NEW del 23 ottobre 2006

 
     

Velo Islam : il parere dei lettori su commento alla vicenda Santanche'
riceviamo e rispondiamo

Senta cara signora, io ci ho vissuto 12 anni nei paesi islamici. A parte il fatto che in Algeria ho visto la violenza coi miei occhi e ne avrei tante di storielle da raccontarle, non proprio edificanti, anzi onestamente schifose e squallide (tipo il padre che ammazza la figlia 13enne incinta e tutto il paese lo copre), mi ricordo che girava una barzelletta a quei tempi, era questa:

Un giorno dei fratelli mussulmani partecipano a un funerale. Dopo le ossequie si fà il pranzo tradizionale ed essi si rifiutano di sedersi a un tavolo normale, invocando il fatto che ai tempi dell'Islam si usava la Maida, il tavolino basso tradizionale. Il padrone di casa lo sostituisce prontamente. Arrivata la sera salutano tutti e rimangono in attesa del passaggio che il padrone di casa gli aveva promesso per riportarli a casa. Costui si rifiuta e risponde, Ai tempi dell'Islam si andava a piedi.

E si cara signora, poiché questi vogliono ancora esercitare la loro religione nella sua forma medievale e non laica e progressista, con tutto l'odio che hanno verso di noi (nei loro paese traspare in continuazione e noi dobbiamo stare zitti) e intanto sfruttarci.

Il velo E' IN MOLTI CASI UN SIMBOLO POLITICO-RELIGIOSO FORTISSIMO, CHE HA COMINCIATO A PROSPERARE DAI TEMPI DEL FIS ALGERINO, PRIMA NON VENIVA QUASI UTILIZZATO (Nel nord Africa almeno non parlo dell'Arabia Saudita dove ho vissuto due anni e le consiglierei di farci un giretto).

E' mia opinione che per il bene comune é ora di finirla di metterci a 90 gradi e fare i buonisti da strapazzo (che fra parentesi é quello che loro disprezzano di piu'), patti chiari amicizia lunga. Buon lavoro.

lettera firmata

Risponde Rita Guma

Gentile lettore,

sono una partigiana della laicita' dello Stato e della corretta informazione, e difendo i diritti umani.

Piu' volte su questo sito sono apparse denunce sulle violazioni dei diritti delle donne ad opera di governi o fazioni o gruppi tribali che dicono di richiamarsi all'Islam, tuttavia qui appaiono denunce a 360 gradi, quindi verso tutti coloro - stati occidentali, orientali, africani, capitalisti, comunisti - che violino i diritti. Non solo su quelli islamici.

E' questa una prima grossa differenza che ho voluto sottolineare fra la difesa dei diritti umani messa in atto da chi sia svincolato da fini politici e quella sbandierata da alcuni personaggi come la Santanche'. Certo che se consideriamo la riflessione che fa lei stesso sulla valenza politica (in alcuni Paesi) del velo per le donne, diventa chiaro che per alcuni occidentali si tratta appunto di battaglia politica, e i diritti umani c'entrano poco o nulla.

Ecco forse perche' su tanti giornali di destra e su quelli che riecheggiano il resto della stampa senza fare verifiche dirette, stanno apparendo in queste ore titoli come "Scorta alla Santanchè minacciata dall’imam", quando non c'e' stata alcuna minaccia. La storia ci insegna che quasi tutte le piu' sangunarie campagne razziste ebbero alla base la cattiva informazione.

Inoltre chi voglia contrastare eventuali violazioni dei diritti umani o le norme di legge che in alcuni Paesi a maggioranza islamica limitano i diritti delle donne prende il via da violazioni molto gravi e non solo simboliche. Inoltre non si pone contro quei simboli che invece tanta parte dei Musulmani - comprese tantissime donne - ritiene abbiano un fondamento religioso, per evitare equivoci sulle proprie motivazioni e intenzioni e per chiedere la collaborazione di quelle stesse donne per il superamento di certi scogli di tutt'altra portata e natura che un pezzo di stoffa.

Ed infatti chi adotta questo approccio di dialogo sta riuscendo a cancellare da ampie regioni dell'Africa le mutilazioni genitali femminili che tanti fanno risalire alla propria fede islamica, quando invece si tratta di una pratica legata a tradizioni tribali presenti anche in Paesi che praticano altre religioni. E un segnale positivo si riscontra anche in alcuni Paesi dell'Africa in cui e' applicata la Sharia (in una forma sanguinaria non corrispondente ai dettami del Corano), dove la collaborazione fra gli avvocati del posto ed occidentali rispettosi dei diritti umani ma anche delle tradizioni locali sta producendo passi avanti.

Percio' non si tratta, come dice lei, di piegarsi, ma di rispettare quei simboli che vengono ritenuti segno della propria identita' da alcuni (non tutti gli Islamici seguono la stessa dottrina, come non lo fanno tutti i Cristiani o tutti gli Ebrei o gli esponenti di molte altre religioni, ciascun sottogruppo dei quali ha i suoi simboli e le sue pratiche, pur richiamandosi allo stesso dio) e di instaurare un dialogo su quello che invece contravviene le nostre leggi, che non e' il velo.

A questo punto potremmo parlare della laicita' dello Stato, che pero' non deve far differenze fra cattolici e musulmani, ebrei e cristiani. Se accetto la kippah o la menorah o il crocifisso esposti (e per quest'ultimo imposti) in pubblico, perche' non il velo? Diversamente si tratterebbe di una discriminazione, vietata dalla Costituzione e da tutti i trattati internazionali sui diritti che l'Italia ha sottoscritto. Lo stesso vale per le scuole islamiche ed egiziane laddove sul nostro territorio esistono scuole private equiparate cattoliche ed ebraiche e scuole americane e francesi.

Quanto alla sua storiella mi sembra carina e significativa, ma rilevo che contraddizioni e anacronismi simili si riscontrano anche nel nostro avanzatissimo Paese e nel mondo cattolico, dove ad esempio per alcuni il condom e' tabu' anche davanti al rischio di AIDS. Ne' occorre andare tanto lontano nel tempo per trovare assurdita' e violazioni di ogni genere da parte della nostra civilta', la quale peraltro in certi luoghi o per certi aspetti non rispetta ancora la donna e non accetta la sua parita' con l'uomo.

Ed anche per quanto riguarda la ragazzina algerina uccisa dal padre coperto da tutto il paese o altri delitti contro la donna e la persona commessi da chi dica di ispirarsi per tali gesti al Corano quando si tratta di tradizioni tribali, non credo si debba andare tanto lontano dalla civilissima Italia o dai civilissimi USA o da altri Paesi cattolicissimi, per leggere quanti familiari o estranei abusano di donne e bambini nel silenzio generale, come si vede leggendo qualche altra pagina del nostro sito.

Non e' poi chiaro cosa intenda quando parla della volonta' di queste persone di sfruttare noi. Mi pare infatti che quanto a sfruttamento di risorse e persone appartenenti a Nazioni in via di sviluppo molti Paesi dell'Occidente non siano stati e non siano secondi a nessuno.

Infine, quanto al fatto che in alcuni Paesi la vita per cristiani ed occidentali e' dura - come pure denunciamo su questo sito - , il mio pensiero e le mie azioni sono ispirate dal diritto e dalla giustizia. Non credo sia giusto farsi condizionare dal comportamento altrui. Non dico di porgere l'altra guancia, ma nemmeno si puo' cambiare idea su cio' che si ritiene fondamentale solo perche' altri si comportano altrimenti.

Speciale immigrazione

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