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notiziario 24 genaio
2003
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Sintesi
del Rapporto realizzato da "Reporters sans Frontières" sulla libertà dell'informazione Bilancio 2003 2003, UN ANNO NERO § 42 giornalisti uccisi e un forte aumento degli attacchi alla libertà di stampa Nel 2003 : § 42 giornalisti uccisi § almeno 766 fermati § almeno 1460 aggrediti o minacciati § almeno 501 media censurati Al 1° gennaio 2004 : § 124 giornalisti incarcerati nel mondo A titolo di paragone, nel 2002 : § 25 giornalisti uccisi § almeno 692 fermati § almeno 1420 aggrediti o minacciati § almeno 389 media censurati Tendenze generali Tutti gli indicatori degli attentati alla libertà di stampa sono nel 2003 in rosso. Se il numero di aggressioni e di minacce è sostanzialmente identico all'anno passato, le altre violazioni della libertà di stampa sono in nettissimo aumento rispetto al 2002, e globalmente dal 2001. Il numero dei giornalisti uccisi (42) è il più alto dal 1995 (49) e di ciò la guerra in Irak ha la sua responsabilità. In relazione alla violenza dei conflitti, ma non solo, il numero dei giornalisti aggrediti e minacciati ha raggiunto un tetto molto alto, leggermente superiore a quello del 2002. Il numero dei giornalisti fermati e dei media censurati stabilisce a sua volta un record nel 2003: l'aumento degli attentati alla libertà di stampa dal 2001 è, senza dubbio, legato alla lotta contro il terrorismo e alle leggi in tal senso adottate in alcuni paesi dopo gli attentati dell'11 settembre. Le situazioni più preoccupanti sono rilevate in Medio-Oriente (dove la stampa continua a soffocare sotto il peso di regimi repressivi e sclerotizzati o all'ombra di democrazie di facciata) e in Asia (la più grande prigione al mondo per giornalisti, cyberdissidenti e internauti): nei due casi, 16 sono i giornalisti uccisi. In America latina, gli attentati alla libertà di stampa sono relativamente stazionari rispetto al 2002, mentre in Asia centrale, la situazione si è nettamente deteriorata da questo punto di vista. Nel continente africano, la tendenza generale è di degrado delle condizioni d'esercizio del mestiere di giornalista. La situazione resta invece soddisfacente nei Paesi dell'Unione Europea, ad eccezione dell'Italia, dove il conflitto d'interessi di Silvio Berlusconi, contemporaneamente capo dell'esecutivo e proprietario di un vero impero mediatico, continua a rappresentare una minaccia per il pluralismo dell'informazione. 2003, un anno sanguinoso per la libertà di stampa Il Medio-Oriente è stato nel 2003 la parte del mondo più micidiale per i giornalisti. 14 giornalisti e collaboratori di media hanno perso la vita e una quindicina sono stati feriti, seguendo gli avvenimenti bellici e il dopo-guerra in Irak. In nessuno di questi casi, è stata aperta un'inchiesta degna di questo nome per chiarire le circostanze dell'accaduto. Situazione analoga nei territori palestinesi: l'esercito israeliano ha ucciso due cameraman, ma fino a questo momento non è stata inflitta nessuna sanzione agli autori degli atti. L'anno 2003 è stato fatale anche per diversi giornalisti filippini, nepalesi, indonesiani e indiani, uccisi il più delle volte per aver denunciato la corruzione e le mafie locali. In Iran, una fotografa è morta mentre era sotto custodia, dopo essere stata fermata perché realizzava un servizio sugli studenti detenuti nella sinistra prigione di Evin (Téhéran). In Costa d'Avorio, dal settembre 2002, dall'inizio cioè della guerra, le condizioni di lavoro dei giornalisti del Paese e stranieri, accusati di complicità con i ribelli e spesso additati alla riprovazione popolare dai media vicini al potere, sono sempre più difficili. Per finire, in Colombia 4 giornalisti sono stati uccisi per aver denunciato la corruzione degli eletti, addirittura la loro collusione con i gruppi armati. Sfortunatamente, tutte queste situazioni hanno una sola spiegazione: la totale impunità di cui godono gli assassini dei giornalisti. Sempre più numerosi i giornalisti fermati Il 1° gennaio 2004, almeno 124 giornalisti risultavano essere detenuti nelle varie parti del mondo, a causa delle loro opinioni o per le loro attività professionali; il numero dei giornalisti fermati è in aumento costante dal 2001, aumento che non ha l'aria di volersi fermare. A Cuba, Fidel Castro continua con la repressione e la carcerazione delle figure più importanti della stampa indipendente dell'isola e condanna i giornalisti a pene che vanno da 14 a 27 anni di prigione. La Birmania si comporta nello stesso modo, essendo il paese dell'Asia in cui, per aver scritto a favore della democrazia, è detenuto il numero maggiore di giornalisti. In Nepal, la fine in agosto del cessate il fuoco ha portato ad una nuova ondata di arresti di giornalisti pro maoisti o sospettati tali. In Eritrea, addirittura, solo la stampa ufficiale ha il diritto di uscire. In Iran, la giustizia nelle mani dei conservatori imprigiona senza ritegno i giornalisti: almeno una cinquantina sono stati fermati e la maggioranza di loro sono stati giudicati con processi svoltisi a porte chiuse. Due episodi che rimandano alla situazione di parecchi anni all'indietro si sono verificati anche in Marocco (dove un giornalista è stato condannato a tre anni di prigione per delle caricature) e in Russia (dove un giornalista è stato condannato a un anno di lavori forzati per una questione di diffamazione). Infine, in Turchia, malgrado le riforme di grande ampiezza adottate nella prospettiva dell'adesione all'Unione Europea, i giornalisti che criticano il governo o l'esercito, come i giornalisti pro-curdi, sono sempre sottoposti, nella pratica, a delle abusive azioni giudiziarie. Un numero notevole di aggressioni e di minacce Il numero di giornalisti aggrediti e/o minacciati di morte è stazionario rispetto al 2002, ma è molto elevato (1460). La maggior parte delle volte, i problemi provengono da parte di militanti politici, estremisti religiosi o mafie locali, come nel caso del Bangladesh, dell'Afghanistan e dei numerosi Stati dell'America centrale o latina (tra i quali il Venezuela e la Bolivia). I governi di questi Stati coprono gli aggressori e molto spesso sono loro stessi gli istigatori di quelle violenze che hanno finito gli anni scorsi con lo spingere diversi giornalisti a prendere il cammino dell'esilio. Infine, il numero di aggressioni o di minacce continua ad aumentare in maniera allarmante in Ucraina e in Russia, dove queste violenze toccano in particolare i reporters che fanno inchieste su casi di corruzione che coinvolgono le autorità locali. La censura, un indice che sale Il 2003 ha visto un forte aumento della censura nel mondo. E' ancora una volta in Asia che il maggior numero di media è stato imbavagliato; più precisamente in Cina, dove è quasi impossibile scrivere la verità su certi argomenti sensibili, in Birmania, uno dei rari Paesi al mondo che pratica la censura preventiva (soprattutto dopo l'arresto del premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi) e in Turkmenistan (il Paese più repressivo dell'ex URSS). E' inoltre allarmante constatare una recrudescenza della censura nel continente africano, dove in certi Stati (Zimbabwe, Gabon, Randa, Eritrea, Swaziland) la vita dei giornali indipendenti e privati è messa seriamente in pericolo dai responsabili politici locali. La situazione non è migliore in Medio Oriente. Anche qui la stampa è strettamente controllata dai governi (Yemen, Siria, Palestina, Arabia Saudita e Giordania) che al riguardo non hanno nessuna intenzione di rispettare una qualsiasi forma di libertà. Infine, numerosi regimi abusano della lotta legittima contro il terrorismo per mantenere la stampa sotto sorveglianza: è il caso soprattutto della Tunisia, del Marocco, dell'Irak (divieto per il canale Al-Arabiya di operare nel paese in quanto accusato di incitare alle violenza), della Colombia e della Spagna (dove la lotta contro l'organizzazione terroristica basca ETA ha dato qualche fastidio alla libertà di stampa). La libertà di stampa vittima dei conflitti Oltre alla guerra in Irak, gli altri conflitti armati del pianeta hanno ugualmente messo a dura prova la libertà di stampa. E' diventato quasi impossibile seguire con indipendenza la guerra in Cecenia per i reporter russi o stranieri, a causa degli ostacoli dell'esercito russo e dei rischi di rapimento. In Liberia, la ripresa del conflitto ha avuto delle gravi ripercussioni sulla libertà di stampa: 2 giornalisti sono stati feriti con armi da fuoco e decine di altri sono stati aggrediti o sequestrati. In Indonesia, 2 reporter sono stati uccisi dopo la proclamazione della legge marziale nell'Aceh, almeno 5 altri sono stati arrestati e una ventina aggrediti o presi di mira dal fuoco delle armi. In questa provincia separatista, dove i militari mettono sotto chiave l'informazione e controllano l'attività dei giornalisti, parecchi corrispondenti stranieri sono stati espulsi dal Paese. La stessa cosa si è verificata in Pakistan e in Sudan ed ha coinvolto il settimanale francese L'Express nonché il quotidiano anglofono Khartoum Monitor. Internet sotto sorveglianza Quest'anno si è vista la liberazione di parecchi cyber dissidenti. Malgrado queste liberazioni, la Cina resta di gran lunga la più grande prigione del mondo per gli internauti. 6 nuovi cyber dissidenti sono stati imprigionati quest'anno, cosicché al I gennaio 2004 risultano 48 gli internauti detenuti grazie alla temibile efficacia della cyber polizia cinese. La Cina si è infatti dotata di tecnologie di punta per sorvegliare la rete e braccare i cyber dissidenti, tecnologie che spesso le sono state fornite da imprese straniere, come la Cisco System. Il Vietnam segue l'esempio del grande fratello cinese: 9 cyber dissidenti vi sono prigionieri. Oltre a questi due Stati, si possono citare tra i Paesi più repressivi in materia di Internet le Maldive, la Birmania, la Corea del Nord, Cuba, l'Arabia Saudita, la Tunisia e diversi paesi dell'ex URSS. l'espresso _____________ I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE COPIATI CITANDO E LINKANDO LA FONTE
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