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12 dicembre 2025
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Giustizia: Nordio confessa vero scopo della riforma
di Giuseppe Franco Arguto

𝙌𝙪𝙖𝙣𝙙𝙤 𝙡𝙖 𝙥𝙤𝙡𝙞𝙩𝙞𝙘𝙖 𝙥𝙧𝙚𝙩𝙚𝙣𝙙𝙚 𝙞𝙡 ‘𝙥𝙧𝙞𝙢𝙖𝙩𝙤’ 𝙨𝙪𝙡𝙡𝙖 𝙜𝙞𝙪𝙨𝙩𝙞𝙯𝙞𝙖, 𝙣𝙤𝙣 𝙘𝙝𝙞𝙚𝙙𝙚 𝙤𝙧𝙙𝙞𝙣𝙚: 𝙘𝙝𝙞𝙚𝙙𝙚 𝙞𝙢𝙥𝙪𝙣𝙞𝙩𝙖̀.

L’affermazione di Nordio è pronunciata in un’intervista al Corriere della Sera (Corriere Roma), firmata da Virginia Piccolillo e pubblicata il 3 novembre 2025.

Alla domanda su come la riforma — la riforma costituzionale della giustizia che include la “separazione delle carriere” — eviterebbe le cosiddette “invasioni di campo”, Nordio risponde che la riforma “fa recuperare alla politica il suo primato costituzionale”, richiama il caso Prodi/Mastella e subito dopo inserisce la frase su Elly Schlein: “gioverebbe anche a loro, nel momento in cui andassero al governo”.

Ecco il punto politico.

Se una riforma dell’ordinamento giudiziario viene difesa — anche solo retoricamente — come “𝘶𝘵𝘪𝘭𝘦 𝘱𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦́ 𝘳𝘦𝘴𝘵𝘪𝘵𝘶𝘪𝘴𝘤𝘦 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢𝘵𝘰 𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘱𝘰𝘭𝘪𝘵𝘪𝘤𝘢” e “𝘤𝘰𝘯𝘷𝘦𝘯𝘪𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘱𝘦𝘳 𝘷𝘰𝘪 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘨𝘰𝘷𝘦𝘳𝘯𝘦𝘳𝘦𝘵𝘦”, allora non stiamo parlando di garanzie, ma di privilegi. Non parla un “garante delle regole”: parla una parte che ragiona in termini di vantaggio differito. La riforma diventa strumento di competizione, non garanzia comune.

In questo quadro la legge non è pensata per equilibrare i poteri, ma per mettere al riparo il potere politico da un controllo che insidia. È una razionalità da scudo, non da Costituzione.

Il potere costituito non cancella formalmente l’autonomia della magistratura: tenta di ridisegnarla perché sia più “compatibile” con l’indirizzo politico. È una colonizzazione per via normativa: non una rottura fragorosa, ma un adattamento strutturale che sposta l’asse.

Così, invece di un sistema di contrappesi, si insinua una gerarchia implicita: la politica sopra, la giurisdizione sotto. E quando la gerarchia entra nelle regole, lo Stato di diritto si indebolisce — perché l’indipendenza della giustizia non è un privilegio dei magistrati: è una tutela del cittadino contro l’arbitrio.

In una frase: questa uscita suona come la sincerità brutale del potere. Non la riforma “per la giustizia”, ma la riforma per governare senza intralci. E quando la politica tratta il controllo come un problema, sta dicendo — senza dirlo — che preferisce l’obbedienza alla legalità.


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