23 maggio 2003

 
     

Diritti umani: sintesi rapporto 2003
di Amnesty International

AFRICA

Nonostante la tregua raggiunta nel dicembre 2002 tra le forze governative del Burundi e l'opposizione del Consiglio nazionale per la difesa della democrazia - Forze per la difesa della democrazia (Cndd-Fdd), le ostilità sono riprese in varie parti del paese, in particolare nella zona centrale attorno a Gitega e nell'area del confine sud-orientale intorno a Ruyigi e si sono intensificate nella capitale Bujumbura. Sono pervenuti nuovi rapporti su uccisioni di civili inermi da parte delle forze armate e su uccisioni illegali e saccheggi ad opera del Cndd-Fdd e tutto ciò ha aggravato una situazione umanitaria già critica. Decine di migliaia di persone sarebbero state costrette a lasciare le zone dei combattimenti e non avrebbero accesso agli aiuti umanitari. A gennaio è stato registrato un nuovo passo indietro nella campagna per portare davanti alla giustizia i militari responsabili del massacro di un numero compreso tra 173 e 267 civili inermi assassinati a Itaba, nella provincia di Gitega, il 9 settembre 2002. Sebbene l'esercito del Burundi abbia ammesso le uccisioni, le autorità giudiziarie hanno fatto cadere l'accusa di omicidio sostituendola con due accuse di minore entità: mancanza di pubblica solidarietà e violazione delle consegne militari. Gli imputati sono stati assolti anche dalla prima accusa e sono stati giudicati colpevoli di non aver seguito gli ordini assegnati: ovvero, avevano sbagliato nel riferire sulla situazione e, anche se avessero ricevuto l'ordine di aprire il fuoco su dei combattenti, avrebbe dovuto essere loro chiaro che stavano sparando sulla popolazione civile inerme. Sono stati condannati a quattro mesi di carcere e rilasciati. In Costa d'Avorio, la guerra civile causata dalla sommossa del 19 settembre 2002 ad opera di elementi armati originariamente appartenenti alle Forze armate nazionali della Costa d'Avorio, ha lasciato lentamente il passo a una soluzione negoziale, con la firma a Parigi, il 29 gennaio 2003, degli accordi di Linas-Marcoussis, che hanno l'obiettivo di favorire una soluzione politica del conflitto. Gli scontri continuano tuttavia a imperversare nella regione occidentale. Dall'inizio del conflitto, più di un milione di persone risultano sfollate. I rifugiati della Liberia, identificati in modo indiscriminato con l'opposizione armata della Costa d'Avorio, continuano a rischiare la vita poiché sono rimasti coinvolti nella violenza che ha scosso quest'ultimo paese. In Liberia, le ostilità tra le forze governative del presidente Charles Taylor e l'opposizione armata dei Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia (Lurd) si sono intensificate estendendosi ad aree precedentemente non toccate dal conflitto. La crisi umanitaria e dei diritti umani, già grave, è ulteriormente peggiorata. L'emergere di un altro gruppo armato, distinto dal Lurd, nell'est e nel sud del paese ha non solo ampliato la minaccia per i civili liberiani e per i rifugiati di altre nazionalità che fuggono dal conflitto in Costa d'Avorio, ma ha anche complicato il già difficile tentativo di risolvere il conflitto e fermare gli abusi dei diritti umani. Il peggioramento delle condizioni di sicurezza sta avendo un costo terribile: ampie perdite di vite umane, distruzioni di proprietà e sfollamento massiccio della popolazione. I rifugiati e i profughi interni sono particolarmente vulnerabili poiché i loro campi vengono deliberatamente attaccati. Il reclutamento forzato, anche di bambini minori di 18 anni, da parte sia del governo che dei gruppi armati di opposizione, è dilagante. L'accesso alle agenzie di aiuto umanitario, il cui personale è stato a sua volta attaccato e ucciso, è fortemente limitato. L'allargamento dei combattimenti in tutto il paese sta impedendo la fornitura di aiuti umanitari in 11 delle 15 regioni della Liberia. Nella Repubblica Democratica del Congo sono state eseguite le condanne a morte di alcuni dei 30 imputati accusati di essere stati coinvolti nell'assassinio del presidente Laurent-Desiré Kabila, avvenuto nel gennaio 2001. Il processo si è tenuto di fronte alla Corte per l'ordine militare, le cui procedure non rispettano gli standard internazionali sul giusto processo. Alcune ore prima dell'emissione delle condanne a morte, 15 persone sono state fucilate in segreto: si è trattato delle prime esecuzioni avvenute nel paese dal dicembre 2000. All'inizio dell'anno sono pervenute notizie riguardanti uccisioni di civili compiute alla fine del 2002 ad opera del Movimento di liberazione del Congo e del Raggruppamento congolese per la democrazia - Nazionale. L'episodio si è verificato nella provincia di Ituri, nel nord-est del paese. All'inizio di aprile nella stessa zona, a Drodro, centinaia di civili per lo più privi estranei ai combattimenti appartenenti all'etnia Hema sono stati uccisi da uomini armati del gruppo etnico Lendu. Dalla regione di Kivu continuano a giungere denunce di ulteriori uccisioni e altri abusi dei diritti umani, tra cui stupri, da parte dei gruppi armati e delle forze del governo del Ruanda. Nella Repubblica Centrafricana, in uno scenario contrassegnato da uccisioni illegali, torture e stupri, in particolare ad opera dei combattenti che sostengono il presidente Ange-Félix Patassé, l'ex capo di stato maggiore Francois Bozizé ha preso il potere nel mese di marzo. Nello Zimbabwe vi è stata un'intensificazione del ciclo di intimidazioni, arresti arbitrari, detenzioni e torture nei confronti dei difensori dei diritti umani, dei parlamentari di opposizione e di coloro che esprimono pacificamente le proprie opinioni o criticano la politica governativa. Sebbene alcuni degli arrestati siano stati rilasciati, molti rimangono ancora in prigione e di altri non è noto il luogo di detenzione.

AMERICHE

Nei loro sforzi per identificare i responsabili degli attacchi dell'11 settembre 2001 e nel contesto della "guerra contro il terrorismo", gli Usa hanno continuato a violare i diritti umani fondamentali di più di 600 prigionieri detenuti nella base navale di Guantanamo Bay, a Cuba. Fonti militari statunitensi hanno ammesso la detenzione di bambini di età inferiore a 16 anni per interrogarli in quanto "combattenti nemici". Amnesty International ha chiesto il loro immediato rilascio, definendo la loro detenzione "particolarmente ripugnante". Il continuo limbo legale nel quale sono tenuti tutti i prigionieri di Guantanamo, che non stati riconosciuti dagli Usa come prigionieri di guerra e ai quali non è concessa alcuna possibilità di contestare la legalità della loro detenzione davanti a una corte, è esso stesso una violazione del diritto internazionale. Ponendo questi prigionieri in un "buco nero legale", l'amministrazione statunitense sembra continuare a favorire un mondo in cui forme di detenzione arbitraria che non possono essere contrastate sul piano legale diventino una prassi accettabile. In Colombia, a febbraio, il governo del presidente Álvaro Uribe ha esteso per oltre tre mesi lo stato di emergenza dichiarato nell'agosto del 2002. Il governo sta anche procedendo con una serie di misure che potrebbero esacerbare il già grave problema dell'impunità nel paese. A gennaio è stato emanato il decreto 128 che darà al governo il potere effettivo di amnistiare e graziare guerriglieri e paramilitari accusati di violazioni dei diritti umani. Ad aprile, il governo ha ultimato la stesura di un disegno di legge, che presto sarà presentato al Congresso, che trasferisce in modo permanente alle forze armate i poteri di polizia giudiziaria. Questo pregiudicherà fortemente la difesa dei diritti umani poiché ridurrà la possibilità di indagini esaurienti e imparziali sulle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza con o senza i loro alleati paramilitari. Negli ultimi quattro mesi si è anche verificato un aumento degli attacchi contro i civili, in violazione del diritto internazionale umanitario. Il 7 febbraio un'autobomba è esplosa all'ingresso del club "El Nogal" di Bogotà, uccidendo 36 persone e ferendone 170. Il governo della Giamaica sembra ignorare le possibili nuove prove di esecuzioni extragiudiziali scoperte da una delegazione di Amnesty International che ha visitato l'isola nel marzo 2003, in merito all'uccisione dei cosiddetti "Sette di Breaton". Le prove sembrano dimostrare in modo schiacciante che i sette ragazzi sono stati vittime di esecuzioni extragiudiziali da parte della polizia. Le autorità giamaicane continuano a non voler prendere in considerazione le richieste di giustizia dei parenti dei sette ragazzi. Con una mossa che ha segnato un enorme passo indietro per i diritti umani a Cuba, almeno 33 dissidenti arrestati a marzo in un giro di vite contro l'opposizione sono stati condannati a periodi di detenzione incredibilmente lunghi, fino anche a 28 anni. Ad aprile, in un altro attacco ai diritti umani, le autorità cubane hanno messo fine a tre anni di moratoria sulle esecuzioni mandando tre uomini davanti al plotone d'esecuzione. I tre prigionieri fucilati facevano parte di un gruppo che il 2 aprile aveva dirottato una nave cubana con decine di passeggeri a bordo e aveva cercato di dirigerla con la forza verso gli Stati Uniti. Essi hanno avuto un processo sommario e i loro appelli alla Corte Suprema e al Consiglio di Stato sono stati esaminati in maniera frettolosa e inadeguata. Sono stati fucilati meno di una settimana dopo l'inizio del processo. Facendo immediatamente seguito all'ondata di arresti e processi sommari nei confronti dei dissidenti, queste esecuzioni segnano una grave erosione della situazione dei diritti umani a Cuba. La polarizzazione politica in Venezuela ha minacciato di dare luogo a violenze su vasta scala. La tensione è salita particolarmente durante i 63 giorni di sciopero nazionale, terminato a febbraio, che era stato convocato dall'opposizione nel tentativo di rovesciare il presidente Chávez. Ad un anno dal fallimento del colpo di stato dell'aprile 2002, quando più di 50 persone avevano perso la vita e altre centinaia erano state ferite, il governo del Venezuela e l'opposizione ancora non sanno riconoscere le proprie responsabilità nella tragedia e garantire che i responsabili saranno portati davanti alla giustizia. Amnesty International ha espresso preoccupazione per il fatto che il proscioglimento dall'accusa di omicidio di coloro che erano stati accusati di aver sparato dal Puente Llaguno, e l'assenza di incriminazioni nei confronti della Polizia Metropolitana, implicata nelle morti e nei ferimenti dell'11 aprile 2002, abbiano dato ulteriore dimostrazione della debolezza delle indagini ufficiali. Tutto questo accresce anche i timori circa la capacità dello stato di perseguire effettivamente tutti i responsabili di questi episodi. Il nuovo governo di Luiz Inácio da Lula si è insediato in Brasile a gennaio. Il continuo e drammatico aumento della violenza in città come San Paolo e Rio de Janeiro ha generato preoccupazione circa la sicurezza pubblica e i meccanismi che è necessario attuare per garantire il rispetto dei diritti umani e la sicurezza di tutta la popolazione del Brasile. Amnesty International è in attesa di vedere quali passi concreti il nuovo governo intenderà intraprendere per attuare una forte politica sui diritti umani. In Cile l'ex generale Manuel Contreras, capo della polizia segreta sotto il generale Augusto Pinochet, è stato condannato in aprile a 15 anni di carcere per la "sparizione" di Carlos Sandoval, avvenuta durante il regime militare. Una rivolta carceraria ha avuto luogo il 5 aprile a El Porvenir, La Ceiba, in Honduras: sono state uccise 69 persone, tra cui 59 membri delle maras (bande giovanili), altri sei prigionieri, tre visitatrici e un poliziotto. Amnesty International ha scritto al ministro della Sicurezza esprimendo la propria preoccupazione riguardo all'episodio e all'alto numero di membri delle maras uccisi (essi costituiscono solo un quinto della popolazione carceraria). L'organizzazione ha anche chiesto l'avvio di un'indagine indipendente e completa e ha espresso preoccupazione per le notizie riguardanti la presenza di bambini tra la popolazione carceraria adulta. In Guatemala si sta verificando un'ondata crescente di intimidazioni, ostilità e violenze contro la popolazione indigena, sia nella capitale che nelle zone rurali. Ad aprile Amnesty International ha chiesto al governo del Guatemala di adottare misure urgenti e concrete per porre fine agli abusi dei diritti umani, comprese le esecuzioni extragiudiziali, contro la popolazione indigena del paese.

ASIA E PACIFICO

L'anno è cominciato in Cina con sette esecuzioni durante un'adunata pubblica nella città meridionale di Sanya, noto centro turistico dell'isola di Hainan. Il numero delle esecuzioni è drammaticamente cresciuto all'inizio di febbraio, alla vigilia del Capodanno cinese. Il 29 gennaio il governo del Nepal e i dirigenti del Partito comunista del Nepal (maoista) hanno annunciato il cessate il fuoco. Amnesty International ha spinto entrambe le parti a fare dei diritti umani una parte integrante dell'agenda per i negoziati di pace. A febbraio Amnesty International ha fatto la sua prima visita in Myanmar. La delegazione ha incontrato esponenti del governo militare, Daw Aung San Suu Kyi, Segretaria Generale della Lega nazionale per la democrazia ( Lnd), altri militanti della Lnd, diplomatici e rappresentanti della comunità internazionale. I delegati hanno visitato anche le strutture carcerarie, inclusa la prigione Insein nella capitale Yangon e il punto di guardia presso l'ospedale generale di Yangon. L'organizzazione spera di tornare nel paese alla fine dell'anno. In aprile Amnesty International ha espresso apprezzamento per alcuni limitati passi avanti nella situazione dei diritti umani, ma allo stesso tempo si è rammaricata per l'assenza di ulteriori miglioramenti. Il governo ha comunicato all'organizzazione che i prigionieri politici hanno ora accesso a materiale di lettura e a contatti sociali, ciò che rappresenta uno sviluppo positivo. Tuttavia, oltre 1.200 prigionieri politici si trovano ancora in carcere e la frequenza delle scarcerazioni è molto rallentata negli ultimi mesi. Il 21 marzo, Amnesty International ha pubblicato un rapporto intitolato "La ricostituzione delle forze di polizia è essenziale per i diritti umani", in cui chiede alla comunità internazionale di aiutare la ricostituzione delle forze di polizia in Afghanistan. L'organizzazione ha accolto positivamente la recente ratifica, da parte di questo paese, della Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della discriminazione contro le donne. In Cambogia due giornalisti sono stati arrestati nel tentativo di mettere a tacere la loro libertà di parola. In Tailandia il governo ha dichiarato "guerra alla droga". Questa iniziativa viene attuata mediante la politica dello "spara per uccidere", con cui la polizia uccide chiunque sia ritenuto coinvolto nel traffico di stupefacenti. Dall'inizio dell'anno, almeno 600 persone sono state uccise a colpi d'arma da fuoco. Le autorità sostengono che solo 15 di esse sono state uccise dalle forze di sicurezza, mentre le altre sarebbero state colpite nel corso delle sparatorie tra i trafficanti di droga. Le autorità non permettono ai patologi di effettuare autopsie e, a quanto pare, le pallottole vengono rimosse dai cadaveri. Il 27 febbraio, nell'anniversario del massacro nel quale furono uccise più di 2.000 persone nello stato di Gujarat, in India, Amnesty International ha denunciato la continua violazione dei diritti costituzionali, e in particolare del diritto al risarcimento. Il 23 marzo nello stato di Jammu e Kashmir 24 persone, tra cui 11 donne e due bambini - tutte appartenenti alla comunità Kashmir Pandit - sono state uccise da uomini armato non identificati. Amnesty International ha condannato le uccisioni e ha chiesto l'apertura di un'indagine.

EUROPA E ASIA CENTRALE

In Turchia il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) è stato eletto a formare il nuovo governo il 3 novembre 2002. Recep Tayyip Erdogan, leader dell'Akp e ex prigioniero di coscienza adottato da Amnesty International, è stato eletto al Parlamento nel marzo 2003 e poco dopo è divenuto primo ministro. In precedenza non aveva potuto ricoprire l'incarico per via di una legge che gli proibiva di sedere in parlamento a causa di una trascorsa condanna per "incitamento all'odio religioso", inflittagli per aver recitato un poema durante un intervento politico pubblico, nel 1999, quando era sindaco di Istanbul. A febbraio, Amnesty International ha pubblicato un nuovo rapporto in cui si denuncia come in Turchia le donne in stato di detenzione rischino di essere vittime di violenza sessuale, da parte degli agenti delle forze di sicurezza. Alcune donne sono particolarmente a rischio, specialmente quelle di origine curda e coloro che professano idee politiche inaccettabili per le autorità o per i militari. I soci di Amnesty International si sono impegnati in un'azione per porre fine alla violenza sessuale contro le donne. A marzo, Amnesty International ha diffuso un rapporto che evidenzia i problemi che devono affrontare le minoranze etniche nella Federazione Russa, come detenzioni arbitrarie e maltrattamenti. Il rapporto denuncia poi la situazione dei cittadini delle altre repubbliche ex sovietiche, cui viene negato il diritto legale alla cittadinanza russa, e gli attacchi razzisti contro richiedenti asilo e rifugiati, che subiscono ulteriori difficoltà poiché i loro documenti non sono ritenuti validi dalla polizia. Il 23 dicembre, il prigioniero di coscienza Grigory Pasko è stato rilasciato con la condizionale. Inviato di un giornale della Flotta russa del Pacifico, era stato arrestato per la prima volta nel 1997, per aver trasmesso informazioni ritenute riservate ai media giapponesi; due anni dopo era stato prosciolto dalle accuse di spionaggio. Tuttavia, nel dicembre del 2001, era stato condannato a quattro anni di carcere per tradimento e spionaggio. Il 17 aprile Sir John Stevens, commissario della Polizia metropolitana, ha consegnato il rapporto "Stevens 3" sulla sua terza indagine relativa alle collusioni in Irlanda del Nord. Onde prevenire una completa diffusione delle 3000 pagine del rapporto, ne è stato reso noto solo un breve sommario. Secondo le conclusioni di Sir Stevens, vi fu collusione tra le autorità britanniche e i gruppi armati protestanti nell'uccisione dell'avvocato per i diritti umani Patrick Finucane nel 1989 (e in altri casi del genere), e che la sua morte avrebbe potuto essere evitata. Alla luce di questo, Amnesty International e altre organizzazioni non governative hanno reiterato la richiesta alle autorità del Regno Unito di iniziare subito un'indagine approfondita, pubblica, internazionale, indipendente e imparziale, sulle circostanze dell'uccisione di Finucane. Il 3 aprile Serbia e Montenegro sono diventate il 45° stato membro del Consiglio d'Europa. In precedenza, il 12 marzo, il primo ministro Zoran Djindic era stato assassinato, spingendo le autorità a imporre lo stato di emergenza. Amnesty International ha espresso preoccupazione per il fatto che, in base a questo provvedimento, persone sospettate di aver commesso un reato potrebbero essere trattenute per oltre 30 giorni senza accesso a un avvocato, e ciò potrebbe dar luogo a torture e maltrattamenti da parte della polizia, data la larga diffusione di queste pratiche durante il periodo di detenzione in incommunicado. Centinaia di persone rimangono in stato di detenzione in relazione alle indagini sull'omicidio, che il governo ha attribuito a gruppi del crimine organizzato. In Spagna il 20 febbraio Euskaldunon Egunkaria, l'unico giornale scritto interamente in basco, è stato chiuso come misura "precauzionale" e dieci persone (responsabili editoriali, giornalisti ed altri) sono state arrestate sulla base della legislazione anti-terrorismo su ordine di un giudice della Corte nazionale per accuse relative al gruppo armato Eta. A marzo il governo ha annunciato che stava avviando un'azione legale contro quattro direttori del giornale per "aver mosso accuse false" di tortura contro la Guardia civile. Amnesty International ha scritto alle autorità spagnole dopo aver ricevuto la notizia che Martxelo Otamendi (uno dei direttori del giornale) e altri detenuti erano stati sottoposti a forme di tortura come la "bolsa" (soffocamento in una busta di plastica), esercizi fisici snervanti, minacce e simulazioni di esecuzioni. L'organizzazione ha chiesto un'indagine imparziale e completa, a prescindere se sia stata sporta una formale denuncia di tortura. Amnesty International, che si oppone all'uso della detenzione in incommunicado poiché essa facilita la tortura, è anche profondamente preoccupata per le inquietanti nuove proposte legislative volte ad estendere il regime di incommunicado. A febbraio è emerso che il vice direttore della polizia di Francoforte, in Germania, aveva ordinato ai suoi uomini di usare la forza contro un sospetto criminale ritenuto coinvolto nel rapimento di un ragazzo di 11 anni a scopo di riscatto, con l'obiettivo di estorcere informazioni riguardanti il luogo di prigionia del sequestrato. Mentre era nelle mani della polizia, il sospetto è stato minacciato di atti di forza nei suoi confronti. Amnesty International è preoccupata per il fatto che, a dispetto del netto, assoluto e inderogabile divieto di torture e maltrattamenti previsto dalla Costituzione tedesca e anche dalle leggi nazionali e dal diritto internazionale, un pubblico ufficiale possa aver deciso di ricorrere all'uso o alla minaccia della tortura. Amnesty International ha chiesto alle autorità di indagare su questo episodio. In Bielorussia, almeno 50 manifestanti pacifici sono stati arrestati nella capitale Minsk il 23 marzo, durante una manifestazione non autorizzata, organizzata per protestare contro il governo del presidente Lukashenka e in coincidenza con l'anniversario della nascita della prima Repubblica di Bielorussia. Alcuni partecipanti sono stati condannati a periodi dai 5 ai 15 giorni di carcere e altri avrebbero ricevuto richiami ufficiali e multe. In Turkmenistan, Amnesty International ha criticato la condanna a tre anni inflitta il 4 marzo a Farid Tukhbatullin. Era stato giudicato colpevole di aver attraversato illegalmente il confine tra Uzbekistan e Turkmenistan e di nascondere un grave atto criminale. Stava tornando da una conferenza internazionale dedicata a questioni quali la libertà d'espressione e i diritti dei bambini. Il suo processo non ha rispettato gli standard internazionali in materia di giusto processo e Amnesty International lo ha adottato come prigioniero di coscienza. ULTIMORA: Farid Tukhbatullin è stato liberato all'inizio di aprile. All'indomani dell'inizio della guerra in Iraq, in alcuni paesi europei c'è stata una violenta reazione contro i diritti umani. In Belgio, all'inizio di marzo, più di 450 manifestanti contro la guerra sono stati posti agli arresti amministrativi, una forma di detenzione "preventiva" che può durare fino a 12 ore. Nel Regno Unito, l'Atto sul terrorismo del 2000 è stato applicato in alcune aree per concedere alla polizia poteri speciali di "fermo e perquisizione" nei confronti di persone senza alcun ragionevole sospetto. Nel corso di una serie di proteste organizzate in Grecia, la polizia si è resa responsabile di maltrattamenti nei confronti dei manifestanti. Il 21 marzo ad Atene 23 persone sono state arrestate dalla polizia e decine di altre sono state trattenute per brevi periodi di tempo dopo che, durante una manifestazione contro la guerra, erano stati danneggiati alcuni palazzi. Al termine della manifestazione la polizia anti-sommossa ha picchiato un gruppo di immigrati iracheni, portando via 38 di essi per controllare la loro identità. Nell'Unione Europea, Danimarca, Norvegia, Svizzera e Regno Unito hanno sospeso ogni decisione sulle richieste di asilo presentate da cittadini iracheni.

MEDIO ORIENTE E AFRICA SETTENTRIONALE

Il conflitto in Iraq ha avuto vaste implicazioni per i diritti umani nell'intera regione poiché molti governi hanno usato l'ombra della guerra per giustificare o nascondere le violazioni dei diritti umani. La libertà d'espressione è risultata minacciata in modo crescente, con ampi giri di vite nei confronti dei manifestanti contrari alla guerra. In diversi paesi, ma soprattutto in Egitto, Giordania e Yemen, le autorità hanno tentato di impedire la partecipazione alle manifestazioni, attraverso intimidazioni e arresti arbitrari. In molti paesi la polizia ha reagito alle manifestazioni ricorrendo all'uso eccessivo della forza: nello Yemen ciò ha provocato diversi morti e molti feriti, mentre in Egitto centinaia di attivisti contro la guerra sono stati arrestati e molti di loro sarebbero stati torturati nel corso della detenzione. Mentre i riflettori erano puntati sull'Iraq, gli abusi dei diritti umani sono proseguiti in tutta la regione. La media delle persone uccise nel conflitto interno in Algeria è risultata di quasi 100 persone al mese, mentre vi sono stati arresti arbitrari e torture in Tunisia e denunce di detenzioni segrete e torture in Marocco. Le violazioni dei diritti umani sono proseguite senza soluzione di continuità in Israele / Territori Occupati. All'inizio dell'anno l'esercito israeliano ha ripreso il controllo della maggior parte delle aree sotto la giurisdizione dell'Autorità Palestinese e ha imposto una completa e prolungata chiusura e un coprifuoco di dimensioni senza precedenti nei Territori Occupati. La maggior parte delle città e dei villaggi palestinesi sono stati isolati gli uni dagli altri per gran parte del periodo coperto da questo aggiornamento e il prolungato coprifuoco continua ad essere imposto nei maggiori centri abitati e in altri luoghi. Queste misure radicali di punizione collettiva colpiscono milioni di palestinesi, ai quali continua a essere negato o severamente limitato l'accesso al lavoro, all'educazione e all'assistenza medica. Questo ha generato il collasso complessivo dell'economia palestinese. La disoccupazione è aumentata vertiginosamente e oltre metà della popolazione palestinese sta attualmente vivendo sotto la soglia di povertà. La situazione in Iraq continua ad essere caratterizzata da grande incertezza. Il governo iracheno e le agenzie governative sono crollati ma non è ancora stata costituita alcuna autorità alternativa. I saccheggi e le violenze sono assai diffusi e in alcune aree la popolazione - compresa quella sotto la protezione delle Nazioni Unite - è stata costretta alla fuga. Ad oltre 1.000 persone, per lo più curdi iraniani provenienti dal campo profughi di Al-Tash (gestito dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), non è stato permesso di entrare in Giordania: essi sono attualmente fermi nella zona neutrale tra Giordania e Iraq. La durata della presenza militare angloamericana rimane sconosciuta, le prospettive di una effettiva autorità di transizione non sono chiare e sussistono disaccordi sul ruolo che dovrà essere assunto dalle Nazioni Unite. La più difficile sfida per l'Iraq deve ancora arrivare: assicurare che i diritti umani giocheranno un ruolo centrale nel futuro del paese. Affrontare l'impunità per le passate violazioni, accertare le responsabilità per le violazioni del diritto internazionale umanitario durante la guerra, costruire un sistema giudiziario equo ed efficace, garantire il rispetto dei diritti umani di tutti senza discriminazioni sul piano religioso, etnico o di genere, e insistere affinché la popolazione irachena stessa guidi questo processo: tutto questo avrà un'importanza fondamentale. .

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