NOTIZIARIO del 12 ottobre 2003

 
     

Corruzione, ora comandano i boss locali
Da Mario Chiesa al caso Antonino: sparita la rete nazionale, le mazzette in mano ai politici cittadini

di Costantino Muscau

MILANO - Dalle mani sull’Italia alle mani sulle città. Dalle tangenti centralizzate a tante centrali delle tangenti. Da Severino Citaristi o Vincenzo Balzamo a Luigi Odasso o a Giovanni Antonino.

«Tangentopoli è morta? Non lo so, certo la corruzione continua. Grazie ai capiclan, manager di ospedali o politici locali che siano», dice Donatella Della Porta, 47 anni, docente all'Istituto universitario europeo di Firenze e attenta studiosa dei movimenti sociali («La faccia buona della politica») e dei fenomeni di corruzione («Il volto sporco e scuro della politica»), ben prima che scoppiasse Mani Pulite.

«Tangentopoli scomparsa? Ma dove.. Si paga più di prima e in modo più ramificato. Per colpa di tanti satrapi di provincia. L’Italia, a differenza di altri Paesi europei, ha perso l'occasione offertale da Mani Pulite», si indigna Ernesto Savona, 60 anni, docente di Criminologia all'Università Cattolica. Il professor Savona è anche direttore di Transcrime, il centro interdipartimentale di ricerca sulla criminalità transnazionale dell’università di Trento. Ora sta preparando per il Global Forum americano uno studio comparato sui diversi livelli di corruzione nel mondo. «Da non confondere - avverte il professore - con l’indagine annuale stilata da Transparency International (un'associazione che dà le pagelle di «onestà» a oltre 90 Paesi del mondo, ndr ). Essa si basa sulla percezione del livello di corruzione».

Un’indagine, quella di Transparency presentata il 7 ottobre, che, comunque, colloca l’Italia al 35 posto e al terz’ultimo fra i Paesi europei. L’Italia è bollata ancora una volta come un paese eticamente poco affidabile.

Non si meraviglia di ciò Rita Guma, 41 anni, ingegnere elettronico, insegnante, e direttrice dell'Osservatorio sulla legalità (un’associazione di volontariato senza scopo di lucro fondata nel 1998 per la tutela dei diritti civili e per informare e sensibilizzare i cittadini sulla giustizia): «Quello che notiamo ora di diverso è il fatto che una volta la classe politica e quella imprenditoriale erano per lo più distinte. Oggi l'amministratore che commissiona il lavoro è spesso la stessa persona che vince l'appalto in qualità di imprenditore».

Insomma, 11 anni dopo Mani Pulite, «la politica ladra», come si intitolava un duro libro di Sergio Turone, fa ancora clamore, specialmente dopo i freschi scandali di Foggia e Brindisi, dove affari, mafia e politica - secondo i magistrati inquirenti - vanno a braccetto. Sembrerebbe la resurrezione di un fenomeno che perpetua lo stereotipo del «malaffare del Sud», come ha scritto ieri mattina Roberto Ciuni su «il Mattino» di Napoli.

«E invece, no - precisa Donatella Della Porta -. Niente di nuovo sotto il sole. Le presunte tangenti di Brindisi rientrano nella tipologia di corruzione rintracciabile in Tangentopoli e anche prima. E’ quella che io definisco della corruzione dei clan organizzata intorno a un capoclan: come è stato con Alberto Teardo, presidente della Regione Liguria, arrestato il 14 giugno 1983 per associazione di tipo mafioso, corruzione e concussione. E il 19 dicembre 2001 con Luigi Odasso a Torino e per un certo verso anche con Mario Chiesa. A dimostrazione di come non sia solo una patologia meridionale e per niente nuova. Semmai siamo di fronte a una moltiplicazione di tanti sistemi generalizzati che impongono equilibri locali, non nazionali come si tentò di fare nel passato. Ciò che mi ha colpito nello scandalo di Brindisi è la corruzione sistematica, nel senso che il sindaco avrebbe chiesto tangenti su tutto. Anche sulla squadra di calcio. A livello locale la corruzione si è fatta sistema e si è via via estesa a tutti i tipi di appalto. Assistiamo alla replica della figura del manager o del politico locale, che grazie alle tangenti si fa strada e poi acquista tessere di partito o rafforza il suo consenso, magari scambiando favori con l’opposizione. Non avevano fatto così Mario Chiesa e Alberto Teardo?».

Nessuna nuova dinamica, quindi, semmai la «conferma che la corruzione è un dato strutturale della vita politico amministrativa del nostro Paese», come aveva scritto nella Storia d’Italia dell’Einaudi, il magistrato, ora consigliere del Csm, Luigi Marini, 49 anni, che commenta: «I ricorrenti fenomeni di malaffare locali, questa frammentazione di scandali, potrebbero essere la conseguenza della carenza di una omogeneità politica nazionale. Manca il controllo degli apparati centrali e quindi via libera agli appetiti locali...».

«Mah - commenta disincantata Rita Guma -, dalla nostra esperienza sul territorio, la corruzione a livello locale è sempre esistita. E', ed era, per alcuni un aspetto del potere, uno "scopo", direi, del raggiungimento di una posizione decisionale che comporta l'essere oggetto di un tentativo di corruzione. E' stato questo tessuto di illeciti, probabilmente, che ha permesso a Tangentopoli di svilupparsi e che ha, in parte, contrastato e vanificato la rivoluzione di Mani Pulite, grazie alla connivenza fra i tanti piccoli e i grandi e alla consapevolezza che regole varate per evitare il ripetersi dei reati di Tangentopoli avrebbero finito con il coinvolgere tutti».

Su questo punto il professor Ernesto Savona va giù duro: «Mani Pulite è stata la grande occasione perduta dall’Italia. Nè la maggioranza nè l’opposizione hanno voluto combattere seriamente la corruzione sistematica e ramificata. Contrasto che non può essere lasciato ai magistrati, ai cosiddetti giudici sceriffi, obbligati a un ruolo di supplenza e divenuti uno strumento che ha abbattuto una classe politica. I politici lo strumento l’hanno avuto, con la commissione del 1997 contro la corruzione presieduta da Giovanni Meloni, di Rifondazione Comunista. Ebbene andate a vedere la conclusione dei lavori, nel 2000. Non successe niente. E così, passata la bufera, ci siamo trovati con i magistrati stanchi del loro ruolo di supplenza, intimoriti dai continui attacchi e con la corruzione che dilaga. Favorita anche dal sistema maggioritario, che provoca distorsioni terribili in quanto rende più facili e devastanti gli scambi».

Se il quadro è questo non resta che vivere rassegnati in un Paese eticamente marcio, naufraghi in un generale scadimento morale? Tanto più che gli elettori non si scandalizzano neppure, se ad esempio il sindaco di Brindisi passa dal Centro destra al centro sinistra.

«Certo che c’è uno scadimento morale e cultura e collettivo, una corsa sfrenata al denaro - sottolinea Donatella Della Porta - . Ma occorre puntare l’attenzione non solo verso chi vota, catturato dal potere di una macchina di consenso, ma soprattutto verso chi di questo scadimento è protagonista, responsabile e complice. In mancanza di valori e contenuti politici nobili, ai partiti interessa solo una bandierina che porti voti. Quanto al futuro però - se mi è consentito passare dalle vesti di studiosa della corruzione a quella dei movimenti sociali - non sono così disperata. Vedo emergere una nuova generazione che considera la politica come "cosa pulita", ed è attenta ai valori positivi, alla giustizia sociale, al sud del mondo. Certo, nell’ambito delle istituzioni si fa fatica a vedere ideali e un dialogo con questa generazione. Ma fino a quando?».

il Corriere della sera 11 ottobre

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