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12 dicembre 2025
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Una storia esemplare
di Elisa Fontana *

Si è concluso definitivamente in questi giorni in Cassazione il processo contro la mafia dei Nebrodi con la conferma di 50 condanne e lo smantellamento di un sistema mafioso che per troppi anni aveva oppresso i Nebrodi.

Le condanne sono nate da una vastissima operazione antimafia eseguita in Sicilia nel gennaio 2020 dalla DDA di Messina con il Procuratore De Lucia, nell’ambito dei fondi europei dell’agricoltura finiti massicciamente in mano alle mafie. Una grande vittoria dello Stato, certamente, ma una ancor più grande vittoria della abnegazione e della schiena dritta di un uomo Giuseppe Antoci, al tempo presidente del Parco dei Nebrodi e oggi europarlamentare del M5S.

Appena nominato Presidente del Parco dei Nebrodi nel 2013, Antoci si accorge che la mafia aveva messo le mani sui terreni agricoli, o depredandoli ai legittimi proprietari o, addirittura, prendendo terreni liberi in Sicilia o nel resto d’Italia i cui proprietari erano del tutto all’oscuro ed iscrivendoli come presi in affitto.

Inoltre, si accorge che tutti gli appalti per i terreni agricoli erano truccati, perché a ciascun bando partecipava una sola società i cui soci erano tutti notori mafiosi, cosa che scoraggiava chiunque dal partecipare. Lo scopo era accedere ai lucrosi fondi agricoli europei che sono andati così ad arricchire tutta una serie di famiglie mafiose orbitanti nel tessuto dei Nebrodi in un clima di violenza, paura ed omertà.

Antoci denunciò subito sia il clima, sia i pericoli di grandi infiltrazioni mafiose e fu immediatamente messo sotto scorta, vista la serietà delle minacce. Scorta che gli salvò la vita nel 2016 durante un attentato di quella mafia che aveva alzato violentemente il tiro sentendosi seriamente minacciata.

E sì, perché Antoci non si era limitato alla denuncia, ma coadiuvato dal prefetto di Messina, aveva ideato e messo in opera il cosiddetto Protocollo Antoci, grazie al quale per ogni appalto per l’assegnazione di terreni sui quali venivano attribuiti fondi europei, era fatto obbligo alla società vincitrice di presentare la certificazione antimafia. Per cui semplicemente, ma risolutivamente, si passa da una semplice autocertificazione ad una certificazione rilasciata dalla Procura.

Il Protocollo Antoci viene subito sottoscritto dai sindaci dei 24 comuni del territorio dei Nebrodi, poi viene esteso all’intera Sicilia e nel 2017 diventa legge dello Stato. Adesso anche la Cassazione mette la parola fine a questa storia che ha sgominato famiglie mafiose che terrorizzavano e tenevano in scacco un intero territorio, oltre ad essersi appropriate di tre miliardi di euro di denaro pubblico in 10 anni.

Antoci adesso ha un altro obiettivo da raggiungere: fare diventare il Protocollo Antoci una norma europea.

Perché non ci sono eroi in questa storia a lieto fine, ma solo un uomo che con l’esempio ha dimostrato che bisogna avere il coraggio di combattere, denunciare, perché dice “la vita va vissuta ridando valore alla parola dignità.”

Parole semplici ma profondissime che ogni tanto ci permettono di trasmettere dalla Sicilia una storia esemplare.

* Coordinatrice Commissione Politica e Questione morale dell'Osservatorio


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