in questo caso, si fosse sbagliato chi ripagherà un domani la mia famiglia e la mia famiglia politica di questa umiliazione subita e le tante famiglie italiane, centinaia di migliaia, che subiscono queste umiliazioni e queste ferite?..."

E ancora "Nessuno si illuda, però, da altre postazioni continuerò e continueremo a combattere la nostra battaglia con un'esperienza e con delle ferite in più, consapevoli di essere arrivati al vero nodo della democrazia, lo scontro sotterraneo e violentissimo tra i poteri,... Mi dimetto, riaprendo la questione delle intercettazioni, assai spesso manipolate, a volte estrapolate ad arte... nel corso di questa mia attività istituzionale intensa, ho trovato una stragrande maggioranza di magistrati seri ed imparziali, ma mi sono imbattuto anche in alcuni che fanno del pregiudizio, soprattutto contro la politica e i politici, la ragione di vita della loro attività professionale. Come ci si può difendere, però, da questi ultimi, il cui potere d'interdizione, di vita e di morte e di delegittimazione appare senza confini?... Mi dimetto, dunque, per aprire una questione fondamentale di emergenza democratica tra la politica e la magistratura".

Anche se per la specifica vicenda Lonardo richiamiamo il principio della presunzione di innocenza (dell'accusata, ma pure del magistrato!), riteniamo che queste considerazioni rendano il ministro incompatibile con la carica, cosi' come lo e' giustamente Clementina Forleo a giudicare la terrorista compagna di quelli gia' da lei assolti. Non e' interesse del cittadino, infatti, avere un ministro della giustizia che abbia ruggini personali dichiarate contro la "categoria" dei magistrati, che non sono tutti uguali, e' vero (sugli oltre 8.000 ce ne sono di inetti e di capaci, di nullafacenti e di operosi, di corretti e di scorretti, tutti pero' sanzionabili e spesso sanzionati dal CSM), ma che per questo - e per rispetto all'Istituzione - non possono essere accomunati in una prospettiva negativa.

Non e' interesse del cittadino perche' spesso il magistrato e' il suo solo baluardo contro il potente, e' l'unico cui la legge dia la facolta' e il potere di opporsi - prove alla mano - a corruttele e mafie trasversali di ogni tipo che schiacciano i cittadini indifesi. Questo spiega il pronto sostegno trasversale dei politici alla colpevolizzazione del magistrato in questione ed all'esigenza di limitare il raggio d'azione della magistratura tutta. Osserviamo infatti che non ci sono (salvo eccezioni delle quali peraltro i politici non si curano) le centinaia di migliaia di famiglie italiane intercettate di cui favoleggia Mastella e le cui storie vengono sbattute in prima pagina, ma alcune centinaia di storie di politici, questo si'. Tuttavia, a fronte di eventuali errori o presunte persecuzioni politiche che risolvano le inchieste in bolle di sapone, ci sono decine di milioni di cittadini che hanno diritto di sapere.

Ora, io non so se l'inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere sia fondata e se il provvedimento nei confronti di Sandra Lonardo Mastella sia adeguatamente motivato e proporzionato, ma non lo sanno nemmeno i parlamentari ed altri esponenti politici che si sono invece mostrati a sostegno di Mastella e - direttamente o indirettamente - della sua teoria del complotto. Tuttavia noi cittadini vorremmo saperlo e continuare ad avere notizie ed informazioni il piu' ampie possibili su politici che il piu' delle volte (con la nuova legge elettorale sicuramente in parlamento, ma spesso anche negli enti locali), piu' che proposti dai partiti ormai vengono imposti. E vorremmo saperlo a maggior ragione qualora potessimo davvero scegliere fra costoro. Cosi' pure e' giusto sapere se vi sono inchieste che finiscono nel nulla, cosicche' il pubblico possa rendersi conto di come viene svolta l'attivita' giudiziaria, cosa impossibile se tutto restasse avvolto nel silenzio.

Anche la Corte Europea dei diritti dell'uomo, con sentenza del 7 giugno 2007 sulla pubblicazione delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche relative a fatti di pubblico interesse (nella fattispecie un gigantesco scandalo politico in Francia), ha ribadito che "il diritto della stampa di informare su indagini in corso e quello del pubblico di ricevere notizie su inchieste scottanti prevalgono sulle esigenze di segretezza", quindi persino se gli autori di un'inchiesta giornalistica violassero le leggi sul segreto istruttorio, in una societa' democratica, secondo i giudici di Strasburgo, e' prevalente l'esigenza del pubblico di essere informato sul procedimento giudiziario in corso e sui fatti narrati, purche' tali fatti siano veri e riportati in modo corretto.

E' la questione che vede attualmente opporsi al ddl del ministro Mastella sulle intercettazioni i giornalisti italiani, secondo cui il disegno di legge oscura le indagini preliminari, mentre "Il Codice di procedura penale, che la Mastella vorrebbe ribaltare senza neppure avere il coraggio di dichiararlo, prevede invece adeguate forme di tutela di tutte le parti coinvolte nel processo, tutela che ottiene mediante la trasparenza di tutti gli atti compiuti e già a conoscenza degli indagati" sottolinea l'Unione Nazionale Cronisti, che anzi argomenta che "Ribaltare questo principio - che oggi può incidentalmente servire a salvare a turno qualcuno della Casta - significa eliminare del tutto il controllo sociale sull'operato della magistratura (previsto dalla Costituzione ed esercitato mediante l'attività giornalistica) creando di fatto un'autoreferenzialità (o impunità) sostanziale dei giudici".

Anche l'Osservatorio sulla legalita' e sui diritti ha sempre sostenuto e sempre sosterra' questa esigenza di trasparenza nelle inchieste sui politici invisa invece a notabili di destra e di sinistra, Percio' ci auguriamo che questa vicenda, che qualche commentatore con ben altre intenzioni ha voluto dipingere come momento buio per lo Stato, non determini scelte difensive della classe politica tali da trasformarlo davvero in un "mercoledi' nero per la democrazia".

Per correttezza, riportiamo l'intero intervento del ministro alla Camera

Speciale giustizia

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