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Repubblica trattata con i principi che ha propagandato
di Mario Cosenza
Il taglio ai finanziamenti pubblici per l'editoria era una mossa reazionaria. Anche il taglio dei parlamentari lo era. L'ho sempre vista così, fregandomene di chi ne fossero i fautori, che peraltro a mio parere neanche comprendevano tutte le implicazioni di ciò che stavamo facendo.
Al contempo, trovo che il servizio reso da Repubblica negli ultimi quindici anni (sul prima, non voglio qui esprimermi) sia stato quanto di più fideistico si sia visto nel panorama italico nei confronti del mercato, della tecnica, dell'elitarismo, della polarizzazione durante la pandemia, del Mariodraghismo, dell'Atlantismo feroce, dell'europeismo ideologico, della privatizzazione.
Non dimenticherò mai l'atteggiamento di quel giornale il 4 marzo 2018. Non dimenticherò mai gli articoli volti ad esaltare le storie di presunta indipendenza stile "ho lasciato il posto fisso, ora vivo in un igloo, mi curo da solo e sono felice", "mi sveglio alle 6 a Caltanissetta per lavorare ad Aosta: si può fare".
Oltre al fatto che, de facto, dopo l'acquisizione degli Elkann, è diventato il giornale portabandiera della sezione più ignorante e sprezzante del capitalismo italico (con tutti i suoi agganci oscuri d'oltre Oceano). L'idea di un Golden Power per bloccarlo è grottesca. Cinicamente, si direbbe, chi di mercato ferisce, di mercato perisce.
Però, per come io intendo una deformazione socialista, non esulto mai né per i posti di lavoro che saltano (nei giornali non ci lavorano mica solo i Michele Serra) né per i giornali che chiudono e dunque dico: sono solidale con i lavoratori anche quando sono vittime del mondo che tanto esaltano.
Sono solidale con chi lavora per Repubblica nonostante Repubblica.
 
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