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NEW del 16 maggio
2006
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Voce
della Chiesa cattolica nello Stato laico Vorrei soffermarmi sulla questione "voce della Chiesa nel contesto sociale e politico italiano", che ciclicamente si ripresenta, e rispetto alla quale si sentono spesso pareri contrapposti che presentano ciascuno aspetti parzialmente convincenti, ma allo stesso tempo - appunto - non "pienamente" convincenti. A mio modesto avviso la questione non è mai stata istruita a dovere. Personalmente penso che ci siano delle mezze verità (ma, appunto, mezze!) sia in chi è favorevole agli interventi della Chiesa (o meglio, afferma che è una voce come altre che ha la sua legittimità di esprimersi), sia in chi teme che si tratti di ingerenza, viste le personalità in campo e la tradizione del nostro paese che accorda molta credibilità (o audience) a tali personaggi. Per tentare di istruire con serenità la questione direi così: 1) Che la Chiesa abbia legittimità di parola, come tanti altri enti, è normale: ad es. si pronunciano, senza creare scandalo, associazioni quali la Confidustria, i sindacati, i singoli partiti o coalizioni, il CDA della RAI, l'Arcigay, e chi più ne ha più ne metta; si pronunciano pure singole personalità molto disparate fra loro: singoli politici, singoli vescovi, singoli industriali, singoli attori, singoli calciatori, singoli indagati di tutti i tipi, ecc. Da un punto di vista teorico nessuno mette in dubbio che ciascuno abbia diritto di parola. Se qualcuno lo fa in riferimento alla Chiesa, semplicemente è ingenuo o in mala fede: non merita considerazione. Ma non è questo, io credo, il punto. 2) Che la
Chiesa abbia un peso maggiore quanto a visibilità (se in TV o nel web)
o ascoltabilità (se in radio), è altrettanto un dato di fatto: non credo
ad es. che manchino dichiarazioni di associazioni minori su varie questioni,
solo che non vengono rilanciate sui mass media con la stessa puntualità
e frequenza con cui vengono rilanciate le dichiarazioni di Ruini e di
Benedetto XVI. 3) Ecco
dunque il punto fondamentale. Un conto è proclamare alcuni valori quali
la famiglia (e dico: ci mancherebbe altro, con buona pace dei radicali
e dell'estrema sinistra), un conto è voler tentare di imporre i propri
modelli in democrazia, facendo anche leva su una AUTOREVOLEZZA che la
Chiesa si è conquistata in tanti altri campi (come ad es. quando ha levato
alta la voce contro la guerra e la prepotenza, oppure quando ha mostrato
di ascoltare i giovani ed essere a propria volta ascoltata da loro, oppure
quando ha denunciato le ingiustizie dei paesi ricchi verso i paesi poveri,
ecc.). 4) Nessuno dunque può impedire alla Chiesa di parlare. Qualcuno invece si potrebbe (e dovrebbe) "scandalizzare" della sua invadenza: non tanto i non credenti o non cristiani o non cattolici (mi spiace per loro, ma non hanno titoli per scandalizzarsi di un comportamento che nel loro modo di vedere non può affatto considerarsi scorretto: piuttosto continuino a lavorare o lavorino ex novo - come ha fatto la Chiesa in tanti secoli di storia - per costruirsi una loro credibilità), quanto piuttosto i cattolici, che sanno che il Vangelo vive di una logica diversa da quella esclusivamente umana, e quindi rifuggono dall'imporsi sfruttando la credibilità che comunque la Chiesa ha: ancora per l'ennesima volta ribadisco il principio morale (per chi è cattolico) secondo il quale il fine non giustifica i mezzi. 5) Un esempio
- per capirsi - sono i PACS, di estrema attualità nel dibattito ecclesiale-politico:
un conto è fare una scelta culturale come società, dicendo che il fondamento
è la famiglia e che in primo luogo si vuole favorire e tutelare questa
istituzione. Altro conto è difendere quella minoranza che non crede nell'istituto
del matrimonio, e ha il diritto di vivere tutelata in forme diverse dalla
famiglia tradizionale, ma al tempo stesso non ha il diritto di imporre
questa propria visuale della realtà alla maggioranza. La minoranza va
tutelata, ma la minoranza è tale. Punto e stop. In conclusione: laicità dello Stato significa che lo Stato non rinuncia a perseguire suoi particolari fini in ordine alla struttura della società che ritiene migliore (ad es. fondata sulla famiglia, con tutta la legislazione a favore di essa), ma lo fa tutelando al contempo i diritti di chi non si riconosce in tutti quei principi che sono sottoscritti dalla maggioranza, e che quindi ha bisogno di una legislazione particolare che fissi un minimo di tutele. Chiamiamoli PACS o chiamiamoli in altro modo, questo deve fare lo Stato, con buona pace di estremisti che vedono come fumo negli occhi gli interventi a favore della famiglia da parte della Chiesa e con altrettanta buona pace dei vertici ecclesiastici che vedono come fumo negli occhi qualsiasi discussione (legittima) sulla tutela di altre forme di convivenza. ___________ NB:
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