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23 dicembre 2025
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Un circolo vizioso
di Paolo Mossetti

Le parole di Sergio Mattarella che invocano misure «impopolari» per accelerare il riarmo dell'UE mettono fuori gioco il «campo largo». E lo fanno con l'aggravante di rappresentare, al momento, il sentire solo di una minoranza di italiani. Forse dobbiamo ammetterlo qualunque sia la nostra idea sulla situazione internazionale.

Un Mattarella che dichiara indiscutibile un riarmo che vede al momento contrari circa 7 italiani su 10 finisce col marginalizzare il Parlamento, trasformando Meloni nel suo nuovo referente primario (come un tempo era stato col Pd renziano e poi lettiano) e il Pd di Schlein in un ratificatore senza identità di scelte militari prese a livello europeo.

Un’evoluzione che risale alla progressiva integrazione dell’Italia nell’Ue e nell’euro dagli anni Novanta e che alcuni di noi hanno inghiottito come «meno peggio», ma che adesso rischia di assumere, con la nuova Guerra fredda, alcuni tratti ancora più pericolosi.

Il centrosinistra che oggi sta cercando di frenare la rivolta populista e a capire l'ascesa del grillismo è messo sostanzialmente con le spalle al muro dalla figura istituzionale su cui aveva puntato di più un decennio fa. Quando era il centrosinistra tecnocratico che per restare l'unico garante dei vincoli internazionali e austeritari - anche a discapito dei voti - aveva favorito l'espansione del potere presidenziale. Fino a farne un attore politico capace di intervenire nelle decisioni del Paese.

Insomma l'opposizione dovrebbe togliersi il prosciutto dagli occhi e chiedersi se il ruolo di Mattarella non stia letteralmente strabordando, fungendo da dispositivo per blindare l’adesione al riarmo - che peraltro nelle forme attuali non garantisce alcun sovranismo «europeo», bensì un legame ancora più vassallizzato con gli Stati Uniti - dalle contestazioni troppo accese, come in passato era successo con Napolitano, quando aveva fatto da apriprista al tragico governo Monti.

Non bisogna essere carbonari sovranisti e complottisti noeuro per ammettere che una situazione in cui il riarmo venisse esplicitamente inserito nei dettami quirinalizi, come se fosse sinonimo di democrazia o di sopravvivenza della nostra Repubblica, toglierebbe ai partiti di centrosinistra, anche quelli altrimenti moderati e con ipotetiche maggioranze parlamentari, gli strumenti per mantenere autonomia programmatica.

Nessun segretario Pd potrebbe scegliere una piattaforma di contestazione dell'attuale strategia euro-atlantiche. Se oggi questo è implicito, in un prossimo futuro rischia di essere messo nero su bianco.

Alimentando a sua volta nuove instabilità e nuovi soggetti antisistema. E dunque nuove ragioni «di sicurezza» per l’intervento presidenziale. Con tanto di censura, cancellazioni, manifestazioni inquadrate come «guerra ibrida», eccetera.

Un circolo vizioso che non promette nulla di buono per la democrazia italiana.


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