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NOTIZIARIO del 21
gennaio 2004
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Dichiarazione del sen. avv. Mario Cavallaro nella discussione in senato (21.01.04) sull'emendamento 7.100 (Bobbio) al pdl sulla riforma dell'ordinamento giudiziario Signor Presidente, la dichiarazione di voto su questo emendamento è da intendersi sul complesso della materia, anche in relazione alle osservazioni testé formulate dal Ministro che mi sembrano molto importanti. Mi sembra anche di dover richiamare, proprio per la serietà delle osservazioni che il Ministro ha formulato, per esempio, un mio personale disegno di legge costituzionale che cerca di rimuovere alla radice uno dei vizi secondo me ineludibili dell’azione disciplinare affidata al Ministro e, poiché si tratta di competenza affidata dalla Costituzione al Ministro, propone un organo speciale, un procuratore dell’azione disciplinare, eletto nel caso di quel disegno di legge, prima che si parlasse di Senato federale, dal Senato, si potrebbe stabilire ora che venga eletto dall’altra Camera, che secondo la riforma costituzionale dei poteri probabilmente è quella portatrice di interessi nazionali. Dico questo perché ci sono varie ipotesi sulla scarsa efficacia dell'azione disciplinare, non ultima quella che non il Ministro in persona, ma l'ispettorato, gli uffici del Ministro che promuovono l'azione disciplinare non abbiano chiaro il contesto delle attività e delle iniziative, o che non sappiano svolgere delle attività istruttorie tali da individuare in maniera nitida la violazione disciplinare e da convincere il Consiglio superiore della magistratura. Vi è anche un'altra imprecisione che circola nella pubblica opinione, certamente non su questi banchi, sulla quale si costruisce un altro dei dogmi che qui - secondo me del tutto scorrettamente - sono stati evocati dal collega Bobbio, cioè una sorta di conflitto e di parità tra magistratura e politica. Vorrei perciò chiarire che la magistratura - lo sappiamo tutti - non ha alcuna impunità o immunità, come non ce l'ha la politica (cioè i parlamentari, perché il presidente di una Regione non ha nessuno scudo normativo) in questo momento. La politica, cioè i parlamentari, sono in questo momento coperti dall'articolo 68 della Costituzione e soltanto dalle norme di applicazione dell'articolo 68, secondo taluni abbastanza generose. I magistrati non sono solo passibili di azione disciplinare; per ogni fatto costituente reato che essi commettano, sono regolarmente processati, fra l'altro con un meccanismo che di regola dovrebbe essere, almeno in teoria, almeno più di garanzia non per loro, ma per i cittadini, perché non vengono processati dai loro colleghi di ufficio, ma vengono processati da colleghi territorialmente lontani che si presume conoscano meno le persone, e quindi siano ancor più imparziali. Ovviamente questa è la teoria costituzionale e legislativa, ma questo va detto anche per far comprendere come la funzione disciplinare non sia l'ultima spiaggia, come pare da questo dibattito, ma si incardini all'interno di un sistema ed abbia una sua ratio ed una sua motivazione, ma non è l'unico modo per reprimere comportamenti scorretti da parte della magistratura. Mi consentirà il collega Bobbio, ma ho sentito molte imprecisioni nella sua esposizione dei problemi di carattere generale, e non desidero affrontarli sotto un profilo politico, ma sotto un profilo giuridico. Intanto, insistentemente si ripete che la magistratura, come il legislativo, è un potere. Ai sensi della nostra Costituzione - ma ritengo anche qui di dire cose ovvie, che però non sono state dette allo stesso modo - la magistratura è un ordine. Noi siamo un potere, il potere legislativo, la magistratura è un ordine. E non a caso lo è, tanto è vero che noi abbiamo scelto questa strada. Avremmo potuto costruire la magistratura come un potere se fossimo stati un Paese di common law nel quale la magistratura è elettiva e risponde anch'essa direttamente al popolo. Noi abbiamo scelto la magistratura funzionariale, la magistratura continentale; è una magistratura di impiegati del popolo, non di eletti dal popolo, o di persone che si devono meritare la fiducia del popolo. Quindi, è malposto ogni problema nel quale specularmente noi ci dovessimo confrontare con la magistratura. È tanto vero questo che parliamo, appunto, di funzione disciplinare. La funzione disciplinare non si applica al parlamentare, noi non vi siamo soggetti, certo, siamo soggetti alla buona creanza ed ai nostri autonomi Regolamenti, ma non siamo censurabili sotto un profilo disciplinare, mentre ai magistrati si applica la valutazione ed il controllo di professionalità, che invece a noi non si applica. Una volta per fare i consiglieri comunali si doveva superare la prova di alfabetismo, adesso non c'è neanche più quella; quindi ciascuno di noi politici non deve dare ai cittadini se non la propria disponibilità ad essere eletto. I magistrati no, perché non devono essere eletti, ma devono essere nominati in un certo modo, sulla base di un concorso, e garantire una specifica professionalità. Detto tutto questo, l'altra imprecisione grave - mi consentirà il collega Bobbio - è che, secondo la sua interpretazione, la sua visione, qualora il magistrato individuasse una incompletezza o una lacuna dell'ordinamento, cioè una mancanza di legge, dovrebbe arrestarsi, cioè impedirsi di dare giustizia, e segnalare la cosa non sappiamo bene a chi. Questa sì, caro collega Bobbio, è una forma di interpretazione creativa delle norme, quella che lei oggi ci ha, diciamo così, servito in Aula! Il magistrato deve dare giustizia, per il principio di completezza dell’ordinamento, per il principio dell’applicazione analogica della legge, per il principio cioè che non esiste fattispecie che la nostra magistratura non debba e non possa regolare. ____________________ I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE COPIATI CITANDO E LINKANDO LA FONTE
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