notiziario 27 aprile 2002

 
     

Nel suo rapporto annuale
Reporter sans Frontières
fotografa la situazione di 146 Paesi
Il 3 maggio 2001 si è celebrata la Giornata internazionale
per la libertà di informazione

Di Wanda Marra

Si è celebrata il 3 maggio la Giornata internazionale per la libertà di stampa, richiesta dieci anni fa dall'Unesco per incoraggiare e sviluppare le iniziative e le riflessioni a difesa di tale libertà e indetta dalle Nazioni Unite nel 1993.

La libertà di informazione, in molti Paesi, è ancora un traguardo da raggiungere. Secondo il rapporto annuale di Reporters Sans Frontières, che fotografa la situazione di 146 paesi, 32 giornalisti sono stati uccisi nel 2000 nell'esercizio della loro professione o per le loro opinioni, 329 sono stati arrestati e 500 aggrediti o minacciati. Circa 300 media sono stati censurati o sospesi. Circa un terzo della popolazione mondiale vive in paesi dove non c'è libertà di espressione. Dall'inizio del 2001 quattro giornalisti sono stati uccisi, 75 arrestati, 107 minacciati o aggrediti e 55 mezzi d'informazione sono stati censurati.

Il sequestro delle fonti d'informazione da parte dei governi e la repressione consentita e perdonata da leggi che privano i media della loro libertà, sono i due maggiori strumenti - tuttora in funzione - con i quali la stampa si può tenere sotto controllo. Quattro paesi detengono dietro le sbarre più della metà dei giornalisti imprigionati nel mondo: la Birmania (13 giornalisti incarcerati), la Cina (12), l'Iran (10) e l'Etiopia (9). Reporters Sans Frontières giudica la situazione della libertà di informazione buona in 96 dei 189 Stati membri delle Nazioni Unite, difficile in 65, grave in 28.

Il panorama delineato da Reporter sans Frontières comprende i più vari e diversi attentati alla libertà d'espressione. Ogni paese individua gli obiettivi e escogita gli strumenti più in linea con la propria situazione e la propria storia politica. In Russia, Vladimir Putin, considera l'informazione come un " settore strategico", che "serve gli interessi nazionali del paese". A Cuba le libertà di espressione e di informazione sono garantite attualmente dalla legge solo finché il loro uso è " in accordo cogli obiettivi della società socialista". In Cina i leader politici sono tuttora convinti che i giornalisti siano "al servizio del popolo" e che il solo scopo della stampa sia di informare sulle decisioni e sulle azioni del partito.

Nonostante il diritto internazionale richieda oggi che le costituzioni e le leggi di tutti i paesi contemplino la libertà di espressione e di informazione, spesso queste libertà sono annullate da un insieme di condizioni e di restrizioni che le imbavagliano. La Macedonia ha inventato il delitto di "mancanza di professionalità" da parte dei giornalisti, che possono essere condannati a pagare ingenti ammende. Diciassette paesi dell' America Latina hanno ancora leggi che proteggono l' "onore" degli impiegati dello stato. Vige ancora in Birmania una legge che prevede condanne detentive per coloro che collaborano a pubblicazioni contenenti "idee sbagliate". In Laos, alcuni giornalisti sono stati condannati a multe e pene detentive per aver usato Internet "in modo errato".

In Nigeria, i giornalisti possono essere incriminati per "nocumento alla morale islamica". Nello Sri Lanka, in Bangladesh e in molti Paesi Africani, un reporter può essere accusato di essere un agitatore sociale semplicemente per aver seguito come cronista una manifestazione. In Bielorussia e in Turkmenistan, paesi sopravvissuti all'era stalinista, le agenzie di informazione sono sta te perseguite per avere commentato rapporti ufficiali di organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa e il Consiglio d' Europa. In Nepal, il governo ha emanato una direttiva che ordina alle stazioni radio, non solo di cessare la trasmissione di notizie diverse da quelle fornite da fonti ufficiali, ma anche di mandare i loro articoli al ministero dell' Informazione per il visto di approvazione almeno una settimana prima della trasmissione.

Secondo Reporters Sans Frontières sono 30 i maggiori "predatori", le persone che si nascondono dietro le violazioni della libertà di informazione. Da Putin al cinese Jiang Zhemin, da Fidel Castro allo Ayatollah Ali Khamenei, gli identikit di questi presidenti, ministri, ufficiali militari, guide della Rivoluzione o semplicemente capi di fazioni armate sono disponibili sul sito. La situazione di Internet è ancora in fase di stabilizzazione. La World Association of Newspapers sottolinea come grazie ad Internet almeno la possibilità di un'informazione più libera è stata creata in nazioni come Burma, la Cina e Cuba,Iraq, Libia, Corea del Nord, Sudan, Siria e Vietnam.

I governi, quanto meno, come sta accadendo in Cina, sono costretti ad inventarsi nuovi metodi per la repressione di voci dissidenti. Un rapporto pubblicato lo scorso 30 aprile da Freedom House, un'associazione non profit per la libertà e la democrazia nel mondo, afferma che la libertà di Internet in molti paesi è superiore alla libertà di stampa in generale e permette spesso di eludere la censura. Su 131 nazioni, in cui sono state analizzate la penetrazione, il regolamento, e il costo di Internet, 58 nazioni sono state considerate poco restrittive nei confronti di Internet, 55 moderatamente restrittive e 18 molto restrittive.

Ma Reporter sans Frontières avverte: se Internet resta un formidabile mezzo per aggirare la censura (l'esempio del giornale tunisino Khalima - diffuso online dopo che la sua pubblicazione è stata vietata nel paese - rappresenta una testimonianza), sono sempre più numerosi i regimi che tentano di mettere in piedi dispositivi che consentano di controllare questo mezzo di comunicazione.

Da Mediamente 4.5.2001

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