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NOTIZIARIO del 10
ottobre 2004
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Calcio,
coppa del mondo : Serbia e Bosnia , zero a zero La partita di qualificazione della coppa del mondo di calcio fra la Bosnia e la Serbia-Montenegro - un tempo contrapposte nel sanguinoso conflitto bosniaco, e' stata giocata ieri presso Sarajevo. Era la prima volta le due squadre venivano a contatto in un match dalla fine della guerra bosniaca che nove anni fa ha visto contrapposte le due etnie. In previsione di disordini erano stati schierati centinaia di agenti di polizia e attorno al campo era stata eretta un'alta recinzione di maglia metallica lunga 900 metri. Era stato previsto l'arrivo di 4.000 tifosi del Montenegro e della Serbia, ma ne sono arrivati circa 400. La polizia ha vietato qualunque cosa potesse essere usata come corpo contundente, compreso gli accendisigari, gli ombrelli e perfino i telefoni cellulari. Le bandiere nazionaliste, usate spesso per provocare gli avversari, sono state confiscate prima che entrassero nello stadio. Durante il gioco i fan hanno rumoreggiato, sventolando da una parte bandierine islamiche, dall'altra lanciando slogan provocatori con riferimenti a Ratko Mladic - l'ex comandante militare bosniaco serbo incriminato di genocidio dal tribunale per i crimini di guerra de L'Aja - ma l'organizzazione preventiva ha impedito disordini, sebbene in un tafferuglio siano stati feriti 19 agenti di polizia. Il match si e' concluso con un pareggio quasi simbolico sullo zero a zero. La scelta della sede non e' stata in effetti felice, in quanto a fianco allo stadio Kosevo vi e' un enorme cimitero dove sono sepolte i centinaia di vittime che sono state uccise durante una strage ad opera delle forze serbe durante la guerra. Alcune di esse furono bruciate vive proprio nello stadio. Nel frattempo si e' consegnato proprio sabato alle autorita' serbe Ljubisa Beara, ufficiale incriminato dal tribunale del L'Aja per l'ex Jugolavia per il massacro di Srebrenica, dove furono uccisi 7500 uomini e ragazzi musulmani. Beara era stato incriminato piu' di due anni fa in quanto capo della sicurezza dell'esercito serbo in Bosnia e responsabile dei prigionieri di guerra. Secondo il governo della Serbia e di Montenegro, Beara ha detto che stava consegnandosi per protegge gli interessi dello Stato e quelli della sua famiglia. Si attende ora l'estradizione, ma il TPI attende ancora circa 15 sospetti che si pensa essere in Serbia e Montenegro. La resa di Beara segue un certo numero di sollecitazioni recenti fatte da inviati stranieri di alto profilo affinche' il governo di Belgrado collabori piu' attivamente con il tribunale de L'Aja.
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