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Negazionisti e testimoni
di Rosa Rinaldi
In quello stagno ributtante che sono i negazionisti, piovono come funghi i commenti che ritengono che a Gaza non ci sia pioggia e freddo perché l'hanno visto su Google Meteo. E sono gli stessi che qualche mese fa negavano la carestia e i morti per fame.
Questa gente è l'erede morale di quelli che sostenevano che Anna Frank sia morta di tifo.
Per questa gente neanche le testimonianze dirette servono a niente. Ma io le pubblico lo stesso.
Questa è la testimonianza della dottoressa Hekmat Alian Almasri:
«In tutta la mia vita non ho mai sentito un freddo come quello che ho provato la notte scorsa.
Il mio corpo tremava per tutta la notte, così come quello di mio figlio Aboud, che continuava a ripetere con voce spezzata:
“Mamma… scaldami, ho freddo.”
Dopo la preghiera del tramonto, la pioggia ha cominciato a cadere, dopo una giornata secca e soffocante. Sono entrata nella tenda e ho trovato i materassi, il tappeto e le coperte completamente bagnati. Sono rimasta immobile, sconvolta, a pensare:
Che cosa posso fare?
Non ci sono alternative, non ci sono possibilità.
Sono uscita subito, sotto una pioggia torrenziale. Ho chiuso l’apertura da cui l’acqua filtrava, poi sono rientrata. Ho girato i materassi uno a uno e li ho rimessi al loro posto per dormire.
Non possediamo altri mobili oltre a questo poco.
Non ho detto nulla né a Zulfa né ad Aboud, che condividono con me la tenda, su ciò che era successo. Sono uscita di nuovo e, con estrema cautela, ho svuotato il telone dall’acqua accumulata sopra, poi sono tornata dentro a cercare un po’ di calore, dopo aver chiuso bene la tenda. Ho messo le coperte bagnate sopra quelle asciutte, forse avrebbero alleviato un po’ il freddo.
Abbiamo parlato a lungo, e Aboud ha rievocato ricordi, confrontando l’inverno in casa con l’inverno nella tenda. Poi si è addormentato al suono della pioggia, mormorando una preghiera perché possiamo tornare alle nostre case dopo che verrà dichiarato il cessate il fuoco.
Io, invece, sentivo il gelo penetrarmi nel corpo e mi sono chiusa in me stessa. Ogni momento Aboud mi chiamava:
“Mamma, perché ho freddo? Coprimi.”
Lo stringo al petto, e non appena sente il calore si divincola e si gira di nuovo. Sono rimasta sveglia tutta la notte, fissando il soffitto della tenda, chiedendomi:
È possibile che crolli su di noi da un momento all’altro?
L’acqua della pioggia penetrerà da sotto l’ingresso?
Non è solo la paura dell’umidità, ma perché so che questo “regno” chiamato tenda, se dovesse crollare, schiaccerebbe sopra le nostre teste tutto ciò che possediamo: materassi, vestiti, oggetti semplici… e resteremmo senza nulla, forse per giorni, se la pioggia continuasse con tale violenza.
Quanto è lunga la notte, e quanto sono crudeli i suoni che giungono alle mie orecchie:
il rumore della pioggia, quello delle onde del mare che si infrangono, il ronzio degli aerei di ricognizione, e i bombardamenti qui… e là.
I miei nervi hanno ceduto, e ho pianto. Ho pregato Dio che questa angoscia passi e che questa guerra spietata finisca.
Con la chiamata del muezzin alla preghiera dell’alba, ho sentito la voce del nostro vicino Abu Muhammad che, come sempre, svegliava la gente del campo per la preghiera.
Sono passate solo poche ore e il campo si è ridestato dal suo torpore invernale: la pioggia mescolata alle voci degli uomini che percorrono i vicoli, il rumore dei teli di nylon tirati sopra le tende, il frastuono degli uomini nella cucina comunitaria mentre spezzano la legna e accendono il fuoco, le grida dei bambini che litigano giocando alle biglie, e i giovani che trasportano taniche per riempirle d’acqua dal carro fermo all’estremità del campo.
La ruota crudele della vita ha ricominciato a girare.
Zulfa, mia nipote che vive con noi nella stessa tenda, mi ha chiesto:
“Zia, hai sentito quanto era fredda la tenda stanotte?”,
Ho sorriso e le ho detto che non avevo chiuso occhio. Le ho chiesto di infilare la mano sotto il suo materasso… ed ecco la sorpresa: la pioggia aveva completamente bagnato la parte inferiore.
Le ho raccontato cos’era successo.
Si è alzata subito, ha sollevato il materasso e lo ha messo sul tetto della tenda dopo che il sole era sorto.
Quanto alla tenda stessa, non c’è scelta: bisogna asciugarla di nuovo prima di rimettervi i nostri arredi logori.
Noi, signore e signori, paghiamo un prezzo altissimo nelle tende dall’inizio della guerra.
Soffriamo la mancanza di mezzi, la scarsità di alternative, il freddo, la privazione, la povertà estrema.
Persino l’inverno — la stagione che un tempo amavamo — abbiamo cominciato a temerlo,
e speriamo che la pioggia non cada.»
Dott.ssa Hikmat Al-Masri
 
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