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Patriarcato, concetto occidentale imposto all’Africa durante la colonizzazione
di Laurent Luboya
L’idea secondo cui il patriarcato sarebbe una realtà universale e senza tempo è una costruzione ideologica forgiata dall’Occidente.
In realtà, le società africane precoloniali non conoscevano il patriarcato nel senso occidentale del termine: esse si fondavano su equilibri complessi tra uomini e donne, spesso basati sulla complementarità, la filiazione matrilineare e la ripartizione rituale del potere.
Fu la colonizzazione europea che, imponendo i propri modelli politici, religiosi e giuridici, introdusse e istituzionalizzò il patriarcato in Africa.
1. L’Africa precoloniale: società di equilibrio e complementarità
Contrariamente alla visione eurocentrica dell’antropologia coloniale, le società africane anteriori alla conquista non erano uniformemente dominate dagli uomini. In numerosi regni e capi tribù, la donna ricopriva un ruolo sociale, economico e politico essenziale.
Tra gli Akan del Ghana e della Costa d’Avorio, per esempio, la filiazione era matrilineare: era la sorella del re a dare alla luce l’erede al trono.
Nell’Impero del Mali, le donne partecipavano alle decisioni comunitarie e potevano possedere beni. Tra i Luba e i Kongo, la regina madre (Mwadi o Mama Mukalenga) deteneva un’autorità spirituale che bilanciava quella del re. Queste strutture sociali si fondavano sulla complementarità, non sulla dominazione.
In tali società, la donna non era considerata un essere inferiore né ridotta al ruolo domestico. Era la custode del sapere, della discendenza e del sacro. Il potere non era soltanto maschile: era duale, condiviso tra le forze simboliche del femminile e del maschile.
2. L’influenza dell’islam in alcune società africane
In alcune regioni dell’Africa del Nord, dell’Ovest e dell’Est, l’islam ha influenzato i rapporti di genere, talvolta rafforzando certe forme di patriarcato.
I testi religiosi e le loro interpretazioni tradizionali hanno codificato ruoli sociali e familiari in cui l’uomo deteneva un’autorità nella famiglia e nella comunità, soprattutto per quanto riguarda la successione, il matrimonio e la rappresentanza sociale.
Tuttavia, questa influenza non fu ovunque oppressiva: l’islam riconobbe anche alle donne alcuni diritti, come la proprietà dei beni, l’istruzione religiosa e la gestione di certe questioni familiari.
Così, l’islam si articolò spesso con le strutture locali, consolidando il potere maschile in alcuni contesti, ma senza cancellare completamente le pratiche tradizionali di equilibrio e complementarità.
3. La colonizzazione: distruzione degli equilibri e imposizione del modello patriarcale occidentale
Con la colonizzazione europea, queste strutture furono brutalmente distrutte.
L’amministrazione coloniale, fondata sulla logica del potere maschile, impose le proprie istituzioni: il capo del villaggio divenne l’equivalente locale del patriarca europeo, spesso scelto dagli stessi coloni tra gli uomini ritenuti “docili” o “ragionevoli”.
I sistemi di successione matrilineare furono aboliti o svalutati, sostituiti da un diritto di filiazione patrilineare.
I missionari cristiani, dal canto loro, portarono una visione religiosa del mondo secondo la quale l’uomo è il capo della donna, in linea con la lettura biblica europea.
Le scuole missionarie insegnavano alle ragazze l’obbedienza, la modestia e la domesticità, mentre ai ragazzi venivano impartite disciplina e comando.
La colonizzazione giuridica impose poi il Codice civile napoleonico, che poneva la donna sotto l’autorità del marito, impedendole di ereditare o di gestire i propri beni senza autorizzazione.
Dunque, non è la tradizione africana, ma la colonizzazione ad aver codificato e istituzionalizzato la dominazione maschile sul continente.
4. Il patriarcato coloniale: strumento di controllo sociale e politico
Il patriarcato non fu solo una conseguenza culturale della colonizzazione; fu anche uno strumento politico. Riducendo la donna africana a un ruolo subalterno, il colonizzatore indeboliva il tessuto sociale e le strutture tradizionali di potere. Le donne, un tempo pilastri delle economie locali e custodi della memoria collettiva, furono emarginate nella sfera privata, facilitando così il controllo delle società colonizzate.
La dominazione maschile occidentale servì dunque a imporre la dominazione imperiale. Il patriarcato coloniale divise le comunità, spezzò le linee matrilineari e indebolì la resistenza culturale africana.
5. Ripensare il genere nella rinascita africana
Ancora oggi, molti africani difendono, spesso inconsapevolmente, valori patriarcali derivati dalla colonizzazione, credendo che si tratti della loro tradizione. Tuttavia, restaurare la dignità africana passa anche attraverso la decolonizzazione dei rapporti tra i generi.
Ritrovare i principi di equilibrio, rispetto reciproco e potere condiviso che caratterizzavano le società precoloniali significa riaffermare una visione autenticamente africana della società.
L’emancipazione della donna africana non consiste nell’imitare l’Occidente, ma nel riscoprire ciò che i nostri antenati già sapevano: che l’armonia sociale si fonda sulla complementarità, non sulla dominazione.
Conclusione
Il patriarcato non è africano: è un’eredità del colonialismo, rafforzata in alcune regioni da interpretazioni conservatrici dell’islam, ma mai uniformemente imposta dalle stesse società africane. Le nostre società tradizionali avevano proprie dinamiche di potere, spesso più equilibrate di quelle europee dell’epoca.
Rifiutare il patriarcato significa dunque non solo difendere la giustizia di genere, ma anche proseguire la decolonizzazione mentale e culturale del continente.
 
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