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Ucraina: la trattativa per la pace si trascina
di Giacomo Gabellini
Le trattative tra Russia, Stati Uniti, Ucraina e Unione Europea si trascinano faticosamente.
Nei giorni scorsi, l’inviato speciale Steve Witkoff ha parlato di un incontro altamente costruttivo tra emissari statunitensi e ucraini, e di discussioni altrettanto proficue tenutesi parallelamente in Florida tra negoziatori dell’amministrazione Trump e l’inviato speciale russo Kirill Dmitriev.
Significativamente, a una delle tornate del processo negoziale ha preso parte, assieme al segretario al Tesoro Scott Bessent e Jared Kushner, l’amministratore delegato di BlackRock Larry Fink. Come riporta «Bloomberg», il coinvolgimento di Fink «segna un ritorno per BlackRock, quasi un anno dopo che la società aveva interrotto la ricerca di investitori per sostenere un fondo di recupero multimiliardario per l’Ucraina.
Il fondo era sulla buona strada per ottenere circa 2,5 miliardi di dollari da Stati, banche di sviluppo, erogatori di sovvenzioni e investitori privati, prima di innestare la retromarcia a causa dell’incertezza sul futuro dell’Ucraina in seguito alla rielezione del presidente Donald Trump».
Per il momento, «non è chiaro se il coinvolgimento di Fink nei colloqui significhi che il fondo potrebbe essere riattivato». A riprova del fatto che le trattative non vertono soltanto non su questioni inerenti la sicurezza e i confini, ma anche gli affari. E vedono schierati su fronti contrapposti sono non soltanto Russia e Ucraina, ma anche Stati Uniti e Paesi membri dell’Unione Europea.
I quali si sono recentemente rifiutati di applicare integralmente il piano d’azione predisposto dalla Commissione Europea, implicante anzitutto il congelamento sine die dei beni russi immobilizzati dal marzo 2022, e il loro successivo riciclo come garanzie per l’apertura di una linea di credito a Kiev da 210 miliardi di euro.
Il Consiglio UE ha approvato soltanto la prima parte del piano, aggirando artatamente i principi di unanimità e di rinnovabilità a cadenza semestrale dei provvedimenti sanzionatori, per poi propendere per l’erogazione di un prestito a fondo perduto da 90 miliardi di euro garantito dal bilancio federale.
Secondo la premier Giorgia Meloni, il verdetto sfornato dal Consiglio indica che «ha prevalso il buon senso». Per il primo ministro magiaro Viktor Orban, invece, l’intesa sul credito da 90 miliardi di euro, a cui l’Ungheria non parteciperà al pari di Slovacchia e Repubblica Ceca, rappresenta un passo avanti verso il baratro.
 
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