NOTIZIARIO del 19 gennaio 2004

 
     

Il caso Travaglio-D'Alema

La risposta di Travaglio a D'Alema (pag 26 de L'Unita' su carta del 18 gennaio 2004):

(...) Non ho mai detto - come afferma D'Alema - che «siamo una banda di mascalzoni che si sono arricchiti», né che «abbiamo usato le tangenti per prendere il controllo del partito» (parlando di Tangentopoli, ho detto che non si trovarono ex comunisti che si erano personalmente arricchiti; ma che «rubare per il partito» è, dal punto di vista politico e sociale, più grave che rubare per sé, visto che chi porta tangenti fa carriera nei partiti a scapito di chi non ha altro da portare se non le proprie capacità).

D¹Alema non l'ho proprio nominato, né ho detto nulla di riferibile a presidenti del Consiglio, ministri, sottosegretari, interi governi. Tant'è che gli ex ministri e i dirigenti del Pds presenti in sala non si sono sentiti chiamati in causa. Forse perché avevano ascoltato le mie parole e non le interpretazioni interessate del giorno dopo.

Quando, al teatro Vittoria, Paul Ginsborg mi ha chiesto di intervenire, da semplice giornalista (e non da «leaderino» o da portavoce di chicchessia), sulla questione morale, ho posto ai leader del centrosinistra alcune domande di carattere generale e di ordine politico. Se avessi voluto accusare qualcuno, avrei fatto nomi e cognomi e portato - come sempre - le prove.

Ho chiesto, per esempio, se davvero l¹esclusione di Di Pietro fosse frutto di allergie personali o non risalisse invece a Mani Pulite. E se non fosse il caso, prima di parlare di alleanze, di chiarire una volta per tutte che cosa si pensa di quella stagione: fu un golpe e una «invasione di campo» dei giudici, come molti esponenti dello Sdi e non solo continuano a dire, o una doverosa indagine su un vastissimo sistema di corruzione, che coinvolgeva esponenti di tutti i maggiori partiti, incluso l'ex Pci? E, se è così, perché non fare finalmente i conti con quei fatti ormai accertati, per poi credibilmente «voltare pagina»? (chi vuole «i nomi» li può trovare nei vari libri e articoli scritti, non solo da me, sull'argomento).

Perché, quando l'Ulivo governava, votò con il Polo tante «riforme» contro la magistratura e non trovò il tempo, in cinque anni, per fare una legge anticorruzione? Perché si continuano a candidare e a promuovere condannati e miracolati dalle prescrizioni? Oggi si pensa che questi siano errori di cui scusarsi per cambiare registro, o è su quella piattaforma che sta nascendo il nuovo partito «riformista»? Forse gli elettori hanno il diritto di saperlo, possibilmente «prima» di esser chiamati un'altra volta alle urne. E forse hanno diritto a una parola chiara sugli scandali che quella stagione ha lasciato sulla sua strada. Ne ho elencati alcuni. Non li ho inventati io: se ne sta occupando la magistratura e ne ha dato conto tutta la stampa italiana, Unità compresa.

Poi ho ricordato quel che disse Guido Rossi sulla «merchant bank di Palazzo Chigi », domandando perché nessuno avesse ritenuto di replicare (ora D¹Alema dice che «con Rossi non ho mai voluto polemizzare »:ma perché?). Poi ho semplicemente parafrasato un po¹ volgarmente quella frase: «... nella quale (merchant bank) entrarono persone con le pezze al culo e uscirono miliardarie ». Non per lanciare accuse di corruzione a qualcuno ma per chiedere chiarezza, possibilmente prima che i soliti noti ne approfittino per un bis dell'operazione Telekom Serbia, a reti unificate, in campagna elettorale.

Qualcuno è disposto a pensare che la questione morale riguarda soltanto il centrodestra e si estinguerà quando Berlusconi & C. se ne andranno a casa? Davvero «farsi del bene» vuol dire prendersi in giro e raccontarsi le fiabe? Non sarebbe molto più onesto cominciare a parlare di tutto, senza ipocrisie e infingimenti, per evitare di ricadere nei vecchi, tragici errori? Il «cui prodest» delle mie domande non mi riguarda. Non credo che parlare di certi argomenti con questo spirito significhi, come affermaD¹Alema, «fare da sponda a una campagna calunniosa e scandalistica della destra per ragioni di lotta politica interna» o «farsi del male».

È inaccettabile pretendere che un giornalista taccia su certi argomenti «per non fare il gioco degli avversari ». La convenienza politica è una categoria che non può e non deve entrare nella mente di un giornalista. Ma forse fare luce su certi fatti oscuri può aiutare anche la politica. Girando l'Italia invitato da partiti emovimenti del centrosinistra (dall¹altra parte non invitano: sparano), continuo a incontrare tanti cittadini ed elettori dell'Ulivo così maturi da voler discutere di tutto, anche delle cose più spiacevoli. Per «farsi del bene » dicendosi la verità. E rispondendo alle domande scomode.

Vedo con piacere che D'Alema ha cominciato a farlo, almeno sul caso Telecom, nell'intervista di ieri all'Unità. Ma quell'intervista, a parte le contumelie personali e le minacce di querela, è un bel passo in avanti. Se per ottenere qualche risposta dopo anni di silenzio bisogna beccarsi una denuncia, ben venga la denuncia. La aggiungo alla collezione di quelle di Berlusconi, Previti, Dell'Utri, Confalonieri (a proposito: qualcuno mi spiegherà prima o poi perché mai, se «Travaglio fa il gioco della destra» o - come ha detto Livia Turco al Foglio - «Travaglio ha fatto vincere le elezioni a Berlusconi», i leader della destra continuano a denunciarmi e a chiedermi i danni per centinaia di miliardi).

Certo, è un po¹ triste dover rivendicare il diritto-dovere di porre domande, anche le più brutali, a chi ha avuto importanti responsabilità politiche in una stagione che presenta molte luci, ma anche qualche ombra. Vorrei ricordare infine che nella conferenza stampa sul caso Kelly, un giornalista inglese ha chiesto a Tony Blair: «Non si sente le mani sporche di sangue?». Blair, anziché querelare o stracciarsi le vesti, ha risposto alla domanda. Sapeva benissimo che il giornalista non lo stava accusando di aver personalmente assassinato, né ordinato di assassinare, nessuno. Lo stava interpellando sulle sue eventuali responsabilità politico- morali in quella sporca faccenda.

Sarò fatto male, ma sono abituato ad applicare le stesse categorie, giuste o sbagliate che siano, a tutti: a destra come a sinistra. Non conosco doppie morali né superiorità morali per definizione, «a prescindere». Per me un ladro di sinistra non èmeno ladro di un ladro di destra. Lo scrivo liberamente da un anno e mezzo su questo giornale libero (e sui pochi altri rimasti), nella speranza di dare un piccolo ma credibile contributo alla battaglia di libertà contro il regime di Berlusconi. Spero di poter continuare a farlo.

Marco Travaglio

Caro Marco,

in questa tua lettera vi sono alcuni passaggi che non ci sentiamo di condividere. Domani cercheremo di dire con chiarezza qual è il punto di vista del giornale su un tema così importante e delicato.

f.c. (Furio Colombo, ndr)

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clicca per ascoltare l'audio dell'intervento di Marco Travaglio all'assemblea dei girotondi e dei movimenti a Roma del 10 gennaio. La registrazione e' di Radio Radicale, ed il collegamento riporta a quel sito. (13:17")


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dell'intervento di Marco Travaglio all'assemblea dei girotondi e dei movimenti a Roma del 10 gennaio.

lo speciale Travaglio-D'Alema