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Alaa e gli altri: la condanna ingiusta, la grazia beffarda
di Armando Reggio
UNA STORIA D'ORDINARIA GIUSTIZIA RAZZISTA: ALAA FARAJ, DAL BARCONE PER L'AGOGNATA EUROPA ALLE SBARRE DELL'UCCIARDONE
E IERI LA GRAZIA-BEFFA DI MATTARELLA
EPPURE, ALAA RESISTE
Una sentenza dello scorso giugno, che Il prof Gustavo Zagrebelsky, ex Presidente della Corte Costituzionale, ha commentato, prima della grazia parziale di oggi: "Che cos'è la legge senza giustizia. Ma Alaa vuole giustizia, non pietà e benevolenza".
Un paradosso:
l'ordinanza del tribunale di Messina ha dichiarato inammissibile il processo di revisione, pur riconoscendo l'innocenza morale di Alaa e l'incompatibilità fra la sua condotta e la pena, tanto da ritenere ingiusta la condanna e suggerire la richiesta della grazia.
Ed ieri la grazia è giunta: una grazia parziale, di soli 11 anni, dei 30, a cui Alaa è stato condannato. Così, avendone scontati già 10, dovrà restare in carcere per altri nove anni.
Quale sia stato il criterio suggerito a Mattarella dai suoi consiglieri, per non graziare pienamente il giovane libico, è questione di lana caprina quirinalizia!
Eppure, Alaa, benché attonito, è fiducioso nelle nostre istituzioni!
Era il 15 agosto 2015.
Alaa Faraj è un ragazzo di appena 20 anni: studia ingegneria e, nel tempo libero, fa il calciatore.
È bravo Alaa: allenatori e compagni credono tanto in lui da vederlo un'autentica promessa del pallone.
Nella sua numerosa famiglia - sono in nove - si sente pienamente compreso, in un salutare clima armonioso.
Ma la sua Libia è un paese devastato dalla guerra civile: vi è ben poca speranza per un futuro roseo.
L'Italia è a soli circa 500 chilometri di distanza: è “la porta d'Europa”, il suo sogno di un futuro felice.
Suo e di tanti altri ragazzi.
Così, a soli 20 anni, con questo umanissimo desiderio nel cuore, Alaa ad agosto del 2015 s'imbarca, con tanti coetanei, per l'avventura della vita.
Non ci pensiamo abbastanza: salendo su una di quelle barche, la possibilità di toccare la terraferma siciliana è del solo 10%.
Alaa ne era consapevole.
Ma non sapeva di una terza possibilità, oltre che annegare o avere la fortuna di giungere alla meta incolume per prendere la propria strada: giungere sì, ma essere reclusi in carcere, in maniera del tutto casuale, arbitraria.
Alaa lo ha ben imparato a proprie spese: appena sbarcato, quel 15 agosto 2025, è stato arrestato. E da allora è detenuto nel carcere palermitano dell'Ucciardone.
Fine pena: 15 agosto 2045.
'Grazie' a Mattarella 15 agosto 1935!
Ma perché Alaa è 'dentro'?
Semplice e inquietante, nel nostro Paese, che da 'culla del Diritto' è andato divenendo accusatore dei migranti sulla base del pregiudizio, del sospetto.
Infatti, sono state ascoltate quali testimoni le persone sbarcate con lui, comprensibilmente sotto shock.
Non solo: senza la presenza di un solo mediatore linguistico e culturale.
E Alaa è stato accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e omicidio plurimo volontario, poiché durante quella disperata traversata 49 persone hanno perso la vita.
È stata la "strage di Ferragosto".
Non è valsa la protesta di Alaa, che ha spergiurato di ignorare che quei 49 disperati erano stati stipati nella stiva a sua insaputa dai trafficanti libici.
Ne è seguito il processo, controverso, contraddittorio e incoerente.
Eppure, Alaa, nonostante si sia sempre professato innocente, e sia vittima di un sistema che preferisce criminalizzare le vittime che ricercare i trafficanti, non ha mai perso la speranza: “in carcere”, dice, “ho acquisito la mia libertà”.
Infatti, come testimonia Don Luigi Ciotti, presidente di 'Libera', Alaa ha avuto la dignità di sfidare l’ingiusta sentenza, che gli ha strappato 30 anni di vita, traendone un riscatto personale: nelle cupe mura del carcere, ha imparato l’italiano, si è diplomato una seconda volta ed è attualmente iscritto all’università.
E ha incontrato l’amore per la scrittura, tramite uno dei laboratori proposti ai detenuti: infatti, durante una di queste esperienze, ha conosciuto la professoressa Alessandra Sciurba*.
Tra i due comincia un intenso scambio di lettere, che dà vita a sua volta a un libro, “Perché ero ragazzo”, edito da Sellerio.
Il libro di Alaa è stato presentato il 18 settembre scorso presso la sede di 'Extralibera' di Palermo.
La professoressa Sciurba ha curato, nel senso più nobile della parola, un libro coraggioso, dove protagonista è la voce di Alaa, anche tramite alcuni errori grammaticali, sapientemente lasciati intatti.
Dalle parole di Alaa Faraj emana tutta la sua forza vitale incontrastabile. Perché questo giovane innocente continua a lottare, come ha presto imparato nel suo Paese, sapendo - ed essendone riconoscente - che in lui crede una comunità, che mai gli volterà le spalle.
Una comunità di attivisti, studenti, preti, intellettuali, dello stesso vescovo.
Ma le lettere dal carcere di Alaa, raccolte nel suo libro, si rivela Il romanzo di uno scandalo umano e giudiziario, attraverso il suo sguardo sbigottito di ragazzo, che non ha mai smesso di sognare.
E due giorni di libertà Alaa se li è strameritati, dopo dieci ingiusti anni chiuso in cella.
Dopo Palermo, Catania, il 18 scorso, con il patrocinio e l'accoglienza umana dell'Arcivescovo cittadino, Monsignor Luigi Renna, del Rettore dell'Università
Enrico Foti, del meraviglioso don Ciotti, del giudice Felice Lima, del professor Alberto Andronico, di Daria Bignardi e dei compagni di strada.
Un'altra chiesa stracolma di persone a dirgli che non è solo, che la sua battaglia è impegno comune di responsabilità collettiva, col prendersi cura, con il salvarsi insieme, con il mondo in cui vorremmo poter vivere.
Interventi d'amore, stima, incoraggiamento, empatia.
Fra tutti, Don Ciotti: "Alaa è il nome di un innocente da pronunciare a voce alta, senza stancarci di chiedere verità e giustizia".
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*Alessandra Sciurba, palermitana, presidente di Mediterranea Saving Humans, da molti anni si occupa di migrazioni, frontiere e diritti umani come ricercatrice, operatrice socio-legale, coordinatrice di progetti sul territorio siciliano. È ricercatrice in filosofia del diritto e coordinatrice dello sportello della CLEDU - Clinica Legale per i Diritti Umani - presso l’Università di Palermo. Ha sviluppato progetti di ricerca e intervento sulla tratta delle donne migranti nel mercato del lavoro italiano. È stata consulente di ricerca per il Parlamento Europeo e per il Consiglio d'Europa. È autrice di numerosi articoli scientifici e dei libri 'Campi di forza. Percorsi confinati di migranti in Europa' (Ombre Corte, Verona 2009) e 'La cura servile, la cura che serve' (Pacini Editore, Pisa 2015). Da marzo 2023 pubblica sul sito dell'Osservatorio sulla legalità e sui diritti.
 
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