COMUNICATO 07 febbraio 2009

 
     

Berlusconi e le ipotesi di modifica della Costituzione
di Rita Guma*

A fronte delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio che - sia per la riforma della Giustizia sia per la vicenda Englaro - si e' detto pronto a "Cambiare la Costituzione", l'Osservatorio intende fare due precisazioni, una di merito, l'altra di metodo:

1) a parte il fatto che il potere di varare leggi di modifica della Costituzione e' attribuito al parlamento, e non al governo, il presidente del Consiglio NON HA la maggioranza parlamentare adeguata a cambiare la Costituzione, che e' dei due terzi per ciascuna Camera.

A meno di non ottenere la convergenza di una parte significativa dell'opposizione, quindi, egli puo' solo provare a far approvare quattro volte (due volte da ciascuna camera ad un intervallo non inferiore a tre mesi, secondo l'art. 138 della Costituzione) eventuali proposte di riforma.

Tuttavia, non raggiungendo la maggioranza dei due terzi nella seconda votazione di ciascuna Camera, la legge puo' essere sottoposta a referendum popolare confermativo quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

La legge sottoposta a referendum non e' promulgata, se non e' approvata dalla maggioranza dei voti validi, senza tuttavia la necessita' del quorum richiesto invece per i referendum abrogativi. Quindi se ci fossero tre votanti, sara' la scelta di due persone a deteminare la conferma o meno della modifica costituzionale proposta.

2) il continuo ricorso del Presidente del Consiglio all'ipotesi (o minaccia) di modifica della Costituzione la dice lunga sulla capacita' di stare "dentro le regole" osservate invece da tanti predecessori di ogni colore e da tanti governi dei Paesi democratici. Inoltre cio' mette a rischio le garanzie per i cittadini, visto che la Costituzione e' stata pensata per tutelare noi dal possibile strapotere di chi ci governa.

Cambiare parti come il titolo V della Costituzione che regola gli enti locali e' ragionevole e accettabile, per adeguarsi all'evoluzione del Paese, e non tocca i diritti e gli equilibri istituzionali, ma cambiare (come si e' paventato per il caso Englaro) articoli come il 77, che stabilisce i limiti della decretazione d'urgenza - quindi del potere di legiferare del governo - mette a rischio il sistema delle garanzie a danno del ruolo del parlamento, e quindi a nostro danno.

Notiamo che pretendere di cambiare le regole per avocare a se' maggiori poteri e' un primo passo verso la dittatura.

* presidente Osservatorio sulla legalita' e sui diritti onlus

Speciale diritti

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