18 luglio 2007

 
     

Esposto di cinque medici su ampliamento inceneritore di Ferrara
di

(omissis) L' ampliamento dell'impianto di incenerimento rappresenta un'ulteriore e consistente fonte di inquinamento in un territorio già fortemente compromesso quale è quello ferrarese e, quindi, grave e concreto motivo di pericolo per la salute dei cittadini. La combustione trasforma infatti sostanze relativamente innocue ed inerti in composti altamente tossici e pericolosi. Dal punto di vista della protezione ambientale il modo migliore per affrontare il problema rifiuti sarebbe evitare, o almeno ridurre, la loro produzione e, comunque, portare allo smaltimento solo ciò che resta dopo che tutti i processi di Riduzione, Riutilizzo, Recupero e Riciclo, sono stati esauriti, come raccomandato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dalla Comunità Europea (CE).

L'Amministrazione Locale non ha dato seguito ad azioni specifiche per garantire la riduzione alla fonte dei rifiuti nel rispetto delle previsioni del Piano. La produzione dei rifiuti non accenna a diminuire e si creano, quindi, tutti i presupposti atti a favorire l'incenerimento dei rifiuti, con aumento dei rischi per la salute dei cittadini. La Pianificazione Provinciale in tema di RSU mentre dichiara di voler ottemperare alle Direttive Comunitarie per quanto attiene Riduzione, Riuso, Riciclo - attività che ovviamente non hanno alcun impatto negativo sulla salute - pone, al contrario, come punto centrale ed imprescindibile, l'ampliamento dell'attuale impianto di incenerimento e, prevede, anzi, un aumento della quantità di rifiuti prodotta per giustificare l'aumento di potenzialità dell'impianto .Il recente obbligo di legge della Finanziaria 2007 che fissa ad almeno al 60% la raccolta differenziata da avviare al recupero impone una revisione e una variante del Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti che riduca da subito la potenzialità dell'impianto di incenerimento, precedentemente sostenuta da calcoli previsionali basati su una raccolta differenziale al 40%. Gli elementi che possono permettere di fare chiarezza sulla relazione fra salute ed incenerimento di rifiuti possono essere ricavati dall'analisi dei seguenti punti che verranno pertanto di seguito esaminati:

CONSIDERAZIONI GENERALI L'incenerimento non è la soluzione al problema dei rifiuti. Infatti gli inceneritori non distruggono i rifiuti, li trasformano invece in una quantità maggiore e più dannosa per la salute di sostanze tossiche. E' ormai noto che la combustione di una tonnellata di rifiuti dà luogo ad una tonnellata di fumi, 300 kg di ceneri solide altamente tossiche che abbisognano di discariche speciali, 30 kg di ceneri volatili parimenti pericolose, 650 kg di acqua da depurare, 25 kg di gesso, ed una tonnellata di gas climalteranti. Ciò contrasta profondamente con quanto deciso dal nostro paese che avendo aderito al protocollo di Kyoto si è impegnato a ridurre le proprie emissioni, rispetto a quelle prodotte nel 1990, entro i termini stabiliti dall'accordo. Nel maggio 2005 l 'Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia Europea per non aver recepito nei termini previsti dalla normativa la Direttiva 2001/80/CE, concernente la limitazione delle emissioni in atmosfera di taluni inquinanti (Anidride Solforosa e Ossidi di Azoto) originati dai grandi impianti di combustione (1).

Nei confronti del nostro paese è stata inoltre emessa nel 2006 una sentenza di infrazione dalla Comunità Europea per non aver ridotto i valori di emissioni di CO2, come imposto dalle vigenti direttive. Lo smaltimento dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU) nella nostra società è un problema delicato, la cui soluzione necessita di uno studio approfondito sull'inquinamento attuale e sulle patologie ad esso correlate, nonché di una corretta previsione sull'inquinamento aggiuntivo che inevitabilmente si creerà con l'entrata in funzione degli inceneritori. Viviamo in una civiltà ove non solo si assiste ad un costante aumento della quantità dei rifiuti prodotti dal nostro stile di vita, ma soprattutto all'incremento della tossicità ad essi correlata. Sono infatti innumerevoli le nuove sostanze ed i composti introdotti annualmente sul mercato mondiale, quali gli additivi plastici ed i componenti per l'elettronica.

L'incenerimento dei rifiuti solidi urbani come il loro conferimento in discarica, sulla base della Direttiva Europea 91/156 CEE, rappresentano due opzioni da tenere in considerazione solo per quanto residua dopo che si siano correttamente compiuti i raccomandati processi di una loro riduzione alla fonte, raccolta differenziata "spinta", riutilizzo, recupero e riciclo. Infatti entrambi i metodi non sono scevri da rischi. In particolare gli impianti di incenerimento, bruciando materiali estremamente vari, emettono un grandissimo numero di sostanze tossiche ed inquinanti, come da tempo sostenuto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Con tale modalità infatti, oltre alla già ricordata produzione di ceneri volatili e ceneri pesanti che rappresentano un terzo del peso dei rifiuti in entrata, e che devono poi a loro volta essere smaltite in discariche speciali, si realizza inoltre una emissione sistematica e continua in atmosfera di milioni di m3 di fumi, polveri grossolane (PM10), fini (PM2,5) e finissime (PM 0,1).

Inoltre la diffusione degli altri inquinanti come Diossine, Furani, Metalli Pesanti ed altri ancora, non conosce limiti geografici; sia perché fortemente influenzata da fattori meteorologici, sia perché, una volta a terra, molti entrano nella catena alimentare e danno luogo a processi di bioaccumulazione. Ciò sarà fortemente aggravato dal fatto che nella regione Emilia Romagna, stanti i progetti in corso, si andranno ad incenerire oltre 1.056.000 t./anno di rifiuti rispetto alle attuali 584.000. Considerando quanto sino ad ora esposto appare evidente che l'incenerimento dei rifiuti e la raccolta differenziata, soprattutto se svolta con intensità, non costituiscono affatto un sistema integrato.

Altrettanto non è accettabile il neologismo di termovalorizzatore per due motivi. Il primo perché il D.M. del 05/09/1994 usa correttamente il termine di Inceneritore, definendolo industria insalubre di I classe, all'interno dello specifico elenco delle Industrie Insalubri di cui all'articolo 216 del T.U.delle Leggi Sanitarie. Il secondo perché la natura del combustibile che alimenta l' impianto condiziona un complessivo bilancio energetico negativo, nonostante il calore prodotto dalla combustione sia utilizzato per produrre energia. Infatti la carta ed i cartoni, che in genere costituiscono il 26,5% in peso dei RSU (media nazionale) forniscono ben il 55% del potere calorifico all'impianto. Inoltre il cloro contenuto in tali materiali è precursore di diossine e furani. A loro volta le sostanze plastiche, che costituiscono l'11,1% in peso dei RSU, forniscono il 37,5% del potere calorifico.

La palese contraddizione è insita nel fatto che tali materiali, da privilegiarsi in qualsiasi ottica di raccolta differenziata, costituiscono oltre il 90% del potere calorifico dell'impianto stesso. Gli inceneritori bruciano quindi prevalentemente i materiali che dovrebbero essere recuperati e riutilizzati, se veramente si adottasse l'ottica di un reale risparmio di combustibili fossili che saranno invece sprecati per produrre nuovamente i beni inceneriti. Inoltre, abbisognando di una combustione costante, confliggono essenzialmente con l'obiettivo che si finge di perseguire della raccolta differenziata; non producono energia, la consumano. Anche perché l'eventuale utilizzo dei Combustibili Derivati dai Rifiuti (CDR) al posto degli indifferenziati RSU, necessita a monte di un processo di selezione, essiccazione, pressatura e trasporto, richiedendo un quantitativo di energia che è complessivamente maggiore di quella ottenuta dalla loro combustione.

Gli inceneritori rappresentano un affare soltanto perché i loro costruttori e gestori godono di contributi statali che gli utenti sono costretti a pagare congiuntamente alla bolletta Enel sotto la voce CIP 6. Ciò a causa della normativa italiana che stravolgendo il senso di una direttiva europea ha assurdamente assimilato i RSU alle fonti energetiche rinnovabili, vale a dire al solare ed all'eolico. La riduzione della produzione di rifiuti all'origine, unitamente al riutilizzo, al recupero ed al riciclaggio delle materie prime reso possibile da una raccolta differenziata "spinta" al 70-80%, costituisce l'unica alternativa virtuosa al dispendioso e pericoloso ciclo della produzione costosa di beni superflui, come le diverse ed assurde tipologie di imballaggio delle merci, ed al loro altrettanto costoso e pericoloso incenerimento. Tali obiettivi sono già stati ampiamente raggiunti in diverse città del Canada, degli Stati Uniti, della Nuova Zelanda e dell'Australia, ed a livello italiano dal consorzio Priula della regione veneto, grazie alla raccolta domiciliare spinta "porta a porta" e all'applicazione di tariffe vantaggiose per i cittadini.

CORRELAZIONE TRA PATOLOGIE UMANE ED INQUINAMENTO AMBIENTALE DA INCENERIMENTO DEI RIFIUTI La prima ovvia considerazione è che in impianti di incenerimento per rifiuti tal quali, non potendo sapere con esattezza quale è il combustibile in entrata, a differenza di quanto avviene in un processo industriale, non è possibile identificare con ragionevole certezza le sostanze chimiche che si formeranno all'uscita. Sappiamo bene che nei cassonetti stradali, in mancanza di qualunque tipo di controllo ed in assenza di una incentivazione concreta alla raccolta differenziata spinta, può entrare di tutto: pile esauste, lastre di eternit, vernici, batterie di veicoli, vetro, carta e plastica. Inoltre la mescolanza assolutamente casuale che si realizza fra i materiali introdotti, la temperatura non costante e comunque elevata di combustione, le diverse condizioni fisico-chimiche presenti, condizionano ciò che esce dai camini. Nelle emissioni da inceneritori per RSU sono state identificate oltre 250 sostanze chimiche, ma queste rappresentano solo una minima parte (10-20%) di quelle emesse, per cui il reale potenziale di nocività rimane tuttora ignoto. La combustione trasforma sostanze relativamente innocue ed inerti in composti altamente tossici e pericolosi; rende ad esempio biodisponibili i metalli pesanti e produce composti organici clorurati quali le diossine che sono tra i più tossici esistenti. I principali gruppi di sostanze inquinanti verranno di seguito brevemente illustrate.

COMPOSTI ORGANICI CLORURATI Questi composti costituiscono le più pericolose emissioni da inceneritori ed originano soprattutto dalla combustione della plastica e sostanze analoghe. Un elenco dettagliato di essi è riportato nell'articolo: "Identification and Quantification of Volatile Organic Components in Emissions of Waste Incineration Plants" (2). Fra esse si annoverano: gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), i ritardanti di fiamma bromurati, i Policlorobifenili (PCB), le Diossine, i Policlorodibenzofurani (furani). Molte di queste sostanze, soprattutto le diossine ed i furani, sono persistenti, liposolubili, bioaccumulabili, e si "legano" a specifici recettori cellulari competendo così con le fisiologiche molecole che devono portare le "giuste informazioni" alle cellule deputate ad esempio alla produzione di ormoni. In conseguenza di questa competizione si crea quindi una "interferenza" ed un "disturbo" nei meccanismi di comunicazione e controllo di apparati e sistemi strategici del nostro organismo.

Si possono così innescare effetti a cascata di complesse funzioni cellulari, sia in senso di amplificazione che di soppressione, e per tale motivo questi agenti sono indicati col nome di "Endocrine Disruptor". E' ormai assodato che essi agiscono su molteplici altri apparati, in particolare sul riproduttivo, immunitario, sul sistema nervoso centrale specie in via di sviluppo del feto e del neonato. Inoltre hanno effetti cancerogeni, in particolare per lo sviluppo di tumori ormono correlati a livello di prostata e mammella, e dei linfomi non Hodgkin. Del tutto recentemente si è assodato inoltre che essi sono in grado di indurre alterazioni nelle cellule germinali con alterazioni del patrimonio genetico della nostra specie, inducendo danni trasmissibili di generazione in generazione, con conseguenze che non possono essere neppure minimamente ipotizzate.

La classe chimica delle diossine proviene fondamentalmente dagli inceneritori (3-4). Si tratta di composti con bassissima solubilità in H2O, scarsissima degradabilità per via chimica e biologica e con elevata liposolubilità. La diossina è una dei dodici composti chimici organici persistenti (POP's). Vengono assunte per il 95% tramite la catena alimentare in quanto si accumulano in cibi quali carne, pesce, latte, latticini, compreso il latte materno; si accumulano nel fegato e nella placenta. Ciò consente il passaggio al feto, realizzando quindi un accumulo generazionale. Queste sostanze sono tossiche a dosi infinitesimali, picogrammi (pg), ossia miliardesimi di milligrammi.

E proprio l'esposizione prolungata cronica di tipo non professionale a dosi molto basse sembra essere la più pericolosa (5-6). Si valuta infatti che la dose annua tollerabile per persona del peso di circa 60 Kg equivalga a 0,22 microgrammi; un solo grammo di diossina rappresenta la dose massima tollerabile per un anno (I-TEQ) per 4,5 milioni di persone. L'OMS che aveva stabilito nel 1991 la dose massima tollerabile giornaliera in 10 pg/kg peso, ha ridotto questi valori nel 1998 ad 1-4 pg/kg peso, e nel 2001 una strategia comunitaria sulle diossine ne fissa la dose tollerabile giornaliera a 2 pg/kg peso. Le diossine, come i furani, hanno una emivita nei tessuti umani che varia da 5,8 ad 11,3 anni.

Nel 1997 la TCDD (2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-dioxin) è stata classificata a livello I dalla IARC (International Agency of Research on Cancer), quindi come cancerogeno certo per l' uomo e, di recente, questo ruolo è stato ulteriormente riconsiderato e rafforzato (7). Le diossine, in particolare la più conosciuta TCDD nota tristemente come "la diossina di Seveso", esplicano infatti complessi effetti sulla salute umana in quanto sono in grado di legarsi ad uno specifico recettore nucleare, AhR (aryl hydrocarbon), presente sia nell'uomo che negli animali, che esercita funzione di fattore di trascrizione. Una volta avvenuto il legame fra TCDD e recettore con la formazione del complesso ARNT/HIF-1B, la trascrizione di numerosi geni, in particolare P4501A1, viene alterata sia in senso di soppressione che di attivazione, con conseguente turbamento di molteplici funzioni cellulari. Recenti studi di biologia molecolare e tossicologia (8-9) hanno identificato ulteriori frazioni proteiche coinvolte in questo complesso sistema ed i loro effetti sulla salute umana (10).

Una esposizione di breve durata ad alti livelli di diossine causa tipiche lesioni cutanee e danni epatici. L'esposizione protratta anche a basse dosi danneggia invece il sistema nervoso in via di sviluppo, quindi dei bambini, il sistema immunitario, quello endocrino ed il riproduttivo, con possibili effetti mutageni e cancerogeni. Sono stati segnalati casi di ipotiroidismo, diabete, endometriosi, ritardo nello sviluppo puberale, disturbi nel comportamento, prevalenza di nati femmine, parti gemellari e, soprattutto, per esposizione trans placentare, alterazioni al sistema nervoso centrale (11). La ricordata persistenza ed accumulo nell'organismo umano di diossine e di furani, così come degli Idrocarburi Policiclici Aromatici e dei Poli-Cloro-Bifenili, rendono non protettivi ed inutili il rispetto dei limiti fissati attualmente dalla legge per limitare le concentrazioni di tali sostanze nei fumi. Ciò vale soprattutto per la popolazione infantile.

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