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12 dicembre 2025
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Bernini confonde potere con autorevolezza
di Raffaele Florio

C’è un momento, nella vita pubblica, in cui la maschera cade.

E per Anna Maria Bernini è caduta ad Atreju, davanti a un gruppo di studenti di Medicina esasperati, preoccupati, stanchi. Invece di ascoltarli, invece di rispondere nel merito, invece di mostrare quella minima sensibilità istituzionale che dovrebbe essere il requisito base per chi guida l’Università e la Ricerca in un Paese civile, la ministra ha scelto la via più antica, più misera e più rivelatrice: l’insulto.

“Siete dei poveri comunisti” e “siete inutili”.

Due frasi che pesano come macigni.

Due frasi che non rivelano forza: rivelano fragilità, nervosismo, inadeguatezza.

Due frasi che confermano un sospetto che molti coltivano da tempo: Bernini non guida, recita. E lo fa con la stessa profondità politica di una soubrette di seconda fila — la Valeria Marini della politica, con tutto il rispetto per chi almeno sa intrattenere senza insultare.

Il problema è serio: una ministra dell’Università che dileggia gli studenti.

Gli stessi studenti che affrontano affitti impossibili, turni massacranti, tirocini senza tutele, tasse in aumento, precarietà come prospettiva. Gli stessi studenti che la politica, quando conviene, descrive come “il futuro del Paese”, salvo poi trattarli come fastidi quando osano alzare la voce.

E qui c’è la vera questione democratica: lo studente che protesta è un cittadino che partecipa.

La ministra che lo deride è un’istituzione che abdica.

Bernini non è nuova a uscite sopra le righe, ma questa volta ha toccato il fondo.

Perché gli studenti non erano lì per fare teatro: erano lì perché la riforma della Ministra sta generando caos, incertezza, paure legittime.

La contestazione può essere stata rumorosa, perfino scomposta, ma la risposta di Bernini è stata indecorosa.

Una ministra dovrebbe comprendere la tensione di chi rischia di perdere un anno, non sbeffeggiarla.

Dovrebbe tenere la barra dritta sul merito, non sulla caricatura ideologica.

Dovrebbe elevare il livello del confronto, non abbassarlo al più banale slogan da comizio di quart’ordine.

“Inutili”. Ecco la parola che la condanna politicamente molto più della contestazione che voleva zittire.

Perché se c’è qualcuno che si è dimostrato inutile in quel momento — inutile al dialogo, inutile alla comprensione, inutile al ruolo che ricopre — non erano certo gli studenti. Era lei.

E finché la guida del mondo universitario resterà nelle mani di chi non sopporta il dissenso e non comprende la fragilità della condizione studentesca, il messaggio lanciato ai giovani sarà sempre lo stesso: non disturbate il manovratore.

Ma i giovani fanno bene a disturbare. Fanno bene a contestare. Fanno bene a ricordare che un Paese cresce solo se chi lo governa ha l’umiltà di ascoltare.

E forse questo, alla ministra Bernini, non lo ha mai spiegato nessuno. Oppure glielo hanno spiegato, ma come spesso accade negli spettacoli di bassa qualità, lei ha confuso il copione con la realtà.


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