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Il Salvini furioso
di Elisa Fontana
E così la maggioranza compattissima, il governo stabile, le mirabilia che ci raccontano con diuturna piaggeria televisioni e imitazioni varie di giornalisti cominciano a scricchiolare. Salvini, forte anche dell’assoluzione di Palermo, ha notificato a Giorgetti e, dunque, a Giorgina che non ha nulla da perdere e che non intende più stare nelle retrovie.
Quello che è accaduto in questi giorni di manicomio disorganizzato era un qualcosa mai visto anche per chi è abituato alle turbolenze di fine anno da approvazione di finanziaria. Ma qui non si trattava più delle “normali” turbolenze, qui era proprio una sistematica sfiducia del ministro delle finanze e di quanto concordato da tutti gli attori nel Consiglio dei ministri dedicato. Quel che si era concordato allora veniva smantellato giorno per giorno in una confusione generale mai vista e degna di quella repubblica delle banane che rischiamo di diventare.
E non alzate il sopracciglio sorpresi, perché solo in una repubblica delle banane i politici della maggioranza non si sentono legati a quel che approvano compatti e che sanno benissimo che disconosceranno di lì a pochissimo. Salvini ha mandato l’avviso a Giorgina, tramite la sconfessione plateale del suo ministro Giorgetti, che la Lega è tornata al celodurismo, che quando dice no è no e che i margini delle trattative di governo si sono di molto ristretti.
La sua uscita non fa una grinza. Come avrebbe potuto far digerire al suo pur boccalone elettorato che, dopo aver strillato per anni contro la legge Fornero e aver promesso come primo atto di governo la sua abolizione, l’odiata legge non solo viene mantenuta, ma addirittura inasprita? Per Salvini è una questione di sopravvivenza personale e politica, un azzardo sicuramente, ma dettato da una contingenza reale e stringente che può decretarne la morte politica definitiva.
E dunque, di converso, Giorgina ha ricevuto l’avviso di cambio di marcia, della contrattazione seria da qui in avanti di ogni provvedimento, della fine della monarchia assoluta in cui bastava un suo battito di ciglia per rimettere tutti in riga e silenziare qualunque critica. E questo la dovrebbe dire lunga a tutti i cantori della intelligenza politica di Meloni, estasiati perché parla inglese e dà del tu a Trump e via con il campionario del provincialismo nostrano.
Pensavano davvero che per amministrare un Paese bastasse girare il mondo come una trottola e lasciare l’ordinaria amministrazione a Mantovani e Fazzolari, tra il tripudio del servidorame mediatico che la vedeva regina fra i grandi? Il primo rintocco è stata la rinnovata autocandidatura di Salvini a ministro dell’interno del prossimo governo, incarico che gli è stato negato in questo governo e affronto di cui non si dà pace, perché gli hanno tolto uno splendido pulpito da cui fare propaganda a 360°, cioè l’unica cosa che Salvini sa fare davvero in politica. Adesso ci sarà da vedere il decreto armi per l’Ucraina che vede fortemente contraria tutta la Lega.
Non aspettiamoci qualche colpo di scena modello Papeete, sarà un logoramento continuo e puntuale, uno scalfire giornaliero il trono, forse più pericoloso. Certo, Giorgina non se ne starà ferma, cercherà di scendere a patti, magari contratterà il futuro posto da ministro dell’interno, contrattaccherà, ma dovrà comunque prendere atto che si è chiuso un periodo di acque calme e di adorazione dell’idolo.
Insomma, è bastato il risveglio di Salvini per trasformarla da Margaret Thatcher in Clemente Mastella e con questo dovrà fare i conti adesso.
 
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