NOTIZIARIO del 8 novembre 2003

 
     

Dopo che il decreto spalmadebiti è stato messo sotto accusa (per palese illegalità contabile piuttosto che per la concorrenza: è infatti assolutamente contro le regole internazionali delle scritture di bilancio), il conflitto di interessi di Capitalia e MCC, Da Il Riformista

Conflitti d'interessi

L’altro ieri, martedì dieci, c’è stato uno sciopero dei giornalisti per la libertà d’informazione. Ma nessuno si è ricordato o ha parlato di Riccardo Luna. Eppure in ballo ci sono una censura clamorosa, un Corriere e un conflitto d’interessi, anche se il Corriere è quello dello Sport, e non della Sera, e il conflitto d’interessi non riguarda premier Silvio Berlusconi, ma Franco Carraro, presidente della Federcalcio, e Cesare Geronzi, onnipotente numero uno di Capitalia e, secondo molti, vero padre-padrone del football italiano.

La storia è andata così, almeno sino ieri. Luna è il vicedirettore del Corriere dello Sport e più di un mese fa ha scritto la prima puntata di una lunga inchiesta sui padroni del calcio. L’idea è del direttore, Xavier Jacobelli, da poco alla guida del giornale di proprietà di Roberto Amodei, il quale possiede anche Tuttosport. Luna inaugura la serie con un solido e brillante ritratto di Franco Carraro, una paginata intera. Scrive, anzi descrive in ogni dettaglio le relazioni, soprattutto finanziarie, tra Carraro e Geronzi.

Il primo ne esce malissimo: presidente di tante cose, compresa la Federcalcio, ma anche "dipendente" di Geronzi, con uno stipendio annuo di 830 mila euro da presidente di Mediocredito Centrale, merchant bank di Capitalia.

Per quanto riguarda il secondo protagonista, Geronzi, il succo è questo: il patron di Capitalia controllerebbe il mondo del calcio da tre versanti cruciali. Il primo è, appunto, quello della Federcalcio presieduta da Carraro. Il secondo sono i soldi della holding di Geronzi che stanno dietro parecchie squadre, compresa la Lazio il cui complesso salvataggio finanziario è però ancora in forse.

Il terzo, infine, è la Gea, società di procuratori calcistici che mette insieme Chiara Geronzi, figlia di Cesare, e Alessandro Moggi, figlio di Luciano. La puntata su Carraro esce il cinque maggio. Per Luna e il Corriere è un successone. Nonostante se ne parlasse da tempo, nessuno aveva sinora, sulla stampa sportiva, messo nero su bianco con un’ampia ricostruzione il sistema di potere Carraro-Geronzi.

Sulla prima pagina di quel giorno c’è anche un piccolo strillo, un riquadrino rettangolare che annuncia (o minaccia?): «La prossima puntata: Cesare Geronzi». E Jacobelli chiosa così il suo editoriale: «E’ una storia tutta da leggere quella di Carraro. E’ solo la prima».

La prima e unica. Da allora, infatti, Luna non ha più scritto una riga sul quotidiano di cui è vicedirettore. Persino una sua rubrica sugli Internazionali di tennis di Roma passa a un altro, figuriamoci scrivere una paginata su Geronzi. Che cosa è successo? Perché Jacobelli ha innestato la retromarcia? Sull’argomento, Luna non parla.

Tace anche il direttore del Corriere dello Sport, al comitato di redazione si è limitato ad assicurare che la pubblicazione è solo questione di tempo. Può darsi, forse quella di Luna è stata concepita come inchiesta bimestrale. Nel frattempo Luna, ridotto al silenzio, diventa l’idolo di tutte le radio romane che si occupano di calcio. In molti chiedono: «Perché non lo fanno scrivere su Geronzi? ».

Ma per tanti l’argomento è tabù, compreso Pietro Calabrese, il direttore "concorrente" della Gazzetta dello Sport. Gli unici a parlare sono, nell’ordine, il donchisciottesco Enrico Preziosi, proprietario di Genoa e Como;Antonio Matarrese, l’anti-Carraro per eccellenza; Antonio Caliendo, storico procuratore calcistico.

Dice Preziosi: «Ho cercato Jacobelli per avere una spiegazione ma lui si fa negare. Per tutti i giornalisti italiani è una storia mortificante».Dice Matarrese: «Sono perplesso. Evidentemente ci sono motivi superiori. Eppure quello di Carraro è un conflitto d’interessi evidente». Dice Caliendo: «Non è possibile che i poteri economici facciano quello che vogliono, intervenga l’Antitrust».

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