NOTIZIARIO del 23 marzo 2005

 
     

Riforme : Senato approva ddl sulla Costituzione . E ora ?
di Rita Guma

Con 162 voti favorevoli e 14 contrari, l'Assemblea del Senato ha approvato oggi il disegno di legge di riforma della Parte II della Costituzione. L'Unione ha lasciato l'Aula in segno di profondo dissenso nel merito e nel metodo.

Il testo torna ora all'esame della Camera. L'articolo 138 della Costituzione stabilisce infatti che le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali siano adottate con due deliberazioni per ciascuna Camera sullo stesso testo, ad un intervallo non minore di tre mesi.

Poiche' il testo oggi approvato dal Senato nella sua interezza (e ieri articolo per articolo) non ha subito emendamenti rispetto a quello gia' approvato alla Camera dei Deputati, la prossima a palazzo Madama sara' la seconda deliberazione, e si puo' gia' presumere che dopo il Senato la riapprovera', detenendo la CdL la maggioranza assoluta a Montecitorio.

L'opposizione ha paventanto un referendum popolare poiche' le leggi di modifica della Costituzione possono essere sottoposte a referendum popolare se "entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali".

In quel caso "la legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi". Si tratta cioe' di referendum confermativo e non abrogativo come nei casi delle altre leggi.

Il referendum e' evitabile solo nel caso che la legge sia "approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti", il che e' tecnicamente impossibile, con le attuali maggioranze, se l'opposizione resta unita.

Per un referendum sulla legge appena approvata non occorrera' comunque raccogliere le firme. Infatti i deputati del centrosinistra superano un quinto dei membri della Camera, ed il centrosistra detiene la maggioranza in oltre cinque Consigli regionali. Alcuni esponenti della maggioranza di governo hanno anzi sfidato l'opposizione a promuovere il referendum.

Detto questo (cioe' non tutto e' perduto), dato che un lettore mi chiede un commento, confermo la mia idea di un anno fa (1) riguardo all'errore di accomunare i due 'pezzi' di questa legge in un unico rifiuto, che e' stata la scelta dell'opposizione.

In primo luogo vi e' una questione di comunicazione politica: opporsi a tutti i cambiamenti da' un'arma in mano all'avversario per accusare di scarsa volonta' di cambiamento, aspetto deleterio agli occhi di diversi cittadini, perche' associato con l'immobilismo e con il mantenimento di privilegi.

In secondo luogo, bocciare tutto in blocco non evidenzia il quasi matematico risvolto dittatoriale del premierato forte (peraltro aggravato, in Italia, dall'anomalia mediatica berlusconiana).

In terzo luogo contrastare tutto il ddl compatta il fronte della maggioranza di governo ed aliena le simpatie dei cittadini (e sono tanti) che guardano al federalismo favorevolmente, anche se magari non in questa forma (e' il mio caso, sebbene voterei contro al premierato forte).

Si sarebbe dovuto, a mio avviso, fare fin dal momento della discussione parlamentare una scelta coraggiosa ed intelligente, cioe' quella di separare i due aspetti, accantonando quello federalista (che si sarebbe potuto limare col tempo) e puntando su quello del premierato, che puo' trovare d'accordo la maggior parte della popolazione.

Adesso la legge e' un blocco unico: prendere o lasciare, anche per i cittadini che verranno eventualmente chiamati al referendum. E chi vuole il federalismo potrebbe votare a favore della conferma della legge, avallando contemporaneamente il temibilissimo resto.

Dobbiamo quindi solo sperare che vadano come al solito tutti al mare.

(1) Il precedente intervento su questo tema


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