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15 dicembre 2025
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Le urla del silenzio
di Rinaldo Battaglia *

Lunedì 15 dicembre 1969 a Milano, in una giornata oltremodo scura, punteggiata da poche e fredde gocce di pioggia, 300.000 persone assieparono la piazza e lo stesso sagrato del Duomo. In 300.000 vollero dare l'ultimo saluto alle vittime della strage di Piazza Fontana di venerdì 12.

Una folla immensa, in un silenzio assordante, urlò tutta la propria rabbia per un massacro senza precedenti. Ma quelle urla del silenzio manifestarono, anche ai sordi, la propria totale e ferma opposizione contro ogni attacco alla giovane democrazia italiana.

In quella piazza non ci furono bandiere politiche, non si sentirono slogan di partito. L'unico suono udibile era quello del volo dei piccioni, pochi peraltro perché anche loro erano in lutto.

Solo una scritta emergeva lucida, in quella piazza così maestosa, e sembrava quasi non muoversi perché era saldamente legata a terra dal dolore e dall'incredulità di Milano e di tutto il Paese intero: "𝑴𝒊𝒍𝒂𝒏𝒐 𝒔'𝒊𝒏𝒄𝒉𝒊𝒏𝒂 𝒂𝒍𝒍𝒆 𝒗𝒊𝒕𝒕𝒊𝒎𝒆 𝒊𝒏𝒏𝒐𝒄𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒆 𝒑𝒓𝒆𝒈𝒂 𝒑𝒂𝒄𝒆".

Ma quella non era una frase di rito o una scritta qualsiasi. Era invece un muro, come quello del Castello Sforzesco, invalicabile per i nemici ed eretto per separare la democrazia dal più criminale regime mai avuto nella nostra Storia, quello fascista tenuto a battesimo da Mussolini, proprio a Milano, il 26 marzo di 50 anni prima.

300.000 persone quel lunedì decisero che era più opportuno assentarsi dal lavoro piuttosto che abortire la libertà.

Erano passati solo 47 anni da un altro giorno funesto, un po’ piovoso e nero anche quello, quando un sabato di fine ottobre, l’Italia civile non si oppose agli uomini di Mussolini aprendo le porte all’inferno, costate poi vent’anni di dittatura e una catastrofe chiamata guerra.

Il 15 dicembre 1969 le urla del silenzio di Milano fecero invece capire, anche alla politica più nostalgica e ai pupari che da sempre vivono nell’ombra, che la lezione del fascismo era stata recepita.

Dobbiamo molto a quella data e a quei 300.000 eroi silenziosi.

Forse anche dopo 50 anni non ce ne rendiamo ancora conto.

Ci sono Alte Cariche che non festeggiano il 25 Aprile, ci sono leader che cercano tuttora le matrici perdute. Probabilmente non hanno capito che il mondo va avanti e anche l’Italia merita più futuro e meno nostalgie.

Forse sarebbe necessario che i nostri figli sapessero il valore di certe date.

Maximilien de Robespierre, non certo un nome facile, un giorno disse che "Il segreto della libertà risiede nell’istruire le persone. Il segreto della tirannia, nel mantenerle ignoranti".

E oggi, oggi a che punto siamo?

15 dicembre 2025 – 56 anni dopo – liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Terza Parte” - Amazon – 2025

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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