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23 dicembre 2025
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Rapido 904, strage di Cosa Nostra e fascisti
di Santina Sconza *

23 dicembre 1984 Strage del Rapido 904.

Noi non dimentichiamo.

L'attentato fu compiuto il 23 dicembre 1984, il treno era pieno di viaggiatori che ritornavano a casa per le festività natalizie. Intorno alle 19:08 il convoglio fu dilaniato da un'esplosione violentissima, gli attentatori attesero che il treno entrasse nel tunnel, per massimizzare l'effetto della detonazione.

Lo scoppio, avvenuto a quasi metà della galleria provocò un violento spostamento d'aria che causò 16 morti e 267 feriti.

Questo l'elenco delle vittime: Giovanbattista Altobelli (51), Anna Maria Brandi (26), Angela Calvanese in De Simone (33), Anna De Simone (9), Giovanni De Simone (4), Nicola De Simone (40), Susanna Cavalli (22), Lucia Cerrato (66), Pier Francesco Leoni (23), Luisella Matarazzo (25), Carmine Moccia (30), Valeria Moratello (22), Maria Luigia Morini (45), Federica Taglialatela (12), Abramo Vastarella (29), Gioacchino Taglialatela (50).

Nell'ottobre 1985 Pippo Calò fu incriminato come mandante della strage. Nel maxiprocesso dell'8 novembre 1985, giudice istruttore Giovanni Falcone, si scoprirono diverse linee di collegamento tra Calò, Cosa nostra, la Camorra, gli ambienti del terrorismo eversivo neofascista la P2 e la Banda della Magliana, rapporti che furono chiariti da diversi personaggi vicini a questi ambienti tra cui Cristiano e Valerio Fioravanti, Massimo Carminati e Walter Sordi.

Nel 1988, alla vigilia del processo di primo grado, uno degli imputati principali, Friedrich Schaudinn, ritenuto l’artificiere della strage, fuggì dagli arresti domiciliari e trovò riparo nella Repubblica Federale Tedesca. Nel 1993, in un'intervista per la trasmissione televisiva Il rosso e il nero di Michele Santoro, Schaudinn confessò di essere stato aiutato a fuggire all'estero da funzionari dei servizi segreti.

La collaborazione di alcuni pentiti "storici" come Buscetta e Contorno; specificarono che l'attentato fu un tentativo di Cosa Nostra per rinsaldare, con la sua azione offensiva, legami istituzionali che sembravano allentarsi.

Questa strage del 1984 preannuncia la stagione successiva che abbraccia eventi come le stragi di Capaci e via D'Amelio e gli attentati dell'estate del 1993.

Il giornalista Giorgio Bocca commentando la strage, scrisse: «Che cosa è accaduto di nuovo nella Repubblica italiana in questi ultimi anni e mesi? È accaduto che la macchina democratica piano piano ha ricominciato a funzionare. Sono finiti in galera i golpisti della P2, i bancarottieri golpisti di Sindona, i generali ladri alla Giudice, i capi di servizi segreti pronti alle deviazioni. E sono stati inferti colpi duri alla mafia e alla camorra. In sostanza lo Stato democratico ha colpito duramente tutti gli alleati reali e potenziali dell'apparato repressivo. E questo incomincia a essere un motivo, se non dimostrabile in modo matematico, certo credibile a livello di politica repressiva. Al fondo di tutte queste storie sotterranee c'è sempre anche una ragione organizzativa. L'apparato a cui è "burocraticamente" affidato il compito di mantenere lo "status quo", se sente crollare attorno a sé gli strumenti del suo controllo e del suo potere, può reagire alla sua maniera: feroce, irrazionale ma non priva di tragici effetti».

La lungimiranza di Giorgio Bocca successivamente fu confermata dalle indagini e dalle sentenze sulle stragi e attentati del 1993.

* Coordinatrice Commissione Mafia e Antimafia dell'Osservatorio


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