NOTIZIARIO del 2 ottobre 2003

 
     

LA CONTRORIFORMA
DELL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

a cura di Magistratura Democratica

1. Una vera controriforma che vuole distruggere la attuale magistratura e la sua indipendenza. Quella che è stata realizzata è una vera controriforma dell'ordinamento giudiziario il cui reale intento è distruggere l'attuale magistratura indipendente, senza farsi in alcun modo carico dei problemi reali della giustizia italiana. Si tratta di un progetto pessimo, ulteriormente peggiorato con emendamenti dell'ultima ora che si situa fuori dal modello costituzionale e che vuole un magistrato arrivista, succube e sottoposto ad una rigida gerarchia, privo dei diritti costituzionali di opinione, di associazione e di manifestazione del pensiero, solo e del tutto indifferente e insensibile alla salvaguardia dei diritti del cittadino.

2. Un magistrato che non può parlare, non può pensare, non può giudicare. Sono stati cancellati i diritti fondamentali del magistrato cittadino: il magistrato non potrà associarsi in enti o movimenti che possano essere ritenuti politici e non potrà partecipare a manifestazioni e attività a manifestazioni che possano apparire politiche ( quindi a tutti i momenti di dibattito e confronto, ivi comprese le iniziative contro mafia e terrorismo ad esempio). La libertà di stampa viene limitata, prevedendo che le uniche notizie potranno pervenire dai capi degli uffici e giungendo ad un anacronistico divieto di rapporti tra il singolo magistrato ed i giornalisti. La stessa attività di interpretazione della legge che costituisce l'essenza stessa del giudicare, viene limitata e irreggimentata con il divieto di interpretazioni che vengano ritenute contro la volontà della legge ( e sarà il Ministro a valutarlo per iniziare l'azione disciplinare) e di interpretazioni creative ed innovative. Se solo si pensa che intere materie derivano, nell'assenza di intervento della legge, da creazione giurisprudenziale ( dal danno biologico e tutte le controversie bioetiche) ci si rende immediatamente conto delle conseguenze che ne deriveranno per i diritti dei cittadini.

3. La separazione "di fatto" delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri e la gerarchizzazione degli uffici di Procura ( e non solo). Di fatto si realizza la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri. Vengono creati due diversi concorsi di ingresso e il passaggio da una funzione all'altra nel corso della vita professionale del magistrato viene riempito di difficoltà ed ostacoli ( occorre sostenere un nuovo specifico concorso e trasferirsi in un distretto diverso). Il modello prescelto per la riorganizzazione è quello della gerarchizzazione totale ed assoluta di tali uffici. Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale è "il titolare esclusivo dell'azione penale" che esercita "sotto la sua personale responsabilità"; al suo previo assenso sono sempre subordinati sequestri e misure cautelari (tanto che i Procuratori aggiunti vengono aboliti). I sostituti sono meri "delegati" del capo dell'ufficio , tenuti ad attenersi nell'esercizio delle loro funzioni ai "criteri" eventualmente fissati dal capo dell'ufficio. Il Procuratore tiene personalmente - o a mezzo di un suo delegato - i rapporti con gli organi di informazione. Rinasce il potere di "avocazione" e di "sostituzione" del P.G. ( in caso di violazione dei termini delle indagini, di reiterate violazione di norme processuali "anche non tutelate da sanzioni processuali" e di esigenze di coordinamento), potere famigerato che tanti sospetti e polemiche sull'amministrazione della giustizia ha sollevato nella storia del paese. Un trionfo della gerarchia, dunque, che prepara la strada a forme di subordinazione al controllo politico dei capi dei Procuratori. In definitiva un progetto che non ha di mira l'efficienza e l'incisività dell'azione delle Procure, ma la loro controllabilità attraverso gli strumenti della gerarchia interna e della responsabilità esterna del dirigente. Ma più in generale ed anche negli uffici giudicanti viene ricostruita una gerarchia interna in cui i migliori magistrati sono quelli di Cassazione e quelli collocati in posti apicali, mentre i meno capaci si occuperanno per tutta la vita del giudizio di primo grado o delle indagini, cioè dei settori (spesso più delicati) a diretto contatto con i cittadini.

4. L'onnipresente ed ingestibile sistema di concorsi ed esami. L'intera vita professionale del magistrato viene scandita da un farraginoso , onnipresente ed ingestibile sistema di esami e concorsi. Le migliori energie di ogni magistrato saranno impegnate nello studio e nella scrittura di "belle" sentenze a discapito dello svolgimento dell'attività professionale. Per accedere alle funzioni di secondo grado, di cassazione, per i posti direttivi e semidirettivi, per cambiare funzioni sarà necessario partecipare a concorsi in cui non conterà la capacità professionale e l'idoneità, ma l'essere astratti cultori del diritto ed avere tempo (sottratto al lavoro) per studiare. In sostanza un sistema di "concorsi permanenti" con commissioni di esame che siedono per un triennio divenendo i veri arbitri dell'assetto della magistratura.

5. La mortificazione del Consiglio Superiore della magistratura ed i nuovi poteri del Ministro. Il Consiglio Superiore della Magistratura viene mortificato togliendogli larga parte dei poteri e dei compiti. Il C.S.M. perde ogni voce sull'organizzazione degli uffici ( che passa ai Consigli Giudiziari), sulla formazione ( che passa ad un'istituenda e formalmente autonoma Scuola Superiore delle Professioni Giuridiche), sulla valutazione dei magistrati per la progressione in carriera e il conferimento di incarichi ( che passa alle varie Commissioni di esame), viene abolito il trasferimento di ufficio dei magistrati per incompatibilità ambientale e funzionale. Anche i Consigli Giudiziari, organi decentrati di autogoverno, vengono snaturati passando ad una composizione ( oggi vi sono 7 componenti di cui 5 eletti dai magistrati), in cui i componenti elettivi sono una minoranza ( solo 3) e tra i 4 componenti non togati ( di cui un professore universitario e un avvocato) vi sono due nominati dal Consiglio Regionale. Alla mortificazione del C.S.M. corrisponde un aumento di poteri del Ministro che potrà decidere sui contrasti intervenuti tra dirigente dell'ufficio giudiziario e dirigente amministrativo, che nominerà uno dei componenti del Comitato direttivo della Scuola Superiore delle professioni giuridiche, che diverrà il vero dominus del procedimento disciplinare con l'introduzione di ipotesi amplissime di illecito disciplinare e l'introduzione di una nuova forma di trasferimento di ufficio ad altra sede in via cautelare e provvisoria nell'ambito del procedimento disciplinare.

6. I tratti distintivi del progetto: burocratismo ed inefficienza per affermare una volontà di controllo. La controriforma nasce da una ossessione burocratica, che appare anacronistica ed inaccettabile se si hanno di mira i veri interessi dei cittadini e diventa comprensibile solo alla luce di una volontà di controllo sulla magistratura grazie a soffocanti meccanismi di carriera. I tratti caratteristici della controriforma sono: - il tentativo di "spaccare" la magistratura tra giudicanti e requirenti e tra diverse "caste" per renderla controllabile dal potere politico; - l'inadeguatezza organizzativa e l'inefficienza operativa del modello proposto che dà vita ad una magistratura strutturata alla "prussiana" (con i gradi, le classi, le gerarchie, e così via ); - la chiara incostituzionalità di molte previsioni: da quelle che tolgono in modo esplicito o sotterraneo al C.S.M. i compiti demandati dall'art 105 Costituzione, al contrasto di tutto il sistema concorsuale con il principio costituzionale di pari dignità di tutte le funzioni giudiziarie, alla negazione dei diritti fondamentali ( di associazione, di espressione, di libertà di pensiero) del magistrato cittadino. Alla riduzione dei diritti che ha già colpito molti soggetti deboli adesso viene unito il tentativo di incidere e limitare la stessa giurisdizione, ovvero la possibilità per il comune cittadino di far valere avanti ad un giudice i propri diritti. In sintesi la proposta del governo non è una modernizzazione, non è una riforma; è un progetto di controllo e di riduzione dell'indipendenza della magistratura e di ogni singolo magistrato che si tradurrà in meno diritti per tutti.


L'ABOLIZIONE DEL TRIBUNALE DEI MINORI

Il 31 luglio 2003 la Commissione Giustizia della Camera ha approvato la riforma della giustizia minorile. Si prevede: la soppressione dei Tribunali per i minorenni e il trasferimento delle relative funzioni civili, penali e amministrative al tribunale ordinario con istituzione, a organico invariato, di sezioni specializzate addetta alla trattazione dei processi penali a carico di minori e dei procedimenti civili in materia di minori, famiglia, stato e capacità delle persone, da istituirsi nelle sedi con adeguato organico e carico di lavoro; la riduzione dei componenti onorari nel settore penale e la previsione di sole competenze istruttorie per gli onorari nel settore civile; la possibilità di attribuire alle sezioni in caso di particolari esigenze dell'ufficio, competenze ulteriori.

La magistratura associata da tempo sostiene l'opportunità dell'unificazione delle competenze in materia di minori e famiglia in un apposito Tribunale della famiglia o in una sezione specializzata, con elevata autonomia organizzativa e competenza esclusiva, che giudichi in composizione monocratica, collegiale togata e collegiale con l'apporto degli esperti a seconda delle materie. E' essenziale il mantenimento della componente onoraria (quanto meno) con riferimento ai giudizi di adottabilità e sulla potestà dei genitori; infatti, solo l'apporto degli esperti nella trattazione e nella decisione dei casi garantisce una vera specializzazione del giudice in settori caratterizzati da un'ampia discrezionalità (essendo il criterio-guida dell'azione giudiziaria l'esclusivo interesse del minore) e dall'uso necessario di saperi extragiuridici (psicologici, psichiatrici, sociologici, pedagogici ….) per conoscere la realtà e prevedere gli effetti dell'intervento giurisdizionale.

Il problema della giustizia minorile non è il giudice, ma il processo: la magistratura associata, e in specie quella minorile, da almeno un decennio sostiene la necessità di una regolamentazione del processo minorile secondo i principi costituzionali del giusto processo, ma niente dice la legge. Un giudice della famiglia, inserito in un tribunale ordinario che vede aumentare le sue competenze a organici invariati, finirà ben presto a integrare collegi penali o a fare sfratti e locazioni (tanto dei bambini se ne occupano le loro famiglie!); e allora forse (e non vorremmo) saranno maturi i tempi per privatizzare le adozioni (in specie internazionali) e lasciare il campo libero agli enti; e chi oggi scaglia pietre contro i giudici minorili sarà ben felice di sopperire alla mancanza di conoscenze specialistiche di questo giudice, con ovviamente ben retribuite, consulenze.

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Ospitiamo volentieri questa analisi di Magistratura Democratica cosi' come riportiamo:

la relazione della legge in oggetto

la legge delega

l'emendamento all'articolo 7 con stralcio di discussione in commissione