NEW del 22 aprile 2005

 
     

Dalla P2 a Mani Pulite all'Iraq : una storia di bugie
da Piero Campoli

2 - Affermazioni del 3-10-2002 della tessera P2 1816 - Berlusconi, graziato dalla amnistia del 1989, si permette di affermare impunemente che l'amnistia del 1989 ha salvato i dirigenti del PCI-PDS-DS; proprio lui parla' della amnistia del 1989. - il silenzio dei dirigenti del PCI-PDS-DS riguardo le gravi affermazioni fatte nell'articolo lo si comprende solo se sulla vicenda P2 i dirigenti del PCI-PDS-DS sono sotto ricatto. (ad esempio perche' si devono coprire iscritti del PCI iscritti anche alla P2, ipotesi di cui sono sempre piu' convinto.) Quando avro' occasione, soprattutto in pubblico, chiedero' perche' ufficialmente i dirigenti del partito hanno fatto orecchio da mercante. Lo stralcio tratto dal Giornale del 03-10-2002 l'ho letto nel capitolo del libro : "B Tutte le carte del Presidente" Ed. Tropea - Gianni Barbacetto in cui v'e' l'articolo firmato dalla tessera P2 1816.

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Tutta colpa dei comunisti
Sergio Moroni, dirigente e parlamentare del Partito socialista, si toglie la vita il 2 settembre 1992 nella sua casa di Brescia. Aveva ricevuto tre avvisi di garanzia, che gli contestavano il ruolo di esattore delle tangenti per il Psi nel settore dei rifiuti. Prima di morire, aveva inviato al presidente della Camera, Giorgio Napolitano una lettera in cui protestava contro il "clima di pogrom") e contro la "decimazione" casuale della classe politica, la "ruota della fortuna" che "assegna a singoli il compito di vittinie sacrificali". Ma in quella lettera Moroni ammetteva il suo ruolo nel sistema dei finanziamenti illeciti, poi definitivamente confermato nelle sentenze a carico dei suoi complici (risultera'"accertata e pienamente provata la materialita'dei fatti", e cioe' che Moroni aveva ricevuto "circa 200 milioni in totale nelle sue mani in una cartellina tipo quelle da ufficio, avvolta in un giornale"). (...) Dieci anni dopo, i compagni che lo avevano ipocritamente emarginato celebrano la memoria di Moroni. E quelli che avevano invece inneggiato a Mani pulite, come Marcello Pera e lo stesso Silvio Berlusconi [pag. 174], si ritrovano a commemorare il parlamentare attaccando Mani pulite e i suoi magistrati.

Una commemorazione ufficiale di Moroni viene organizzata alla Camera e a essa segue una lettera di Berlusconi pubblicata sul giornale di famiglia il 3 ottobre 2002. Nella lettera, la corruzione viene giustificata con l'esigenza "democratica" di contrastare i comunisti, che potevano disporre di finanziamenti da Mosca. Quei finanziamenti che non sono piu' reato, sottolinea Berlusconi, grazie all'amnistia "voluta fortissimamente dalla sinistra" nel 1989: proprio l'amnistia "provvidenziale" che nel 1990 aveva salvato Berlusconi dalla sua prima condanna, quella per falsa testimonianza sulla P2 [ pag. 115]. In verita', nel sistema di Tangentopoli e' stata in piu' casi provata l'esistenza del "cassiere unico", che ritirava le tangenti e poi le divideva tra i diversi partiti, comunisti compresi: questi erano dunque in piu' casi alleati e complici con cui spartire il bottino, non nemici da battere in nome della democrazia. Ma ormai le necessita' polemiche sovrastano la ragione e i fatti. Berlusconi, che nel videomessaggio della "discesa in campo", nel 1994 [ pag. 169], criticava i partiti e rendeva omaggio a Mani pulite, nel 2002 considera ormai i magistrati i suoi grandi nemici e difende non solo i vecchi partiti, ma anche il loro illegale sistema di finanziamento.

(...) I numeri di Tangentopoli sono emblematici nella loro crudezza: Carlo Giovanardi, nel suo libro Storie di straordinaria ingiustizia ricorda che 88 deputati della Democrazia cristiana, su un totale di 206 eletti alle elezioni del 5 aprile 1992, furono inquisiti. Tranne quattro, sono stati tutti prosciolti o non giudicati. Eppure quel Parlamento fu messo alla berlina come "il Parlamento degli inquisiti" e fu sciolto anticipatamente malgrado esistesse ancora una maggioranza legittimamente eletta. Lo stesso trattamento fu riservato agli altri partiti che nella Prima Repubblica avevano fatto da diga, insieme alla Dc, contro il pericolo comunista: il Partito socialista, il Partito socialdemocratico, il Partito repubblicano e il Partito liberale. (...) Ma non bisogna mai dimenticare che la corsa al finanziamento illegale dei partiti era stata innescata dai poderosi finanziamenti che il Pci riceveva dall'Urss, da parte della potenza, cioe', che si contrapponeva apertamente alle democrazie occidentali. La sinistra comunista e postcomunista era dunque corresponsabile a pieno titolo di quella degenerazione, ne era anzi la causa principale. Ma alla fine di Tangentopoli il Pds, erede diretto del Pci travolto da una disfatta storica, fu l'unico tra i principali partiti a rimanere in piedi. Cio' avvenne, in primo luogo, per la "provvidenziale" amnistia del 1989 voluta fortissimamente dalla sinistra, amnistia che consenti' di azzerare tutti gli effetti giudiziari del finanziamento sovietico. Quello si' che fu "colpo di spugna"! (...)".

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5- Censura di D'Alema - menzogna di Veltroni (gennaio-luglio 2000)
Corriere della Sera del 16-01-2000 EMOZIONI Il premier fa l'umile e non attacca mai il "nemico" Berlusconi DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

Gli era scappata cosi', come scappano a lui, per eccesso di baldanza nel corso d'una passerella trionfale: "Certo, questo gruppo dirigente e' quello che e'... ". Una rasoiata gratuita. Cattiva. Cosi' inutilmente cattiva che, recuperata la scolorina che gli aveva messo in mano Forattini nella celeberrima vignetta querelata sul dossier Mitrokhin, D'Alema l'ha fatta diligentemente sparire dal resoconto stenografico, distribuito ben quattro ore e mezzo dopo, come i ritoccatori moscoviti facevano sparire dalle vecchie foto sulla piazza Rossa le facce diventate impresentabili. Un po' di bianchetto e, opla'! I delegati del congresso di Torino, pero', l'hanno sentita bene quella stonatura. E piu' di tutti, dolorosamente, ce l'ha ancora nelle orecchie il leader attuale e formale di quella classe dirigente: Walter Veltroni. Il quale, nel momento stesso in cui la presidenza aveva dato la parola all'ex segretario, subito sommerso da un acquazzone incontenibile di applausi e di entusiasmo e di affetto, aveva avuto la prova di quanto sotto sotto forse temeva gia'. E cioe' che il "suo" congresso era in realta' suo finche' non s'avanzava l'unico vero Conducador nel quale questo pezzo della sinistra oggi si riconosce fino in fondo: Massimo D'Alema.

Certo, il baffuto deputato di Gallipoli che liquido' Achille Occhetto e si impossesso' del partito pur avendo perduto le cosiddette "primarie" e' stato generoso di parole al miele verso l'uomo al quale, impegnato com'era in piu' importanti faccende di governo, affido' il partito, per usare le parole di Fulvia Bandoli, "col metodo un po' medievale della spada sulla spalla". L'"amico Walter" di qua, l'"amico Walter" di la'... E' arrivato perfino, udite udite, a fare autocritica. Ad ammettere che si', Luciano Violante ha ragione nello scrivere nel suo libro che "a volte questo gruppo dirigente ha dato come la sensazione di dire "lasciateci lavorare" a un popolo della sinistra che invece si rivolgeva anche in modo sofferente per ottenere risposte. E' vero, e io avverto questa critica come fortemente rivolta, e giustamente, anche alla mia persona". Si', una scusante la rivendica: "Abbiamo dovuto affrontare delle sfide molto dure nelle quali sbagliare poteva voler dire perdere con un grave danno per il Paese".

Pero'... Pero', d'accordo, ha esagerato: "Ma e' per questo che apprezzo sinceramente il lavoro che stanno svolgendo Veltroni e i compagni piu' giovani che sta lui raccogliendo intorno a se'. Perche' e' un lavoro volto a mettere in comunicazione la sinistra, piu' di quanto io non sia riuscito a fare, con le emozioni e la passione civile di una nuova generazione. Ed e' un bene che questo partito sia guidato da un gruppo dirigente capace di suscitare emozioni, passioni, ritornando a far vivere la sinistra nel cuore del Paese piu' di quanto non siamo riusciti a farlo negli anni passati, quando forse abbiamo interpretato di piu' il nostro ruolo come quello di uno strumento politico volto a costruire alleanze e governo".

Ed eccolo ammettere di non essere uomo di passioni, confessare modesto l'incapacita' di parlare "alle nuove generazioni", gigioneggiare sull'imbarazzo provato il giorno che una donna lo ha incontrato e gli ha detto: "Quando io vedo lei mi sento piu' sicura". Al che dice di aver risposto che "vogliamo arrivare presto a una politica nella quale ciascuno trovi la sicurezza in se stesso". E piu' ostentava professione di umilta', piu' chiamava il congresso all'applauso. Piu' faceva mostra di distacco ("dovete stare tranquilli che nel momento in cui avro' la comprensione di non essere piu' utile a questa difficile transizione mi faro' da parte... "), piu' incitava al compattamento. Piu' faceva il gesto di sfilarsi dalla corsa per la candidatura nel 2001, piu' saliva alto dalla platea l'urlo: "Sei tu il nostro leader! ".

E via via che parlava, via via che scavalcava con irridente sicurezza tutte le calibratissime revisioni veltroniane buttando li' disinvoltamente che tra i socialisti democratici e i comunisti totalitari "erano loro la parte della sinistra che aveva ragione", via via che liquidava le accuse occhettiane di aver ammazzato l'Ulivo (ricordate? "Costituente dell'Ulivo? Ma costituente de che? ") ammettendo senza problemi di esser stato talora "spigoloso e non utile", via via che riconosceva perfino qualche errore (come la nomina a sottosegretario del camerata Romano Misserville, probabilmente) nella chiusura della crisi, emergeva una certezza assoluta. Quella che ogni atto di piccola umilta' fosse funzionale a rafforzare l'immagine di un leader cosi' forte da potersi permettere tutto. Per ventidue volte Walter Veltroni, nella relazione di apertura, era andato a cercare il consenso picchiando duro sul "nemico", Silvio Berlusconi.

E per decine e decine di volte il trucco retorico era stato applicato da questo e quell'oratore. Lui mai. Neppure una volta. Neppure per sbaglio. Voleva mostrare a tutti, el Lider Maximo, che non ne aveva bisogno. Che per addomesticare la "sua" gente gli bastava tirar fuori, coi toni spesso sprezzanti che gli sono propri contro certi "intellettuali" o certi "professori", quello che gli altri, per insufficienza di carisma o di boria, non erano riusciti a tirar fuori. L'orgoglio del partito, l'orgoglio della sinistra, l'orgoglio del governo. Un partito, una sinistra, un governo che lui ha reso "vincenti". E che, a sentir lui, hanno cambiato la faccia dell'Italia. Esagerato? Boh... Non era questo cio' che il vecchio e ammaccato popolo rosso voleva sentirsi dire?
Gian Antonio Stella

continua

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