Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
Osservatorio sulla legalita' onlusscopi, attivita', referenti, i comitati, il presidenteinvia domande, interventi, suggerimentihome osservatorio onlusnews settimanale gratuitaprima pagina
15 dicembre 2025
tutti gli speciali

Aste de noantri
di Elisa Fontana *

Oggi vi racconterò una storia di presunto malaffare che si dipana dalla Sicilia a Roma, fra tombaroli, generali dell’Esercito, case d’asta in un mix abbastanza indecente, ma con un finale a sorpresa. Per cui non commentate con uno sbrigativo “uff, la solita roba” e arrivate fino in fondo.

E, dunque, la Procura di Catania, coordinando il Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale dei Carabinieri di Palermo, ha sgominato un colossale traffico di beni archeologici che depredavano il patrimonio archeologico e culturale della Sicilia e della Calabria, con ramificazioni anche in tutta Europa.

Ci sono voluti 5 anni di indagini per ricostruire il tutto, una ordinanza di 855 pagine, 45 indagati, tre associazioni per delinquere per una miriade di reati: scavi clandestini, furto, ricettazione, commercio illecito, illecita esportazione. Il tutto attuato soprattutto in una fetta di Sicilia Orientale che, evidentemente, regala ancora in abbondanza reperti di epoche passate e anche in Calabria con ramificazioni ‘ndranghetose.

Al centro di questi traffici anche un generale dell’Esercito che dava poche decine di euro ai tombaroli per i reperti scavati illegalmente e poi li passava ad un ricettatore che le portava a Roma, al terminale di tutta la catena, la casa d’aste Bertolami Fine Art dove i reperti, ripuliti da ogni ombra sulla provenienza, risultavano tutti provenienti da collezioni private e, dunque, messe all’asta con guadagni che vi lascio immaginare.

Le intercettazioni rivelano un meccanismo oliato e proficuo (monete partite con base d’asta di 700 euro e rivendute a 20 mila euro, giusto per capire l’ordine di grandezza dell’operazione), meccanismo e intercettazioni che fanno scrivere al giudice “Deve ritenersi assodato che Bertolami Giuseppe abbia ricevuto un cospicuo lotto di reperti archeologici, tutti nella consapevolezza della loro provenienza illecita”. Risultato finale: Bertolami è stato sospeso dall’esercizio di impresa. Fin qui la nuda cronaca nera che si allaccia inopinatamente con la semplice cronaca giornaliera.

Tutti siamo stati edotti in questi giorni della volontà della nostra presidente del Consiglio di mettere all’asta i regali ricevuti in questi tre anni da altri capi di Stato e che non può trattenere per sé perché superano i 300 euro previsti dalla legge. Parliamo di collane preziose, statuette in oro, suppellettili in argento. Palazzo Chigi ha comunicato che andranno all’asta e il ricavato andrà in beneficenza, cosa buona e giusta, visto il ricavato che si preannuncia cospicuo.

Tutto bene, allora? Quasi. Sapete a quale casa d’aste si è rivolto Palazzo Chigi fra la miriade fra cui scegliere? Ma alla casa d’aste Bertolami Fine Art, ovviamente, il presunto terminale italiano di tutto il meccanismo illecito di cui sopra.

Ora, è ovvio che l’iter giudiziario che ha coinvolto la casa d’aste e il suo titolare è solo agli inizi e, dunque, qui non si comminano condanne a nessuno, ma i camerati di Palazzo Chigi erano davvero gli unici a non sapere, a non aver fatto nessun controllo, in un mondo in cui certe notizie si spargono in un nanosecondo?

In una società come la nostra in cui ad ogni sospiro di giornalisti c’è un Paragon pronto ad intercettarli, Palazzo Chigi non aveva i suoi leciti ed istituzionali canali per prendere informazioni su questa casa d’aste? Non per sostituirsi ai giudici, ma per una semplicissima questione di opportunità e non vedere mescolate le istituzioni della Repubblica ad una storiaccia giudiziaria.

Ma d’altronde erano pronti, no?

* Coordinatrice Commissione Politica e Questione morale dell'Osservatorio


per approfondire...

Dossier diritti

_____
NB: I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI
CITANDO L'AUTORE E LINKANDO
www.osservatoriosullalegalita.org

°
avviso legale