NOTIZIARIO del 21 gennaio 2003

 
     

Gentile dott.ssa Guma,

ho letto giorni fa sul sito un suo articolo sul decreto governativo detto "del grande fratello", in cui suggeriva di non allarmarsi eccessivamente.

Oggi su L'Unita' leggo che "Il presidente della authority per la privacy Stefano Rodotà, ascoltato dalla commissione giustizia della Camera, torna a criticare il decreto governativo che introduce l'obbligo di conservazione dei dati di traffico su internet per 5 anni. È impossibile per ragioni pratiche e di principio, afferma. Sono infatti in discussione «libertà costituzionali: di comunicazione, associazione e manifestazione del pensiero». "

Questo cambia le cose?

 

Il mio intervento era sul tema della correttezza dell'informazione, e prendeva le mosse dalle discrepanze notate fra i contenuti del decreto e delle dichiarazioni ufficiali del garante ed i contenuti degli articoli di Giovanni Visone comparsi su L'Unita'. Anche nell'articolo che lei cita viene omesso di dire che anche un parlamentare della CdL (Leone) ha presentato una mozione in contemporanea a Folena - che dice piu' o meno le stesse cose - e le due mozioni non fanno alcun riferimento al decreto, al contrario di quanto detto nell'articolo, ma esprimono una preoccupazione generale.

Quanto alle altre dichiarazioni del garante citate nell'odierno articolo, non ne conosco il testo, ma vorrei poterlo fare prima di esprimere un'opinione, visto che gia' negli articoli precedenti esse erano state intervallate da considerazioni del giornalista che ne aggravavano il senso di allarme.

Ad esempio l'articolista scrive "Ma ci sono anche ragioni di ordine pratico: «C'e un problema di fattibilità di questo tipo di raccolta - spiega il presidente dell’authority - Gestire tutto il traffico in rete è infatti un'operazione enorme, che non c'è da nessuna parte del mondo, per ragioni tecniche ed anche economiche. I costi sono infatti stimati tali da non poter essere sopportati dai gestori dei servizi». Solo per dirne una, è stato calcolato che per «immagazzinare» i dati occorrerebbero 80 milioni di cd rom. Quanti se ne vendono in Europa in cinque anni. ".

Ma il calcolo sugli 80 milioni di CD rom (ripetuto in ogni articolo de L'Unita' sul tema) e' sbagliato, perche' i referenti nazionali dei provider lo fecero commentando l'ipotesi di immagazzinare 1 mega di e.mail al giorno per ciascuno dei 24 milioni di utenti. Tuttavia il decreto prevede che i i contenuti non vadano conservati, ed il valore calcolato va quindi ridotto di circa un fattore 10000.

I costi saranno percio' di poco superiori al doppio di quelli sopportati dai gestori con l'odierna normativa che gia' prevede la conservazione dei dati di traffico per un tempo che il decreto si limta a raddoppiare. La copertura di questi costi porebbe essere ottenuta con sgravi fiscali ai provider, e questo e' un fatto di cui, mi sembra, non dovrebbe comunque occuparsi il garante della privacy.

Potenzialmente, infine, anche i tabulati Telecom permettono di sapere tanto sulle abitudini ed i gusti di ciascuno di noi, ma nessuno si e' mai allarmato.

Questi sono i fatti, osservando i quali personalmente penso che si stia montando un caso a scopo propagandistico.

Come sa non abbiamo mai esistato a criticare gli effetti dei provvedimenti governativi, quando li ritenevamo lesivi di un diritto o criminogeni, e non mi pare questo il caso.

Rita Guma

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