notiziario 23 gennaio 2002

 
     

LA RELAZIONE DI PRESENTAZIONE DEL PDL SULL'IMMIGRAZIONE

Negli ultimi decenni si sono determinati gravi squilibri nel bacino del Mediterraneo con un flusso migratorio di vastissime dimensioni che investe tutti i paesi dell’Europa Occidentale e in particolare l’Italia. Il 23 e 24 marzo 1987, tra l’altro, si sono riuniti a Tunisi i Ministri del lavoro di Italia, Tunisia, Algeria, Egitto, Francia, Grecia, Jugoslavia, Marocco, Spagna e Turchia, i rappresentanti della Lega Araba, dell’Ufficio internazionale del lavoro, e della Comunità europea allo scopo di precisare un’intesa globale in relazione alla politica del mercato del lavoro. I gravi squilibri di una sproporzionata crescita demografica in rapporto alla crisi della occupazione, creano ineguaglianze distributive tra i paesi della sponda nord e quelli della sponda sud del Mediterraneo.

Secondo le tendenze di accrescimento demografico, da allora (1987) al 2015 la popolazione dei paesi dell’Unione europea aumenterebbe di 13 milioni di unità, mentre quella dei paesi rivieraschi del sud supererebbe i 170 milioni. Dal 1987 non si è attuato un piano operativo adeguato e si sono aggravate situazioni già spaventose dagli sviluppi difficilmente arrestabili ed implicanti problemi certamente non risolvibili soltanto con strumenti drastici, quale l’espulsione degli immigrati clandestini. Il 14 ottobre 1995, davanti all’Unione interparlamentare di Bucarest, è stato prodotto un testo approvato da 127 paesi, che prevede un intervento internazionale dell’Europa a favore dell’Africa con investimenti economici curati dall’Europa. Il recente vertice euro-africano svoltosi a Il Cairo sul problema della cancellazione dei debiti dei popoli africani non è riuscito a pervenire ad un risultato positivo. Ulteriori spinte a migrazioni di grandi proporzioni provengono dai focolai bellici in atto presenti sul globo terrestre. Non si ferma, dunque, il pericolo di una vera invasione dell’Europa da parte di popoli che sono alla fame, in preda ad una inarrestabile disoccupazione o a condizioni di sottoccupazione. Non si può, di converso, pensare di arrestare questo flusso migratorio ed il conseguente stato di illegalità diffusa con sanatorie indiscriminate.

Nel frattempo si accrescono in Italia le dimensioni del lavoro prestato «in nero», lo sfruttamento di ogni tipo di manodopera e la sua utilizzazione per ogni sorta di traffico illecito, compreso quello della droga, oltre al coinvolgimento degli immigrati in ogni forma di violenza, anche ipotizzabile, purtroppo, in scenari terroristici. È indispensabile, dunque, affrontare il problema di fondo, concernente l’immigrazione clandestina, in vario modo, ma, comunque, con determinazione. Innanzitutto occorre dare nuovo impulso produttivo ai paesi più poveri, cercando di ridurre le enormi differenziazioni economiche che si sono create all’interno dell’area mediterranea in un confronto internazionale, per elaborare un progetto diretto ad attuare una effettiva cooperazione e una politica globale per l’occupazione, rispettando un principio che è assoluto, quale vera espressione di civiltà, e, cioè, che «ogni uomo non può essere sradicato dalla propria terra per motivi di lavoro».

Nell’attesa, pertanto, di organizzare un Convegno internazionale del lavoro e della cooperazione con la partecipazione dei Ministri del lavoro e degli affari esteri dell’Unione europea, di quelli nord africani e dei rappresentanti della Lega Araba, anche sulla base delle precedenti prese di posizione del parlamento italiano del 22 febbraio 1990 e del 19 ottobre 1994 e dell’Unione interparlamentare di Bucarest del 14 ottobre 1995 per discutere e attuare un piano trentennale di investimenti, iniziando dal Nord Africa, per dare lavoro a 20 milioni di africani in Africa, il presente disegno di legge si propone il fine di rivedere sistematicamente la legislazione italiana concernente gli stranieri. Si tratta di uno specifico impegno assunto nel programma di Governo, finalizzato a razionalizzare e coordinare il fenomeno migratorio in relazione al suo trattamento sul piano del diritto interno. Il provvedimento intende realizzare un intervento ampio ed organico sui principali testi legislativi concernenti gli stranieri provenienti da paesi non appartenenti all’Unione europea (il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ed il decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 (cosiddetta legge Martelli).

L’esigenza di innovare profondamente l’attuale disciplina in materia di immigrazione, ad oltre tre anni dall’entrata in vigore del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, costituisce oramai una necessità ineludibile, unanimemente avvertita, tra coloro che, a vario titolo, operano nelle istituzioni e nella società civile e che si trovano nell’impossibilità di offrire soluzioni adeguate alle molteplici problematiche che il fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria ha sviluppato nel nostro paese. La linea guida seguita dal provvedimento è quella di giustificare l’ingresso e la permanenza sul territorio nazionale dello straniero per soggiorni duraturi solo in relazione all’effettivo svolgimento di un’attività lavorativa sicura e lecita, di carattere temporaneo o anche di elevata durata. In questo ambito sono garantite adeguate condizioni di lavoro e di alloggio, collegando il contratto di lavoro ad un impegno del datore di lavoro nei confronti del lavoratore e dello Stato e rendendo sempre possibile il rientro volontario nel paese di origine, mediante una garanzia dei mezzi necessari.

Il disegno di legge tiene conto, oltre che dei mutamenti in corso del fenomeno in Italia e in Europa, della proposta di direttiva attualmente al vaglio del Consiglio europeo. Gli elementi qualificanti della iniziativa del Governo concernono: a) l’orientamento della cooperazione internazionale e degli aiuti a favorire l’adozione, da parte degli Stati non appartenenti all’Unione Europea, di politiche di effettivo contrasto dello sfruttamento criminale dell’immigrazione clandestina, e, quindi, di condivisione degli obiettivi di lotta al traffico degli esseri umani anche quando questi ultimi sono impiegati in traffici di droga, di armi e di prostituzione; b) l’integrazione del cittadino extracomunitario, fondata sul reale inserimento nel mondo del lavoro. Sotto questo profilo, ed in linea con la suindicata proposta di direttiva europea, viene prevista la nuova figura del contratto di soggiorno per lavoro, caratterizzato dalla prestazione da parte del datore di lavoro di una garanzia di adeguata sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero nonchè dall’impegno dello stesso datore di lavoro al pagamento delle spese di rientro del lavoratore medesimo. Tale contratto diviene requisito essenziale per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Con il sistema delineato, all’immigrato non comunitario si punta a garantire condizioni di vita e di lavoro decorose, invece della mera iscrizione nelle liste di collocamento, e lo si inserisce e conserva in un circuito di legalità che riduce i rischi di eventuali opere di reclutamento da parte della criminalità. La stipula del contratto di soggiorno avviene presso lo sportello unico per l’immigrazione, appositamente istituito presso la prefettura - ufficio territoriale del Governo non solo per facilitare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, ma anche al fine di snellire gli adempimenti burocratici connessi; c) la durata del permesso di soggiorno per lavoro viene commisurata alla durata del relativo contratto di soggiorno per lavoro; d) la determinazione delle quote di ingresso per motivi di lavoro viene predisposta anche con decreti infrannuali in base ai dati sull’effettiva richiesta di lavoro, prevedendo, tra l’altro, quote riservate ai lavoratori di origine italiana residenti in paesi non comunitari; e) la soppressione dell’istituto dello sponsor, che, nella sua attuazione, non ha raggiunto l’obiettivo di favorire l’effettivo ingresso nella realtà lavorativa dei lavoratori stranieri.

È contestualmente introdotta una disposizione che privilegia gli stranieri che hanno svolto un percorso formativo nei loro paesi di origine, sulla base di programmi di formazione professionale approvati da enti e pubbliche amministrazioni italiane; f) l’immediata operatività dell’espulsione dell’irregolare, con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, in modifica delle vigenti disposizioni che prevedono un provvedimento preventivo di intimazione a lasciare il territorio dello Stato secondo un criterio che, nella sua applicazione, si è rivelato una forma per eludere sostanzialmente l’effettiva espulsione; g) la razionalizzazione dei ricongiungimenti familiari, in particolare, eliminando la possibilità per lo straniero di ricorrere all’istituto del ricongiungimento familiare per i parenti entro il terzo grado; h) una procedura semplificata per il riconoscimento del diritto di asilo, garantendo la tutela da discriminazioni di qualsiasi tipo, ma al tempo stesso evitando che l’asilo sia impropriamente utilizzato per aggirare le disposizioni sull’immigrazione; i) il coordinamento ed il monitoraggio della normativa attraverso un apposito Comitato nazionale, che viene istituzionalizzato.

Fra gli strumenti normativi introdotti assume particolare rilevanza la previsione volta a collegare direttamente il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato alla nuova figura del contratto di soggiorno. Il Governo ha inteso assicurare che il datore di lavoro offra idonee garanzie in ordine alla sistemazione alloggiativa dello straniero e alle eventuali spese per il rientro nel paese di origine. Infine il disegno di legge pone mano ad un vecchio problema ancora irrisolto. In attesa di una disciplina organica in materia di diritto di asilo, che si ritiene comunque di rinviare a quando saranno definite le procedure minime – identiche per tutta l’Unione europea – attualmente in discussione a Bruxelles, mutuando proprio le norme attualmente al vaglio del Consiglio europeo, il Governo ha ritenuto almeno di risolvere il problema costituito dalla domande di asilo realmente strumentali, ossia presentate al solo scopo di sfuggire all’esecuzione di un provvedimento di allontanamento ormai imminente.

Finora la normativa vigente – l’articolo 1 della cosiddetta legge Martelli – imponeva non solo la sospensione del provvedimento di allontanamento, ma anche la concessione di un permesso di soggiorno provvisorio in attesa del giudizio della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato che non sarebbe mai arrivato in quanto circa il novanta per cento dei presentatori di queste domande strumentali facevano poi perdere le loro tracce. La disciplina introdotta, invece, precedendo l’approvazione della direttiva in esame, instaura – per quelle domande che si ritengono manifestamente infondate – una «procedura semplificata» che si concluderà entro i tempi previsti per il trattenimento nei centri di permanenza temporanei.

In particolare: l’articolo 1 reca misure agevolative in materia fiscale al fine di favorire le elargizioni per iniziative di carattere umanitario nei paesi non appartenenti all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e orienta, nel quadro degli accordi internazionali, la cooperazione internazionale e gli aiuti non a scopo umanitario, all’adozione, da parte dei paesi non appartenenti all’Unione europea, di politiche di attiva collaborazione finalizzate a contrastare efficacemente le organizzazioni criminali operanti nell’immigrazione clandestina, nello sfruttamento della prostituzione, nel traffico di stupefacenti e di armamenti nonchè in materia di cooperazione giudiziaria. L’articolo 2 prevede la costituzione di un Comitato per il coordinamento ed il monitoraggio dell’attuazione delle norme contenute nel citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998. È questa una grave lacuna della normativa vigente alla quale si è tentato, fino ad ora, di sopperire con provvedimenti amministrativi di dubbia efficacia.

Il citato testo unico è una normativa complessa che prevede molteplici provvedimenti interministeriali per la sua attuazione. Un tavolo di lavoro, diviso nei livelli politico ed amministrativo servirà, senz’altro, a dirimere problemi insorti ed a facilitare quella collaborazione tra le diverse amministrazioni pubbliche interessate che dovrebbe essere la regola in ogni Stato moderno, considerato che il cittadino chiede e pretende il soddisfacimento delle sue aspettative dallo Stato senza distinzione fra i compiti dei diversi Ministeri o di altre amministrazioni assimilate. L’articolo 3 anticipa al 31 dicembre dell’anno precedente a quello al quale il decreto di programmazione di ingressi si riferisce il termine per la sua emanazione. Ciò al fine di evitare ritardi che si ripercuotano sull’efficacia del sistema. Inoltre, viene sostituita la disposizione per la quale, in caso di mancata emanazione del decreto di programmazione dei flussi di lavoro, valgono le quote dell’anno precedente, con una presunzione che non ha ragione di essere. L’articolo 4 innova profondamente nella disciplina dell’ingresso per lavoro. Infatti, accanto ai normali requisiti per l’ingresso, il permesso di soggiorno potrà esser rilasciato solo ad avvenuta stipula di un «contratto di soggiorno per lavoro», incontro della volontà del datore di lavoro e del lavoratore, certificato, all’estero, dalla nostra rappresentanza diplomatica o consolare. La medesima certificazione sarà rilasciata, sempre dalla rappresentanza diplomatica o consolare e prima dell’ingresso dello straniero sul territorio nazionale, per l’accertamento dei requisiti per lo svolgimento di un lavoro autonomo.

Una particolare cautela è stata posta per evitare contraffazioni dei documenti di ingresso e soggiorno, sia prevedendo particolari caratteristiche degli stessi, sia introducendo una particolare fattispecie criminosa. L’articolo 5 istituisce la nuova fattispecie civile del contratto di soggiorno per lavoro stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia ed un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea o apolide, da sottoscriversi presso lo sportello unico per l’immigrazione, istituito presso ciascuna prefettura – ufficio territoriale del Governo, mediante il quale si prevede, a pena di nullità, la garanzia da parte del datore di lavoro di un’adeguata sistemazione alloggiativa per il lavoratore nonchè l’impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di rientro del lavoratore nel paese di provenienza. L’articolo 6, rispettando il disposto dell’articolo 5, paragrafo 2, della proposta di direttiva comunitaria riguardante le condizioni d’ingresso per lavoro dei cittadini extracomunitari (proposta di direttiva CNS-2001/0154), dà la possibilità allo straniero che si trova legalmente in Italia ad altro titolo, di stipulare comunque il contratto di soggiorno con il datore di lavoro.

L’articolo 7 pone una sanzione all’obbligo, già previsto dal citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, di comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza dell’ospitalità concessa allo straniero o della sua assunzione. L’articolo 8 eleva da cinque a sei anni il periodo di soggiorno necessario ad ottenere la carta di soggiorno. Appare questo un periodo di tempo più congruo per verificare il complessivo inserimento dello straniero. L’articolo 9 riafferma in capo al Ministro dell’interno il coordinamento dei controlli alle frontiere. L’articolo 10 rende più stringenti le norme poste a contrasto del favoreggiamento all’immigrazione clandestina. La lettera d), in particolare, introduce la possibilità per navi militari o in servizio di polizia, di fermare, sottoporre ad ispezione ed eventualmente sequestrare imbarcazioni in acque nazionali o nella zona contigua alle acque internazionali, conducendole in un porto dello Stato allorchè si abbia fondato motivo che siano adibite al trasposto di clandestini. Per quanto compatibili le norme si applicano anche ai controlli concernenti il traffico aereo.

L’articolo 11 capovolge l’attuale impostazione della disciplina dell’espulsione. Se nella disciplina vigente del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 l’espulsione è, di regola, effettuata mediante intimazione e, solo in determinati casi, con l’accompagnamento alla frontiera con la conseguenza che la maggior parte degli intimati in realtà non ottempera all’ordine di lasciare il territorio nazionale, con le modificazioni introdotte l’espulsione con accompagnamento alla frontiera diviene la regola ordinaria. L’intimazione resta in alcuni limitati casi di mancato rinnovo del permesso di soggiorno, assistita comunque dalla possibilità di trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporaneo. Il periodo di divieto di reingresso nel territorio dello Stato in caso di espulsione, è elevato a dieci anni; tuttavia, tale termine è temperato dalla possibilità di una sua riduzione, fino a cinque anni, in fase di adozione del decreto di espulsione, tenuto conto della complessiva condotta dell’interessato nel periodo di permanenza in Italia.

L’articolo 12 detta nuove norme sull’esecuzione dell’espulsione. L’esperienza ha dimostrato che i trenta giorni ora previsti come termine massimo per il trattenimento nei centri di permanenza temporanea non sono sufficienti per assicurare il riconoscimento del clandestino, presupposto indispensabile del suo rimpatrio. Il nuovo termine di sessanta giorni dovrebbe consentire il riconoscimento della quasi totalità dei trattenuti.L’articolo 13 reca disposizioni in tema di espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione. La norma prevede che lo straniero entrato illegalmente in Italia e detenuto in via definitiva con una pena, anche residua, di due anni, possa essere espulso in alternativa alla residua pena da scontare. Qualora rientri illegalmente nel territorio dello Stato, è nuovamente assoggettato a detenzione. L’articolo 14 reca ulteriori specificazioni per la stesura del decreto di programmazione dei flussi che devono altresì essere predisposti in base ai dati sulla effettiva richiesta di lavoro suddivisi per regioni e per bacini provinciali d’utenza ed elaborati dall’anagrafe informatizzata del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

L’articolo 15, nel sostituire l’intero articolo 22 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, istituisce, in ogni provincia, presso la prefettura - ufficio territoriale del Governo, uno sportello unico per l’immigrazione, responsabile dell’intero procedimento relativo all’assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato; inoltre, detta la disciplina, nonchè le modalità operative per la sottoscrizione da parte del lavoratore straniero del contratto di soggiorno per lavoro subordinato. Tra gli adempimenti dello sportello unico, è prevista anche l’acquisizione e la comunicazione agli uffici consolari del codice fiscale dell’immigrato ai fini del rilascio del visto di ingresso. L’articolo 16 prevede titoli di prelazione nel collocamento dei lavoratori stranieri derivanti dall’aver frequentato corsi di istruzione e di formazione professionale organizzati nei paesi di origine da enti abilitati. L’articolo 17 detta disposizioni in materia di lavoro stagionale con le quali si provvede a coordinare tale fattispecie di lavoro con la nuova procedura indicata dall’articolo 15.

L’articolo 18 prevede la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione dello straniero a seguito di condanna con provvedimento irrevocabile per i reati di produzione, smercio o distribuzione di prodotti falsi, contraffatti o in violazione delle norme di tutela del diritto di autore. L’articolo 19 demanda al Ministro per i beni e le attività culturali il compito di determinare il limite massimo annuale di ingresso degli sportivi stranieri che svolgano attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita. L’articolo 20 limita le fattispecie del ricongiungimento familiare al coniuge ed ai figli minori. Modula diversamente il ricongiungimento del genitore a carico, prevedendo l’ipotesi dell’impossibilità di altro sostegno nel paese di origine. L’articolo 21 precisa che l’accesso alle misure di integrazione sociale è riservato agli stranieri che dimostrino di essere in regola con le norme che disciplinano il soggiorno in Italia. L’articolo 22 reca una norma generale resa necessaria dalla nuova organizzazione e denominazione delle strutture periferiche dello Stato. L’articolo 23 prevede la revoca del permesso di soggiorno nelle ipotesi di matrimonio simulato e finalizzato unicamente ad ottenere la possibilità di soggiornare in Italia.

Il Capo II (articoli 24 e 25) disciplina la revisione delle norme in materia di diritto d’asilo introducendo una procedura semplificata per il riconoscimento del diritto anche al fine di non consentire che tale istituto sia utilizzato impropriamente, al solo scopo di procrastinare o di evitare un provvedimento di allontanamento per irregolarità di soggiorno. Il riconoscimento dello status di rifugiato è, infatti, tuttora regolato dall’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 (cosiddetta legge Martelli). Tale normativa prevede che a coloro che presentino una domanda di asilo – indipendentemente dalla posizione di regolare, irregolare, sottoposto a procedimento di allontanamento o altro – sia concesso un permesso di soggiorno in attesa della definizione della richiesta. In sede europea è in discussione un progetto di direttiva che regola lo standard minimo delle procedure che gli Stati membri devono adottare per il riconoscimento dello status di rifugiato (proposta di direttiva CNS - 2000/0238, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Comunità europea n. C062 E del 27 febbraio 2001).

Tale progetto prevede, all’interno del principio generale della non trattenibilità dei richiedenti asilo per il mero fatto di esaminare la loro istanza, alcune eccezioni (articolo 11), nonchè una cosiddetta procedura semplificata (articolo 27 e seguenti) per esaminare quelle domande che si presumono manifestamente infondate; l’esito sfavorevole di questa procedura semplificata, salvo l’obbligo di rispondere (articolo 33, paragrafo 3) – anche negativamente – all’istanza del richiedente asilo che chiede di rimanere sul territorio nazionale per tutta la durata dell’eventuale ricorso, non impone agli Stati membri di sospendere gli effetti di una decisione sfavorevole di primo grado in attesa dell’esito del ricorso. In attesa di una disciplina organica sul diritto di asilo, il disegno di legge intende correggere l’obbligatorietà della concessione del permesso di soggiorno contenuto nell’articolo 1 della cosiddetta legge Martelli, mutuando proprio dalla proposta di direttiva attualmente in discussione a Bruxelles i casi in cui è possibile trattenere il richiedente asilo, nonchè la possibilità di allontanamento dopo il primo grado concessa dalla procedura accelerata. Sono così disciplinate diverse fattispecie per le quali è possibile trattenere o continuare a trattenere i richiedenti asilo, sulla base di un procedimento – quale quello conseguente alla violazione delle norme di ingresso sul territorio – già avviato prima della richiesta di asilo. Il trattenimento dovrebbe permanere fino all’esito della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato. Affinchè tale procedura semplificata sia efficace, è necessario che essa sia completata prima dello scadere del termine previsto per il trattenimento.

Per tale ragione si è reso necessario potenziare la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato denominata ora «Commissione nazionale per il diritto di asilo», istituendo altresì apposite commissioni territoriali in sede decentrata. La Commissione nazionale ha compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali, formazione e aggiornamento dei componenti delle stesse, raccolta di dati statistici nonchè poteri decisionali in tema di revoche e cessazione degli status concessi. Il Capo III (articoli 26 e 27) contiene le disposizioni concernenti l’entrata in vigore e la predisposizione dei regolamenti di attuazione ed integrazione del provvedimento, nonchè una precisazione in merito all’assenza di oneri finanziari per l’attuazione degli articoli 2, 4, 14, 15 e 16. È stata, inoltre, introdotta una norma, a carattere transitorio, che consente al sindaco in particolari situazioni di emergenza di disporre l’alloggiamento nei centri di accoglienza di cui all’articolo 40 del citato testo unico, di stranieri non in regola con le disposizioni sull’ingresso e sul soggiorno nel territorio italiano.

È, infine, individuata la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione degli articoli 11, comma 3, 12, comma 1 e 25. Sul testo normativo è stato acquisito il parere della Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Le regioni, in tale sede, hanno avanzato la richiesta di una loro partecipazione al Comitato per il coordinamento e il monitoraggio delle disposizioni della legge, nonchè al Gruppo tecnico di lavoro (articolo 2). Tale duplice richiesta è stata sostanzialmente accolta mediante la previsione che un presidente di regione o di provincia autonoma, designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e tre esperti designati dalla Conferenza unificata facciano parte, rispettivamente, del suddetto Comitato e del Gruppo tecnico di lavoro. Non è stato possibile accogliere la richiesta che il decreto-flussi (articolo 3) sia determinato «con l’accordo delle regioni e delle province autonome», in quanto tale previsione avrebbe determinato uno stravolgimento dell’impianto della legge. Peraltro, è stato previsto che, prima di procedere alla determinazione del decreto-flussi, siano sentiti sia il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio della legge, cui partecipa un rappresentante regionale, sia la Conferenza unificata. In tali sedi, le regioni possono avanzare le loro proposte. All’articolo 14, si è accolta la richiesta di far riferimento, in sede di predisposizione dei decreti di programmazione dei flussi di ingresso, ai dati suddivisi, oltre che per regioni, anche per bacini provinciali di utenza, conformemente alla ripartizione di competenze delineate dal decreto legislativo n. 23 dicembre 1997, n. 469.

Non è stato possibile introdurre nel testo, la richiesta (articolo 15), formulata anche dall’Unione delle province d’Italia (UPI), di istituire lo sportello unico per l’immigrazione presso i Centri dell’impiego (competenza provinciale), anzichè presso l’ufficio territoriale del Governo (istituito ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300) poichè le nuove competenze attribuite a tale ufficio sono strettamente connesse all’ingresso dello straniero nel territorio dello Stato e sono pertanto preordinate alla disciplina dell’immigrazione ed alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, materie riservate alla competenza statale. È stata, invece, recepita la proposta di un maggiore ruolo delle regioni e delle province autonome nell’ambito dei programmi concernenti le attività di istruzione e di formazione professionale da svolgersi nei paesi di origine (articolo 16). In particolare, si è prevista: a) la possibilità che a tali programmi partecipino tanto nella fase propositiva quanto in quella realizzativa i predetti enti; b) l’introduzione di un apposito comma nel quale sono individuate le finalità della predetta attività, indirizzata all’inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano sia all’interno dello Stato che nei paesi di origine nonchè allo sviluppo di attività produttive o imprenditoriali autonome nei paesi di origine.

Quanto al finanziamento di tali iniziative, che nell’emendamento della Conferenza unificata veniva demandato allo Stato, non si è ritenuto di poter dare seguito alla proposta in considerazione degli oneri di bilancio e dei conseguenti problemi di copertura finanziaria che avrebbe comportato. Per quanto riguarda le richieste formulate e trasmesse dall’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), è stata accolta la proposta di una partecipazione presso il Gruppo di lavoro di rappresentanti indicati dalla Conferenza unificata nonchè la richiesta che, prima di procedere alla determinazione del decreto-flussi, sia acquisito il parere del predetto organo. Non è stata recepita la proposta di ridurre a cinque il numero degli anni richiesti per la carta di soggiorno ( anzichè i sei indicati nell’articolo 8), dal momento che non sarebbe in linea con l’indirizzo di politica legislativa a cui è improntato l’intero provvedimento. Relativamente alla richiesta di non sopprimere la disposizione contenuta nell’articolo 40 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 che attribuisce al sindaco la possibilità di intervenire in materia alloggiativa nelle situazioni di emergenza, si è dato seguito mediante l’introduzione di una disposizione transitoria (articolo 26, comma 3) in base alla quale, fino alla realizzazione di una adeguata rete di centri di permanenza temporanea e di assistenza – da accertare da parte del Ministro dell’interno, previo parere del Comitato per il monitoraggio della legge –, il sindaco conserva poteri di intervento in situazioni di particolare gravità; sono, tuttavia, fatte salve le disposizioni sull’allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri non in regola.

Non è stato possibile accogliere la richiesta concernente l’istituzione di un «Fondo nazionale per il rimpatrio volontario ed assistito» in considerazione degli oneri che sarebbero derivati alla finanza pubblica e che non avrebbero trovato la necessaria copertura. Le proposte in ordine alla cosiddetta «chiamata professionale» non sono state accolte in quanto reintrodurrebbero, in sostanza, l’istituto dello sponsor che si è voluto abolire per i risultati negativi che lo stesso ha prodotto. Per il più volte richiamato motivo della mancanza di una copertura finanziaria non è stata altresì accolta la richiesta di istituire presso il Ministero dell’interno un apposito «Fondo per le politiche sull’asilo». È stata recepita la richiesta di inserire nelle Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato un rappresentante dell’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). È stata, infine, accolta la richiesta che il rappresentante dell’ente territoriale non sia designato dalla Conferenza unificata, ma dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, atteso il carattere locale delle predette Commissioni. In considerazione della circostanza che il numero dei componenti delle stesse poteva risultare paritario (è infatti prevista solo in via eventuale la partecipazione di un quinto membro designato dal Ministero degli esteri) si è previsto che in caso di parità prevalga il voto del presidente.

_____________

I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE COPIATI CITANDO E LINKANDO LA FONTE

 

 

indice immigrazione