notiziario 22 aprile 2002

 
     

Delibera del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia
Sirchia contro Repubblica per un articolo sulla perquisizione della Guardia di Finanza: assolti i due giornalisti (in nome del diritto di cronaca)

Il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia nella sua seduta del 15 maggio 2001; sentito il relatore, Sergio D’Asnasch, (articolo 6 della legge 7 agosto 1990 n. 241); visti gli articoli 21 della Costituzione; 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo; 2 e 48 della legge 3.2.1963 n. 69 sull’ordinamento della professione giornalistica; lette la sentenza n. 11/1968 della Corte costituzionale secondo la quale l’Ordine "....con i suoi poteri di ente pubblico vigila, nei confronti di tutti e nell’interesse della collettività, sulla rigorosa osservanza di quella dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possono comprometterla" e la sentenza n. 7543 del 9 luglio 1991 (Mass. 1991) della Cassazione civile secondo la quale ; espletate le sommarie informazioni di cui all’art. 56 della Legge 3.2.1963 n.69; tenuto conto della sentenza 14 dicembre 1995 n. 505 della Corte Costituzionale;

Considerato quanto segue: 1. I fatti e l’avviso disciplinare Il professor Girolamo Sirchia, assessore ai servizi Sociali del Comune di Milano, ha inviato in data 17 aprile 2001 esposto contro i giornalisti della Repubblica Zita Dazzi e Marco Mensurati per un articolo del 6 aprile 2001, relativo ad una indagine giudiziaria, che aveva visto la Guardia di Finanza recarsi presso gli uffici comunali, dove lavorava l’assessore Sirchia, per acquisire documenti. Nell'articolo si diceva fra l'altro: "A tarda sera è cominciata a circolare anche la voce che nel regi­stro degli indagati fosse finito il nome dell'assessore Girolamo Sirchia". "Non ne so nulla - ha detto l'interessato - davvero nulla. Sono fuori Milano e non ho avuto alcun avviso di garanzia. Tutto finirà in una bolla di sapone, è polemica pre-elettorale".

Nell'esposto Sirchia afferma che nessuna "informazione di garan­zia era (ed è) mai stata ad oggi a lui notificata" e che anche il sosti­tuto procuratore Fabio Napoleoni, che dirige le indagini relative al caso, ha smentito l'iscrizione nel registro degli indagati. Sirchia accusa, quindi, i due giornalisti di comportamento scorretto, avendolo comunque danneggiato, prospettando la possibile esi­stenza del provvedimento giudiziario, anche se dando la sua smentita. Si appella anche alla nota precisazione del Garante della Privacy, che vieta la pubblicazione di notizie di avvisi di garanzia prima che siano notificati agli interessati (pronuncia 1 luglio 1997 su caso di cesare Romiti e Francesco Paolo Mattioli).

In data 20 aprile il presidente di questo Consiglio notifica un avviso disciplinare ai due giornalisti, allegando l’esposto disciplinare: “Questa richiesta va collocata nel contesto dell’istituto delle di cui all’articolo 56 della citata legge n. 69/1963. In tale fase del procedimento opera il diritto costituzionale di difesa. Avete pertanto la facoltà di farvi assistere da un legale di fiducia. Con riferimento alla legge n. 241/1990, questo viene trasmesso ai controinteressati e alla Procura generale della Repubblica di Milano, titolare del potere di iniziativa disciplinare nei riguardi dei giornalisti iscritti all’Albo tenuto dall’Ordine della Lombardia (ex art. 48, II comma, della legge n. 69/1963)”. 2. La difesa di Zita Dazzi e Marco Mensurati In data 9 maggio 2001 l’avvocato Maurizio Martinetti dello studio Ripa di Meana deposita una memoria scritta con la risposta alla richiesta di chiarimenti sollecitata dal presidente di questo Consiglio.

Ecco il testo della memoria: I giornalisti Sigg.ri Zita Dazzi e Marco Mensurati mi hanno conferito incarico di riscontrare la Vostra del 20 aprile 2001, in relazione alla quale Vi sottopongo qui di seguito alcune brevi considerazioni in merito all'esposto presentato avanti codesto Ill.mo Consiglio Regionale della Lombardia dal Prof. Girolamo Sirchia. Peraltro, prima di passare ad esaminare il merito delle doglianze svolte dal Prof. Sirchia, i giornalisti Sigg.ri Zita Dazzi e Marco Mensurati non possono non manifestare, per il mio tramite, il proprio vivo stupore e disappunto per l'iniziativa del Prof. Sirchia, e ciò in considerazione del fatto che proprio in considerazione della loro gravità, i fatti oggetto dell'articolo che ci occupa sono stati al centro (i) di una denuncia presentata dal Consigliere Comunale, Sig.ra Emilia De Biasi; (ii) di un procedimento in essere presso la Procura della Repubblica di Milano; (iii) di un accertamento ed una ispezione da parte della Guarda di Finanza; e, conseguentemente, (iv) dell'interesse dei mezzi di informazione nazionale e dell'opinione pubblica.

Ed infatti, come risulta per tabulas, (cfr. docc.ti nn. 1 e 2):
A) in data 5 aprile 2001 (e cioè, si precisa per quanto necessario, il giorno precedente alla pubblicazione sul quotidiano La Repubblica dell'articolo che ci occupa) le Agenzie di Stampa "A.G.I." ed "A.N.S.A." pubblicavano i seguenti comunicati dal titolo, rispettivamente, "Avviso di garanzia ad assessore Comune di Milano Sirchia" e "Anziani: Milano; GDF acquisisce documenti in Assessorato": - A.G.I.: "La Guardia di Finanza ha notificato un avviso di garanzia all'assessore comunale ai Servizi Sociali. Girolamo Sirchia, su disposizione del sostituto procuratore della Repubblica di Milano Fabio Napoleone. L'atto fa seguito ad un esposto di un consigliere di minoranza sui rapporti fra l'assessorato ai Servizi Sociali e la Fondazione S. Francesco per contributi pubblici per un centro di accoglienza per senza tetto. Questa mattina la Guardia di Finanza ha perquisito gli Uffici dell'assessorato "; - A.N.S.A.: "La Guardia di Finanza di Milano questa mattina ha acquisito una serie di documenti nella sede dell'assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Milano. L'operazione, disposta dal pm Fabio Napoleone, è il passo iniziale di una inchiesta, ancora allo stato embrionale, nata dopo una segnalazione presentata dalla consigliera comunale Emilia De Biasi (Ds) relativa alla campagna Buon Natale Anziani 1999 = 2000 lanciata allo stesso assessorato per raccogliere fondi per l'assistenza.

L'esposto presentato in marzo da Emilia De Biasi indicava che l'anno scorso per la raccolta dei fondi erano stati aperti due conti correnti: uno intestato alla Fondazione Fratelli di San Francesco, coinvolta nella iniziativa, e l'altra al dott. Andrea Mascaretti, quale consigliere della Fondazione. La consigliera, inoltre, segnalava che la campagna 1999 - 2000, a differenza di quella svolta quest'anno, non era stata deliberata e che il denaro raccolto non era transitato sul bilancio del Comune. Oggi è circolata notizia di un avviso di garanzia all'assessore ai servizi Sociali, prof. Girolamo Sirchia. Voce immediatamente smentita dallo stesso Sirchia, che ha affermato: "Sono tutte falsità, è stata una semplice acquisizione di documenta".

B) in data 5 aprile 2001 il TG3 nel corso del Telegiornale Regionale Lombardo delle ore 19, 30, ha riportato il fatti e gli avvenimenti di cui sopra (al riguardo, si svolge si d'ora, ove ritenuto necessario da codesto Ill.mo Consiglio, di produrre la registrazione); C) in data 6 aprile 2001 sul quotidiano "Il Giorno" è stato pubblicato un articolo dal titolo "Sirchia, giudici all'attacco" e con un occhiello del seguente tenore "Sevizi sociali. Avviso di garanzia all'assessore dopo un esposto sulla Campagna Anziani '99" (cfr. doc. n. 3); D) nessuna richiesta di rettifica ex articolo 8 della Legge sulla Stampa è stata inviata al Direttore Responsabile del quotidiano "La Repubblica".

Ed è proprio per tale motivo che si contesta fermamente la suggestione nonché la non corretta ricostruzione dei fatti svolta dal Prof. Sirchia nell'esposto (nel quale, in particolare, lo stesso richiama una non meglio identificata "...campagna che il quotidiano "La Repubblica sta conducendo sulla iniziativa benefica in questione, in polemica con gli enti che l'hanno promossa e patrocinata . ...") nell'evidente tentativo di individuare un inesistente episodio contrario alle norme del Codice Deontologico ovvero, comunque, di giustificare la proposizione dell'esposto che ci occupa nei confronti, peraltro, non già dei giornalisti tutti che hanno come sopra avuto modo di occuparsi della vicenda sugli altri mezzi di informazione ma, a quanto è dato conoscere, solo ed esclusivamente dei giornalisti di "Repubblica", Sigg.ri Zita Dazzi e Marco Mensurati (???) . Al riguardo, gli odierni deducenti richiamano la attenzione del Prof. Sirchia sulla circostanza che non è certamente nello stile e nel costume della testata "La Repubblica", del Direttore Responsabile ovvero dei giornalisti della stessa, di dare vita a "campagne di stampa" con lo scopo di attaccare persone fisiche e/o giuridiche.

Ciò premesso, e passando ad esaminare le doglianze svolte dal Prof. Sirchia nell'esposto che ci occupa, gli odierni deducenti ritengono innanzitutto doveroso precisare che con la pubblicazione sulla Cronaca di Milano del quotidiano "La Repubblica" del 4 aprile 2001 dell'articolo ex adverso contestato, i giornalisti Zita Dazzi e Marco Mensurati, ed il Gruppo Editoriale l'Espresso S.p.a., società editrice del predetto quotidiano, hanno legittimamente esercitato quel diritto di cronaca, anche giudiziaria, e di critica costituzionalmente garantito e fondamento della libertà di stampa (articolo 21 della Carta Costituzionale) e che, stante le note deroghe contenute nell'articolo 25 della legge 675/1996, e sue successive modificazioni ed integrazioni, non é stato in alcun modo posto in discussione dalla citata fonte normativa.

Ed infatti, nel bilanciamento tra due diritti di pari rango costituzionale (il diritto di cronaca e la tutela della personalità altrui), con la legge 675/96 il legislatore ha inteso riconoscere la priorità al primo, e ciò condizionatamente al rispetto da parte del giornalista dei limiti previsti in materia di diritto di cronaca. Limiti che nell'articolo che ci occupa sono stati certamente rispettati posto che le notizie nello stesso pubblicate, oltre ad essere di pubblico dominio per essere già state portate a conoscenza della opinione pubblica in epoca precedente alla pubblicazione dell'articolo che ci occupa, sono vere ovvero, comunque, erano tali al momento della pubblicazione degli articoli di cui è causa.

Peraltro, la legittimità dell'esercizio del diritto di cronaca, di informazione e di critica nel caso di specie emerge a chiare lettere dall'inequivocabile rispetto da parte del quotidiano "La Repubblica" dei requisiti individuati dalla costante giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione e dal Codice Deontologico dei Giornalisti per affermare il corretto esercizio del diritto di cronaca e, in particolare: a) Verità, anche putativa, della notizia Le notizie tutte pubblicate dal quotidiano "La Repubblica" sono assolutamente vere. Peraltro, ed anche al fine di meglio comprendere la assoluta infondatezza (i) delle affermazioni svolte dal Prof. Sirchia nell'esposto che ci occupa "...Il comportamento degli autori del pezzo risulta, pertanto, deontologicamente censurabile.

Zita Dazzi e Marco Mensurati hanno diffuso una notizia non corrispondente al vero, violando così i precetti di legge professionale e del "codice deontologico ", che dispongono il rispetto della verità sostanziale dei fatti ed il previo accertamento delle informazioni che si intendono divulgare, oltre i doveri di lealtà e buonafede costituenti i limiti all'esercizio della libertà di informazione" e (ii) del richiamo alla "pronuncia" del Garante per la Protezione dei dati Personali nel caso "Romiti", deve precisarsi che: - il giornalista ha il diritto-dovere di far conoscere al pubblico dei lettori quei fatti e quelle situazioni che sono noti e risaputi: la verità oggettiva della notizia si riferisce non solo alla verità del fatto raccontato, ma anche alla verità della circolazione della notizia: "Il significato di verità oggettiva della notizia va inteso sotto un duplice significato, potendo tale espressione essere intesa sia come verità dell'atto oggetto della notizia sia come verità della notizia come fatto in sé e quindi indipendentemente dalla verità del suo contenuto. Il fatto riferito può non essere affatto vero e ciò tuttavia non esclude che può essere ben vero e risaputo che lo si racconti, costituendo così di per sé stesso un fatto così rilevante della vita pubblica che la stampa verrebbe certamente meno al suo compito informativo...." (in tal senso, tra tutte, si veda Corte di Cassazione 12 dicembre 1988, n. 6737 in Dir. inf. 1989, p. 466); - in materia di cronaca giudiziaria, il limite della verità si atteggia diversamente dall'ordinario.

La Corte di Cassazione, ribadendo con esemplare chiarezza un principio mai contestato in sede di legittimità ovvero di merito, ha di recente affermato che: "Ai fini dell'esimente di cui all'art. 51 cp. é sufficiente che l'articolo corrisponda al contenuto di atti e provvedimenti dell'autorità giudiziaria, senza che sia richiesto al giornalista di dimostrare la verità obiettiva o la fondatezza delle decisioni o dei provvedimenti adottati in sede giudiziaria, diversamente opinando, si imporrebbe al giornalista stesso il compimento di un'abnorme indagine parallela a quella degli organi giudiziari" (Corte di Cassazione Sez. V pen. 27 gennaio 1999, dep. 2 marzo 1999, n. 2842/99, n. 27800/97 rg. Mennella ed altri). - nell'articolo non si afferma affatto che al Prof. Sirchia fosse stato notificato un atto di rinvio a giudizio; al contrario, nell'articolo si legge espressamente che "A tarda sera è cominciata a circolare anche la voce che nel registro degli indagati fosse finito il nome dell'assessore Gerolamo Sirchia.".

Inoltre, e di questo il Prof. Sirchia nell'esposto che ci occupa nulla dice, nello stesso articolo i giornalisti Zita Dazzi e Marco Mensurati, hanno correttamente consentito al Prof. Sirchia di precisare la propria versione in merito ai fatti; nell'articolo che ci occupa, infatti, tra l'altro, così si legge tra virgolette: "...Non so nulla ha detto l'interessato davvero nulla. Sono fuori Milano e non ho avuto alcun avviso di garanzia. Tutto finirà in una bolla di sapone, è polemica preelettorale". b) Interesse pubblico alla conoscenza ed alla divulgazione della notizia La collettività ha certamente il diritto di essere resa edotta delle tematiche relative alla vita comunitaria e, in particolare, in merito (i) alle attività poste in essere dalla Pubblica Amministrazione - nella fattispecie il Comune di Milano; (ii) alla entrata nelle casse sociali dello stesso Comune dei fondi raccolti a fini benefici; e (iii) del concreto e corretto utilizzo di tali fondi.

Tutto ciò, peraltro, anche con riferimento a fatti e a problematiche, non sempre gradevoli, quali, appunto, quelli conseguenti (i) alla mancata "entrata" e "contabilizzazione" nelle casse sociali del Comune di Milano di tali fondi e la conseguente mancata appostazione degli stessi nei bilanci Comunali nonché (ii) l'utilizzo di detti fondi da parte di altri e diversi organismi rectius soggetti che nulla hanno a che fare con il Comune di Milano.. Ogni ulteriore rilievo in merito alla utilità sociale dell'articolo che ci occupa, appare peraltro superfluo ove si abbia modo di rilevare: - la gravità dei fatti e delle accuse mosse dal Consigliere Comunale Emilia De Biasi alle modalità con la quale era e continuava ad essere svolta l'iniziativa; - i conti correnti sui quali veniva richiesto il versamento dei fondi erano intestati non già al Comune di Milano ma a soggetti diversi; - il fatto che la Procura della Repubblica di Milano, nella persona del PM Dott. Napoleone era stato investito della questione. c) Continenza della forma espositiva ed essenzialità dell'informazione La forma espositiva è assolutamente corretta essendo prospettata negli esatti termini la realtà dei fatti, con l'uso della terminologia appropriata.

Inoltre, da una serena lettura dell'articolo e, in particolare, del fatto che nello stesso i giornalisti abbiano riportato, peraltro tra violette la posizione del Prof. Sirchia in merito alla vicenda ("...Non so nulla ha detto l'interessato davvero nulla. Sono fuori Milano e non ho avuto alcun avviso di garanzia. Tutto finirà in una bolla di sapone, è polemica preelettorale"), appare evidente come nella redazione dello stesso i giornalisti Zita Dazzi e Marco Mensurati, si siano attenuti al noto principio della essenzialità della informazione. Alla luce di quanto esposto appare evidente come i giornalisti Zita Dazzi e Marco Mensurati, occupandosi in data 4 aprile 2001 di tale vicenda, (i) abbiano usato in modo del tutto legittimo e corretto il diritto di cronaca, anche giudiziaria, e di critica, tutelati dall'articolo 21 della Costituzione e fondamento della libertà di stampa e, inoltre, (ii) abbiano rispettato le norme del Codice Deontologico e come, pertanto, le doglianze del Prof. Sirchia debbano essere disattese 3.

Valutazioni conclusive

Il Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, accogliendo l’impostazione della difesa Dazzi-Mensurati, rileva preliminarmente che “è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede” (articolo 2 della legge professionale). Il Consiglio ritiene che i fatti, ricostruiti e raccontati da Zita Dazzi e Marco Mensurati con grande rigore, siano veri e che l’impaginazione grafica del servizio giornalistico sia inappuntabile e non scandalistica.

La V sezione penale della Cassazione (7 aprile 1992) ha individuato le cause di non punibilità (scriminante: adempimento di un dovere o esercizio di un diritto): “Ai fini della configurabilità dell'esimente di cui all'articolo 51 Cp per il reato di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca (e di critica), come ogni diritto, si definisce per mezzo dei suoi stessi limiti, che consentono di precisarne il contenuto e di determinarne l'ambito di esercizio. Tali limiti, secondo il costante insegnamento di questa Corte, sono costituiti: 1) dalla verità del fatto narrato; 2) dalla loro pertinenza, ossia dall'oggettivo interesse che essi fatti rivestono per l'opinione pubblica; 3) dalla correttezza con cui gli stessi vengono riferiti (cosiddetta continenza); essendo estranei all'interesse sociale che giustifica la discriminazione in parola ogni inutile eccesso e ogni aggressione dell'integrità morale della persona.

In ordine al primo requisito va osservato che, prescindendo da ogni controversa opinione filosofica sull'argomento, per "verità", ai fini che qui interessano, deve intendersi la sostanziale corrispondenza (adaequatio) tra fatti come sono accaduti (res gestae) e i fatti come sono narrati (historia rerum gestarum). Solo la verità come correlazione rigorosa tra il fatto e la notizia soddisfa alle esigenze della informazione e riporta l'azione nel campo dell'operatività dell'art. 51 Cp, rendendo non punibile (nel concorso dei requisiti della pertinenza e della continenza) l’eventuale lesione della reputazione altrui. Il principio della verità, quale presupposto dell'esistenza stessa del diritto di cronaca, oltreché del suo legittimo esercizio, comporta, come suo inevitabile corollario, l'obbligo del giornalista, non solo di controllare l'attendibilità della fonte, ma altresì di accertare le verità della notizia, talché solo se tale obbligo sia stato scrupolosamente adempiuto, l'esimente dell'art. 51 Cp potrà essere utilmente invocata”.

Questa sentenza inquadra perfettamente il comportamento corretto tenuto dai giornalisti Zita Dazzi e Marco Mensurati nella “vicenda Sirchia”. Il “Codice di deontologia sulla privacy” tutela (ad esempio) in maniera rigida le persone comuni, ma non i personaggi pubblici, ubbidendo a questa massima giurisprudenziale: «Chi ha scelto la notorietà come dimensione esistenziale del proprio agire, si presume abbia rinunciato a quella parte del proprio diritto alla riservatezza direttamente correlata alla sua dimensione pubblica» (Tribunale di Roma, 13 febbraio 1992, in Dir. Famiglia, 1994, I, 170, n. Dogliotti, Weiss).

Chi ha deciso di mettersi in politica ha una sfera di salvaguardia molto più limitata rispetto all’uomo della strada. Le nuove regole, che sono ispirate dal concetto americano di «etica pubblica», conferiscono «un’attenuata riservatezza per i personaggi politici e i pubblici funzionari sui quali il cittadino ha sempre diritto di essere informato». In dottrina si ritiene, infatti, che l’esercizio del (M. Polvani, La diffamazione a mezzo stampa, Cedam, Padova 1995, 108). “Nell’ambito della cronaca politico-sindacale la giurisprudenza, pressoché unanime, riconosce maggiore libertà al giornalista, il quale può riportare tutti i fatti che rilevano ai fini della connotazione del personaggio politico, anche in modo vivace e colorito.

In particolare, maggiore ampiezza é riconosciuta al concetto di verità, in quanto il giornalista ha il diritto-dovere di riportare conclusioni anche offensive e in toni aspri, quando esse possano desumersi da circostanze concrete convergenti e sia necessario che siano chiariti di fronte alla pubblica opinione i fatti oggetto della notizia che hanno portato a quelle conclusioni. Anche in riferimento al concetto di interesse pubblico, inteso come orientamento e formazione della pubblica opinione, viene riconosciuta al giornalista politico una più ampia libertà rispetto al cronista di altri settori, attribuendogli il potere di formulare ipotesi, nonché di riferire notizie apprese da fonti mediate” (Sabrina Peron, Tabloid, n. 7 /1998).

Nell’ambito della critica politico-sindacale - intesa come formulazione di giudizi di valore in ordine ai protagonisti ed agli avvenimenti della vita politica del Paese - non vengono riconosciute come lesive dell’onore e della reputazione di una persona “affermazioni anche vivacemente critiche di quest’ultima e tali, se considerate in astratto, da essere stimabili diffamatorie, qualora le medesime vertano su argomenti di sicuro rilievo sociale ” (cfr. Trib. Roma 11.2.1993, in Dir. inf., 1993, 13). In tal modo si ammette l’uso di “toni obiettivamente aspri, o in astratto offensivi, allo scopo di sollecitare dibattiti, confronti di idee o esigenze di far chiarezza su aspetti di qualche rilevanza della vita associata” (Trib. Perugia 26.3.1990, in Riv. pen., 1990, 647).

Se la critica riguarda personaggi che occupano una posizione pubblica o che comunque operino nell’ambito politico, economico, giudiziario e sindacale, si ammette che questa possa “essere particolarmente aspra e penetrante, ma nel rispetto dei suddetti limiti. La critica può esprimere preoccupazioni fondate e deve sempre essere sostenuta da argomentazioni logiche e la eventuale presa di posizione del giornalista deve basarsi su un esame serio e completo della questione” (Trib. Roma 2.11.1989, in Foro it., II, 258). Recentemente la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo (sentenza 2 maggio 2000 – caso Bergens Tidende e altri/Norvegia, ricorso n. 26132/95; in Guida al diritto, dossier/8, settembre 2000) è tornata sul ruolo dei media in una società democratica, scrivendo che ;

PQM il Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, ritenuto che Zita Dazzi e Marco Mensurati abbiano esercitato legittimamente il diritto costituzionale di cronaca richiamato dall’articolo 2 (I comma) della legge n. 69/1963 sull’ordinamento della professione giornalistica e che la loro condotta, tutelata anche dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sia pertanto “conforme” alla "dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica" (articolo 48 della legge n. 69/1963 e sentenza n. 11/1968 della Corte costituzionale), delibera allo stato non esser luogo ad apertura di procedimento disciplinare nei confronti dei giornalisti professionisti Zita Dazzi e Marxo Mensurati e dispone l’archiviazione dell’esposto.

Avverso il presente provvedimento (notificato ai controinteressati ex legge n. 241/1990) può essere presentato (dall’interessato e dal Procuratore generale della Repubblica) ricorso al Consiglio nazionale dell'Ordine dei Giornalisti (Lungotevere dei Cenci 8, 00186 Roma) ai sensi dell'articolo 60 della legge n. 69/1963 nel termine di 30 giorni dalla notifica del provvedimento stesso e secondo le modalità fissate dagli articoli 59, 60, e 61 del Dpr 4 febbraio 1965 n. 115.

Il presidente dell’OgL-estensore- dott. Franco Abruzzo

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