NEW del 21 aprile 2006

 
     

I Cattolici in politica , fra laicita' e testimonianza
di don Nicola Cateni

Credo che ci sia un problema irrisolto alla base delle diverse opzioni di campo dei cattolici, e questo rende molto problematica la costituzione di quel centro moderato che, lungi dalle tentazioni di costituire un terzo polo, potrebbe avere invece più opportunamente la vocazione a favorire la reciproca legittimazione dei due poli opposti come avviene in tutte le moderne democrazie, quale adesso non si vede minimamente all'orizzonte. Con - in più - una "chance" tutta tipicamente cristiana, che esprimo con una domanda: quale "quid" di Vangelo e "come" si può portare nella società?

La domanda sostanziale potrebbe essere: il senso di un cristiano in politica è quello di promuovere gli interessi dei cattolici oppure - evangelicamente - quelli dei più deboli? Una risposta di per sè pertinente potrebbe essere quella di una sostanziale coincidenza tra ciò che interessa ai cattolici e ciò che è richiesto da Gesù verso i "piccoli" del Vangelo. Ma oggi anche i cristiani vivono in un mondo complesso, tanto complesso che al loro stesso interno ci sono sottolineature e conseguenti appartenenze politiche legittimamente diverse. Dunque quella risposta non basta, e la domanda rimane di una forte attualità.

Intendiamoci: non si tratta adesso di capire (o - peggio - di convincere) chi è più vicino al Vangelo: non si tratta di fare delle classifiche. E' invece più urgente che i cristiani di destra e di sinistra si interroghino su che cosa oggi è da tutelare o promuovere maggiormente. Sapendo - con molta umiltà - che forse alcune questioni importanti dal punto di vista cristiano si tutelano o si promuovono con maggior efficacia da parte degli uni quando hanno responsabilità di governo grazie alla maggioranza di cui fanno parte (e che è composta di molte altre forze, in entrambi i casi di estrazione non cristiana) e viceversa da parte degli altri quando, per il gioco dell'alternanza democratica (di questi tempi è doveroso aggiungere: sperando che tale gioco sia accettato serenamente da tutti), tocchi a loro partecipare alle decisioni di governo.

Un primo punto decisivo sta forse qua, nella distinzione tra "tutela" e "promozione". Il secondo termine è caro alla nostra tradizione ecclesiale italiana, tanto che compare negli slogan dei programmi pastorali decennali della CEI, mentre il primo è caro alla tradizione democratica più in generale. Su questo secondo termine occorre "cristianamente" precisare che è valido se riferito all' "altro" debole, che ha bisogno che qualcuno tuteli al posto suo ciò che lui non è in grado di tutelare per sé: tipico è il caso della tutela della vita di un nascituro. Purtroppo spesso accade che la tutela più facilmente sia orientata ai propri (legittimi) interessi. Il che è un discorso non sbagliato - democraticamente parlando -, ma non esattamente evangelico.

La "promozione" ha invece in sé un significato di valori da proporre e costruire in positivo che effettivamente compongono in unità valori evangelici e insieme valori universali. Già su tale questione relativa a promozione e tutela dei deboli (più che degli interessi cattolici in generale) ci potrebbe essere un ottimo campo aperto di discussione tra politici di schieramenti diversi.

Un secondo aspetto importante è quello della testimonianza. Anche qui il discorso sui termini è analogo al precedente: qualcuno infatti pensa più in termini di "rivendicazione dei diritti" dei cristiani, cosa legittima in democrazia. Dal punto di vista evangelico la categoria privilegiata è però quella della "testimonianza", capace di essere lievito che provoca a pensare in modo nuovo e fare col tempo scelte in linea col Vangelo anche da parte di chi non crede. Facciamo i due opposti casi, cominciando da quello dell'UdC.

Un cattolico che scelga la CdL intende la sua testimonianza da cristiano in senso forte, con un aspetto positivo e uno negativo:
a) positivamente mostra il coraggio dell'adesione ai principi del Vangelo, oggi sicuramente controcorrente rispetto alla mentalità comune;
b) negativamente rischia di farlo al modo della rivendicazione o dell'imposizione degli stessi, dimenticando che l'adesione a tali principi non può essere forzata o imposta, ma solo suscitata attraverso una testimonianza credibile.

Questo, a mio parere, porta addirittura a volte a compromessi decisamente antievangelici: per difendere un principio giusto (poniamo: la legge sulla fecondazione assistita o la tutela dell'istituzione "famiglia") bisogna scendere a patti con principi palesemente ingiusti (ad es. piegarsi per contropartita a leggi ad personam per togliere dai guai giudiziari chi ha agito colpevolmente per i propri interessi).

Doverosa precisazione: il compromesso fa parte della politica, in sé non è né bene né male, ma precisamente è parte integrante del senso e dell'azione politica. Un cristiano di qualsiasi schieramento, e prima ancora un politico onesto di qualsiasi fede o ideologia, deve sempre chiedersi fino a quale limite di compromesso è giusto arrivare: per un cristiano vale sempre il principio morale che il fine non giustifica i mezzi.

Lo stesso rischio esiste dalla parte, quella di un cattolico che scelga l'Unione, penso a un cattolico della Margherita o dell'Udeur. Questi ha spesso un profilo più discreto, rischiando la non visibilità delle ragioni del Vangelo e quindi il suo annacquamento, se così si può dire. Tuttavia (tanto per scendere nel concreto) la linea personale di Prodi che - pur non nascondendo di essere cattolico e partecipando pubblicamente alla vita della comunità cristiana - mantiene un pudore che non credo si possa giudicare come paura di testimoniare la sua fede in un mondo dominato dalla mentalità secolare, mi pare rispettosa della laicità della politica in cui egli ha un ruolo di primo piano. In tal senso, anche le sue dichiarazioni sull'importanza della fede da tenere al riparo da strumentalizzazioni politiche sono state molto illuminanti.

A mio parere i cristiani impegnati in politica (intendo appunto non solo i cattolici, ma anche quei protestanti che - per pochi che siano - hanno certamente un senso della laicità dello Stato maggiore rispetto a quello dei cattolici, che potrebbe essere molto benefico in un dibattito sul ruolo dei cristiani in politica) dovrebbero trovare momenti in cui poter serenamente dibattere fra loro in quanto cristiani (e non in quanto appartenenti a uno schieramento politico) del senso e del ruolo che debbono mantenere.

Ed ecco un indice possibile di temi sul tappeto:

1) se il Vangelo chiede di essere lievito (quindi nascosto, con azione lenta e paziente, che non snaturi, ma che all'opposto favorisca e valorizzi l'"umanità" della cosa pubblica che è di tutti i cittadini, credenti e non), quale tipo di azione politica è oggi richiesta per realizzare tale suggerimento evangelico?

2) se il Vangelo deve essere "predicato" (e non imposto) a tutto il mondo, quali sono le modalità più giuste per farlo da cristiani nella politica con la propria vocazione di uomini politici? Insomma, quale confine tra "tutela" immediata e "promozione" a lungo termine dei principi evangelici?

3) se il Vangelo mostra un indice di temi importanti per la convivenza degli uomini quale modo per arrivare a Dio ("se avrete fatto del bene ai piccoli, l'avrete fatto a me") e questo indice è stato tradotto storicamente e in secoli diversi nella cosiddetta "dottrina sociale" da parte della Chiesa, in quale modo ci confrontiamo con essa?

Questo terzo punto è delicato, non solo perchè tutti i cristiani conoscono poco il dettaglio di tale dottrina, ma anche perchè un cristiano che scelga uno schieramento fa necessariamente, malgrado le sue personali intenzioni, una scelta di campo che di fatto finisce a privilegiare alcuni punti di tale dottrina e a trascurarne altri. Questa cosa va messa a tema serenamente, nel senso che forse oggi è inevitabile che sia così, ma bisogna prenderne atto, senza giocare alla rivendicazione di chi è più fedele a tale dottrina, tirando strumentamente per la giacca la Chiesa.

Di per sé chiara nei contenuti (forse meno nella modalità espressiva e comunicativa) era stata la nota della CEI prima delle elezioni, in cui, oltre a dire che la Chiesa non faceva scelte di campo, metteva un indice di 6 temi, 3 dei quali più vicini alla sensibilità del centrodestra e 3 del centrosinistra: più di così...
Piuttosto mi viene in mente un suggerimento concreto: quali temi si possono individuare puntualmente come prioritari da tutelare o da promuovere indipendentemente dallo schieramento di appartenenza e indipendentemente dal fatto di trovarsi all'opposizione o nella maggioranza?

continua >

Speciale etica e politica

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