NOTIZIARIO del 21 dicembre 2004

 
     

Diritti umani e dialogo : differenza fra la Cina e la Turchia
di Rita Guma

Le recenti dichiarazioni del presidente Carlo Azeglio Ciampi sul dialogo con la Cina, e l'ipotesi comunitaria di abolizione dell'embargo sulle armi verso il gigante asiatico non mi trovano d'accordo, ma nemmeno un po'.

Comprendo le ragioni dell'economia. Il primo luogo la Cina e' un mercato vastissimo, come potenziale assorbimento, in secondo luogo e' un produttore senza regole e con costi bassissimi.

Chi ha frequentato le ultime fiere tecnologiche di Monaco e di Milano ha dovuto rendersi conto di quanto avanti e quanto agguerriti siano i cinesi in fatto di prodotti, anche nel campo delle tecnologie avanzate. Essi infatti copiano i nostri prodotti appena sfornati e li producono poi a un sesto del costo grazie alle fabbriche di Stato e ai milioni di operai, vendendoli anche qui da noi a prezzi stracciati. Idem per la moda pret à porter e tanti altri prodotti.

Un aspetto da non sottovalutare (e che infatti non viene sottovalutato).

Ma non sono nemmeno da sottovalutare i diritti umani, che in quel gigantesco Paese vengono continuamente calpestati, sia nei confronti delle minoranze religiose ed etniche, sistematicamente perseguitate, sia nella quotidiana e rapida amministrazione della giustizia penale, con ampio uso della pena di morte, alla quale persino si inneggia.

Un discorso analogo sui diritti umani varrebbe (e viene fatto da alcuni) per la Turchia (che la pena di morte ha abolito), ma c'e' a mio avviso un'enorme differenza.

Con la Turchia, quando fra dieci anni entrasse a far parte dell'Unione Europea, noi non ci limiteremmo a dialogare e ad effettuare scambi commerciali, ma informeremmo con la Costituzione europea, le nostre regole e leggi tutto il loro agire normativo e sociale.

Un Turco o una minoranza che fosse colpito da abusi e soprusi potrebbe adire alla Corte di Giustizia Europea e qualora fossero sistematicamente lese le leggi del mercato o leggi riguardanti i diritti umani, la Commissione europea interverrebbe imponendo il rispetto delle regole, e cosi' via...

E dove non giungono le leggi comunitarie (perche' l'odio e il pregiudizio non si eliminano con editti o leggi), l'integrazione culturale via via imporrebbe un cambiamento di mentalita' a chi volesse ancora mantenere vecchi comportamenti anche oggi inaccettabili (il disconoscimento del genocidio degli Armeni, le discriminazioni delle minoranze, leggi e atti lesivi della dignita' e dell'integrita' psicofisica delle donne come il 'test di verginita'', il limitato riconoscimento del governo greco-cipriota).

La differenza sostanziale, cioe', e' nel fatto che la Turchia chiede di aderire nonostante le sue passate e presenti violazioni, ma accettando anche di porsi sotto l'ombrello normativo, gerarchico e giudiziario europeo, mentre la Cina sara' solo un partner commerciale che - scegliendo noi la strada della resa invece che quella di una reinventata economia e rinnovata tecnologia - diverra' sempre piu' necessario e davanti alle cui violazioni dovremo solo chiudere gli occhi.

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Turchia si, Turchia no