notiziario 2 novembre 2003

 
     

Il crocifisso non è il tricolore
La laicità dello Stato è garanzia anche per i cattolici

di Eugenio Scalfari

Nei giorni scorsi si è discusso con molto ardore polemico dell'ordinanza di un magistrato dell'Aquila che ha disposto la rimozione del crocifisso dalle aule di una scuola pubblica.

La questione è stata esaminata da tutti i punti di vista, sono intervenuti vescovi, associazioni cattoliche, esponenti del pensiero laico, giuristi, uomini politici e membri del governo. Anche i dirigenti delle associazioni musulmane operanti in Italia hanno detto la loro concordando nel considerare l'ordinanza del magistrato sbagliata o comunque inopportuna, anche perché l'occasione che l'ha determinata deriva dal ricorso di un musulmano da tempo noto per le sue iniziative di 'provocazione mediatica' che hanno suscitato effetti negativi nei già difficili rapporti di convivenza tra immigrati di fede islamica e popolazione residente. Posso concordare anch'io sull'inopportunità dell'ordinanza, ma dirò poi da quale punto di vista.

Ora, restando in tema, voglio invece segnalare una notizia proveniente da Parigi, passata sin qui sotto silenzio salvo una nota di Gianni Vattimo sulla 'Stampa' e un articolo di Bernardo Valli su 'la Repubblica'. La notizia non ha alcun intento provocatorio ed è anche questo che ai miei occhi la rende importante. Si tratta di un documento pubblicato su 'Le Monde' del 21 ottobre, redatto da un gruppo di associazioni cristiane che hanno dato vita ad un Osservatorio cristiano della laicità.

In Italia verrebbe fatto di pensare che un'iniziativa così intitolata e promossa da associazioni cristiane abbia come obiettivo quello di monitorare attività laiche o laiciste per controbatterle e renderle inefficaci. Viceversa nel caso in questione le finalità di quell'Osservatorio sono del tutto diverse anzi addirittura opposte. Quei cristiani, tra i quali molti cattolici, affermano infatti che la laicità e il laicismo sono stati e continuano ad essere una condizione essenziale per la crescita del sentimento religioso in genere e del cristianesimo in particolare.

Senza la dimensione laica e senza la laicità dello Stato e delle pubbliche istituzioni, il cristianesimo infatti non avrebbe potuto né saputo sviluppare i valori dei quali è portatore, che si basano - a detta degli estensori del documento in questione - sulla netta separazione fra la sfera pubblica e politica da un lato e quella spirituale e religiosa dall'altro.

Questa separazione, che ricorda da vicino il principio cavouriano di 'libera Chiesa in libero Stato', presuppone piena libertà individuale nella scelta delle opzioni religiose, nell'organizzazione delle rispettive comunità, nell'esercizio privato e pubblico dei vari culti; le autorità civili hanno il solo compito di garantire quelle libertà fondamentali, impedire ogni sopruso ed ogni interferenza.

Le fonti dalle quali le associazioni cristiane firmatarie del documento fanno derivare la loro tesi sull'importanza della laicità sono il messaggio evangelico e la dichiarazione dei diritti dell'uomo emanata nel 1948 dall'assemblea delle Nazioni Unite poco dopo la fondazione di quell'organismo. L'avversario dichiarato è la tendenza alla teocrazia, latente in tutte le religioni monoteistiche che storicamente si è manifestata più e più volte sia nell'ebraismo sia nel cristianesimo sia nell'Islam, dando luogo a repressioni feroci, a guerre sanguinose, a poteri temporali che nulla avevano a che fare con la fede, la rivelazione, il rapporto tra l'uomo e il mistero della divinità.

La laicità è dunque in questa visione lo strumento per mantenere la purezza del sentimento religioso e l'antidoto contro il fanatismo, il fondamentalismo, l'intolleranza e contro la stessa e sempre possibile trasformazione della Chiesa da comunità religiosa a organizzazione di potere. La difesa dei diritti dell'uomo, che la chiesa cattolica ha sostenuto intrepidamente come bandiera tutte le volte quei diritti venivano conculcati, non è dunque uno strumento da usare in certe occasioni e da riporre in soffitta quando può risultare scomodo.

I diritti dell'uomo rappresentano il fondamento del cristianesimo, servono a difenderlo dalle prevaricazioni altrui e preservarlo da una sempre possibile deriva assolutistica e teocratica della quale la storia ci fornisce numerosi esempi che hanno addirittura provocato il 'pentimento' e la richiesta di scuse di papa Giovanni Paolo II.

Torno brevemente alla discussione sull'ordinanza del magistrato aquilano che ha sollevato la tempesta cosiddetta del crocifisso. In un paese e in uno Stato di solida laicità il problema non si sarebbe mai posto per la semplice ragione che il crocifisso non sarebbe mai stato esposto nei pubblici edifici.

È singolare che gran parte di quelli che hanno giudicato inopportuna l'ordinanza abbiano motivato il loro giudizio dicendo che il crocifisso è un simbolo religioso ma al tempo stesso nazionale; poiché gran parte degli italiani sono cattolici, il crocifisso diventa così simbolo di italianità e quindi a questo titolo può anzi deve stare nei pubblici edifici come il tricolore sta sui balconi e il ritratto del presidente della Repubblica sta appeso alle pareti sopra la testa d'un ministro, d'un prefetto, d'un sindaco. Credo sia evidente l'assurdità d'un simile ragionamento che per ogni buon credente dovrebbe esser considerato addirittura blasfemo e per ogni persona ragionevole puramente e semplicemente stupido.

Cristo in croce accanto a Ciampi? Cristo in croce accanto a Bassolino o a Formigoni? Ma che sciocchezza è mai questa?

Perciò il crocifisso negli edifici pubblici sarebbe da evitare, dove è stato messo per eccesso di zelo dovrebbe con discrezione esser tolto senza bisogno di ordinanze del magistrato. Per ragioni analoghe riesce incomprensibile l'insistenza della Chiesa nel voler menzionare il cristianesimo nella cosiddetta 'condenda' Costituzione europea. Che il nostro governo si sia fatto patrocinante d'una tesi così impropria costituisce l'ennesima conferma della mediocrità intellettuale della nostra classe dirigente.

Se anch'io reputo tuttavia inopportuna l'ordinanza sul crocifisso è per gli effetti che ha già provocato riaccendendo sospetti, tensioni e insicurezze tra etnie e religioni che debbono invece abituarsi a convivere. Per il resto sono fermamente convinto, come i cristiani francesi estensori del manifesto sulla laicità, che tra i valori dell'Occidente cristiano quello della libera chiesa in libero Stato sia essenziale e primario.

Purtroppo, a 150 anni da quando quelle parole risuonarono per la prima volta nel Parlamento italiano, non mi sembra che esse siano chiare nella mente dei cittadini, dei titolari delle pubbliche istituzioni e in quella dei vescovi, quanto dovrebbe essere nell'interesse di tutti, dello Stato e soprattutto della religione.

L'Espresso 1 novembre 2003

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